Ingroia incontra la Cultura

Ingroia incontra la Cultura

di Linda Santilli -
Prima dell’ora stabilita per l’inizio dell’incontro tra Ingroia e il mondo della cultura e dell’università, la sala del Dimmidisì in via dei Volsci a Roma è già stracolma. Un fiume di gente chiede di prendere posto per questo appuntamento tanto atteso, voluto dai lavoratori della cultura (registi, attori, artisti scrittori, musicisti) firmatari di una lettera sincera, allarmata e appassionata indirizzata alcuni giorni fa ad Ingroia, e gli studenti e ricercatori della scuola e dell’università. Cultura e conoscenza dunque, colpiti al cuore scandalosamente in Italia più che altrove, mortificate dall’imposizione di un pensiero unico che ha preteso di imporre le leggi del dio-mercato perfino su questi settori strategici per la vita di un paese.

Ed è proprio questo il primo scarto che – chi interviene -  dal regista al lavoratore in lotta di Cinecittà al ricercatore allo studente, opera con fermezza: la cultura è un settore strategico per la civiltà del paese, per la democrazia, per lo sviluppo e  l’economia. E ogni settore qui rappresentato non porta avanti una battaglia corporativa o settoriale, ma lotta per restituire dignità al paese con la consapevolezza che esiste un collante ed un denominatore comune.

La presenza multiforme di chi affolla la sala tentando di guadagnarsi uno spazio, e dei meno fortunati costretti a seguire l’assemblea attraverso l’audio istallato in strada, dimostrano che è così: generazioni diverse, con passioni e professioni diverse, patiscono le stesse ingiustizie e non sono più disposte a tacere, ed hanno voglia di camminare insieme riprendendo la politica nelle proprie mani per fare la rivoluzione. La parola rivoluzione irrompe in sala immediatamente dopo l’apertura musicale di Enrico Capuano, già attraverso Margherita Hack e Moni Ovadia che salutano l’assemblea via video e forniscono materiale di riflessione sufficiente ad alimentare il dibattito che seguirà:  “La politica dei tagli ha contribuito al degrado culturale e civile in cui siamo sprofondati. C’è bisogno di una rivoluzione. E rivoluzione civile e rivoluzione culturale dovranno marciare di pari passo … “. Ma è a Citto Maselli, regista autorevole e disobbediente, animatore instancabile delle lotte messe in campo in questi anni, che viene affidato  il compito di introdurre i lavori e spiegare il senso dell’incontro: cinema, arte, letteratura, musica, ricerca, conoscenza, insomma i diversi linguaggi e forme in cui la cultura si esprime devono essere elementi cruciali, strategici di un programma di sinistra per cambiare le cose ed uscire dal tunnel angusto in cui siamo finiti a causa non solo delle politiche di Berlusconi, ma anche dei governi di centro sinistra. Un concetto che l’attrice Buccellato rilancia senza mezzi termini: il centro sinistra ha imposto un modello culturale di destra. Come altro definire l’”eventismo” di Veltroni e di Rutelli?  Noi dobbiamo tornare ad una cultura della partecipazione che nasca dai territori! Dunque la proposta lanciata a Ingoria da Maselli e Buccellato è di proseguire dopo le elezioni ad incontrarsi per approfondire, per creare tavoli tematici, proposta che verrà accolta a fine assemblea.

Gli studenti in sala fremono per prendere parola. Sono tantissimi. L’iniziativa si svolge non a caso nel quartiere storico che ospita l’università Sapienza, la più grande d’Europa. E’ un quartiere simbolo, che coagula le contraddizioni più acute di una generazione precaria a cui è stato scippato il futuro, che chiede istruzione, formazione, diritti, reddito, spazi di partecipazione e di socialità. Ma San Lorenzo è anche luogo simbolo della resistenza di ieri e di oggi, con le sue mille vertenze e i suoi mille conflitti agiti soprattutto dai giovani e le giovani che lo abitano. Non sono disposti a mollare e rilanciano il loro impegno questa sera mettendoci testa e cuore I numeri parlano chiaro: la disoccupazione ha raggiunto i suoi massimi storici (37%), il calo delle immatricolazioni e del numero dei/delle laureati/e precipitato negli ultimi anni in modo direttamente proporzionale ai tagli all’istruzione pubblica e alla ricerca. Il diritto allo studio ha subito un colpo mortale. Il pericolo è la “naturalizzazione” delle diseguaglianze che si stanno riproponendo tra chi può accedere allo studio e alla cultura e chi ne è estromesso. Tra l’assurdità di una ricerca di serie A ed una ricerca (umanistica) considerata di serie B. Basta tagli alla ricerca (33 milioni di euro nel 2012, 88 milioni di euro nel 2013).  Dobbiamo ricominciare dalle piazze del 2010! E creare lo stesso orizzonte comune tra studenti, ricercatori, professori, affermano Antonio Siniscalchi, e Diana Amento.

