
One Billion Rising. Casa internazionale delle donne, a Roma si danza fino a sera
Pubblicato il 15 feb 2013
di Luisa Betti -
Nel giorno di «One billion rising», lanciato da Eve Ensler nel 15° anniversario del V-Day e grazie al quale ieri il mondo ha danzato contro la violenza sulle donne, la mattinata è cominciata con la notizia della morte di una donna uccisa con 4 colpi di pistola dal suo fidanzato. A sparare alle 4 del mattino nel proprio appartamento di Silverlakes a Pretoria, in Sud Africa, è stato Oscar Pistorius, campione e primo sportivo paralimpico ad aver partecipato alle Olimpiadi, che ha ucciso la modella Reeva Steenkamp di trent’anni, che frequentava l’uomo da novembre.
Un caso che spezza il mito dell’eroe insospettabile ma soprattutto dell’uomo perfetto, sotto la cui maschera si nasconde la maggioranza degli uomini autori di violenze domestiche, e non perché sono malati di mente ma semplicemente perché violenti.
Ieri però il mondo si è alzato contro chi pensa di poterserla cavare dicendo «non l’ho fatto apposta», come l’uomo che qualche giorno fa aveva investito e dato fuoco alla moglie, morta ieri per le ustioni a Napoli.
«One Billion Rising», che ha raccolto l’adesione di 202 Paesi, ha dato vita a circa 13.000 eventi, dall’Afghanistan alla Groenlandia passando per Congo, Somalia, centinaia di città europee, Hong Kong, Singapore, San Francisco, Filippine, Sidney, Nuova Zelanda, India dove insieme alle marce si è svolta anche una «sepoltura cerimoniale» del patriarcato e misoginia a Gurgaon. Alla Berlinale l’attrice Anne Hathaway ha lanciato un appello e a Londra 109 palloncini sono stati lanciati da Parliament Square per ricordare i femminicidi di quest’anno nel paese. In Italia i flash mob si sono sparsi per 70 città e a Roma si è ballato al grido di «Basta con la violenza sulle donne», da Piazza del Popolo e al Colosseo fino a Casetta Mattei sulla Portuense.
E se a Piazza di Spagna e al Colosseo l’affluenza non è stata eclatante né l’atmosfera troppo calorosa, la vera affluenza c’è stata alla Casa internazionale delle donne, luogo storico del femminismo italiano, dove si sono svolti balli, canti, eventi per tutto il pomeriggio.
«Qui alla Casa – racconta Giorgia Cardaci, giovane attrice di «Ferite a morte» di Serena Dandini – la gente va e viene in maniera ininterrotta e c’è un clima di familiarità e di partecipazione vera, molto diversa da altri luoghi qui a Roma».
Il pomeriggio alla Casa è cominciato a ponte Mazzini, dove un anno fa il padre del piccolo Claudio gettò il figlioletto nel Tevere pur di sottrarlo alla madre che era scappata dalle violenze domestiche subite, e qui le piccole rom del campo Cesare Lombroso di Monte Mario, le «Chejá Celen» (che significa ragazzine che ballano), hanno danzato dopo essere state preparate dall’associazione «Zingare spericolate». Una volta rientrati alla Casa di via Lungara, una folla di uomini e donne ha circolato per tutto il tempo su e giù dalle scale per vedere gli spettacoli del gruppo di Nando Citarella, di Daniela Scicchigno con la danza araba, ma soprattutto delle bravissime Libe Irazu e Lara Berna con il loro flamenco. Per non parlare del coro della Casa che ha cominciato con «Sebben che siamo donne», e finito con «Ignoranti senza scuole».
Francesca Koch, presidente della Casa Internazionale, si è dichiarata «fiera di aver ospitato questo evento per la possibilità di dare una spallata tutti insieme agli stereotipi culturali che impediscono di contrastare la violenza», mentre Vittoria Tola, responsabile nazionale dell’Udi e promotrice della Convenzione No More! contro il femminicidio, ha detto che «è stata una giornata che dimostra come la violenza maschile contro le donne sia un fenomeno mondiale che deve stare in cima alle agende politiche dei governi a livello internazionale, soprattutto nel nostro paese che tra poco va alle elezioni. Anche perché il miliardo di donne uccise potrà scendere solo se ognuno farà la sua parte, come stanno facendo le donne».
Il Manifesto – 15.02.13
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