C’è entusiasmo e si respira,  attenzione massima, voglia di tutti ad intervenire ma non è possibile dati i tempi contingentati che infine sacrificheranno diversi interventi previsti. Ce la fa ad intervenire l’operatore di Cinecittà che scalda gli animi in modo particolare mettendo anche lui il dito nella piaga del lavoro precario, raccontando la loro battaglia di 85 giorni per difendere quel luogo simbolo di cultura dal disegno barbaro di privatizzazione che su di esso incombe, ricordando che quella lotta non è solo per la difesa dello stipendio, ma per la dignità.

E ce la fa ad intervenire Gianni Minà, accolto in modo caloroso dalla folla. Non sono morto, come vedete, è solo che la RAI mi ha epurato da 15 anni.  Minà non ha uno sguardo provinciale tutto concentrato solo sull’Italia, che è il vizio mortale della politica nostrana. Minà conosce il mondo e parla come cittadino del mondo e ci ricorda che la sinistra di alternativa al centro sinistra esiste nel resto d’Europa e ovunque o quasi superando le 2 cifre. Il mondo va diversamente da qui,  dice. In America Latina molti paesi sono governati da una sinistra che sta cambiando le cose. In Bolivia e in Equador hanno inserito in Costituzione che chi violenta la cultura è come se violentasse una persona e la legge interviene utilizzando lo stesso metro.

Noi, in ascolto, non sappiamo se ridere o se piangere. Di sicuro sappiamo che dobbiamo voltare pagina e pensare al cambiamento vero, a farlo sul serio in questo tormentato paese. A riaprire il libro dei sogni, come hanno urlato qui gli studenti.

E dunque la parola passa ad Ingroia. Non è un santone, non è un leader salvifico, come è stato ricordato da diversi intervenuti. Ma è intelligente, simpatico, serio, e ci sta mettendo il massimo dell’impegno per riaprire una strada al cambiamento che sia una strada di sinistra non generica, ma di sinistra antiliberista. Ingroia rilancia sulla necessità della rivoluzione. Civile – dice – nel senso che deve essere partecipata e consapevole. Non necessariamente educata – spiega – anche maleducata, perché i cittadini sono incazzati, anzi sono inferociti contro questo sistema e noi dobbiamo cambiarlo.

Civile e culturale. E’ inaccettabile che lo Stato da noi investa lo 0,2 % del Pil sulla cultura.

La cultura è un bene di tutti, non può essere privatizzata. Deve essere accessibile e fruibile in tutti i suoi campi, dalla produzione artistica ai beni culturali, all’istruzione e alla ricerca. Le proposte che ha ricevuto, contenute nella lettera già citata degli operatori del cinema e dello spettacolo, e le segnalazioni dei giovani e studenti, gli fanno da giuda. Riforma partecipata di tutte le istituzioni culturali pubbliche, la cui gestione andrà affidata alle forze sociali, culturali e professioni (non ai partiti!). Diritti e tutele (oggi inesistenti) per i lavoratori che operano in questi campi. Costituzione di un fondo unico per il lavoro creativo. Incremento dei finanziamenti al ministero dei beni culturali ed ambientali. Creazione di un Centro nazionale per la cinematografia che sia pubblico e gestito da chi fa cinema (e non da Ministro).

Le profonde diseguaglianze, e dunque il deficit di democrazia, continua Ingroia, si misurano non solo tra chi ha e chi non ha, ma tra chi sa e chi non sa.

Va cancellata di netto la controriforma Gelmini e rilanciato il finanziamento pubblico all’istruzione e alla ricerca! Non può esistere più lo scandalo di un paese dove i poteri forti decidono delle sorti dei giovani e di tutta la popolazione. Ma abbiamo bisogno di cultura per contrastare tutto ciò. Di cultura come di legalità, che sono motori di sviluppo fondamentali e strumenti per l’affermazione dei diritti dei più deboli, non dimentichiamolo.

Infine: è evidente dove ci sta portando la deriva culturale che attraversa la società italiana. Un popolo che è indotto a non pensare è un popolo che non reagisce… un popolo che è messo nelle condizioni di non sapere diventa un popolo supino che fa comodo ai potenti, i quali vogliono che sia così.

Noi no!


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY






IT25W0538703202000035040300 presso BPER Banca o IT16C0760103200000039326004 presso PosteItaliane S.p.A.