Due chiacchiere con… Ilaria Cucchi

Due chiacchiere con… Ilaria Cucchi

di Stefano Galieni -
La via Tuscolana, uscendo da Roma è libera e permette di conversare facilmente mentre si raggiunge il paese per la prossima iniziativa pubblica. La candidata ormai – momenti di stanchezza a parte- sembra vivere con serenità e piacere il contatto continuo con le persone, sa parlare con scioltezza e determinazione. Ci tiene a restare quella che è: una madre di due splendidi figli, una libera professionista cresciuta nella periferia romana che solo a causa di vicende grandi e violente si è ritrovata, proprio malgrado a osservare un’altra faccia del mondo: «Prima di quello che è accaduto a mio fratello – racconta – non pensavo neanche che certe cose potessero accadere, non mi riuscivo a guardarmi intorno fuori dal mio specifico, di molte cose ignoravo l’esistenza. E per tanto tempo ho in parte continuato a farlo, concentrando tutte le mie energie su una battaglia di giustizia. Poi mi sono accorta che non solo non ero da sola ma che nelle mie condizioni erano passate e passavano tante persone. E mi sono accorta che il confine che separa gli “ultimi” come mio fratello, dai potenti, dai garantiti, da coloro che possono impunemente fare ciò che vogliono senza pagarne le responsabilità, è un confine netto. Ho scelto da che parte stare. Poi gli eventi si sono succeduti velocemente. Ho conosciuto Antonio Ingroia che mi ha chiesto di unirmi a Rivoluzione Civile per una battaglia di cittadini e cittadine. Mi sono subito fidata di lui e della sua voglia di cambiare dal basso, ho pensato che potevo fare qualcosa anche io e ho accettato la candidatura». Da quel giorno la vita di Ilaria non è stata più la stessa: di corsa in continuazione, fra figli, lavoro e territorio da battere per incontrare le persone:«Al di là della legge elettorale, se riuscirò ad andare in parlamento voglio che avvenga perché chi ci vota abbia avuto l’opportunità di incontrarmi, di parlare con me, anche di dissentire ma di esserci. In questo Paese per troppo tempo ha prevalso e ancora prevale la distanza fra i “discorsi dei politici” spesso percepiti come astratti, fumosi, lontani e la vita quotidiana, le mille ragioni e le mille cause per cui non si arriva alla terza settimana del mese, perché manca un futuro, perché ci si sente soli con la sanità che viene tagliata, con la scuola lasciata andare. Le persone ci sono in Italia e ragionano. Non capiscono perché si tagliano i servizi e si acquistano gli F35, se vogliamo essere diversi, se vogliamo essere realmente utili, dobbiamo chiaramente dimostrare che noi certe ingiustizie non siamo disposti ad accettarle, che per noi le priorità sono le vite delle persone e non i grandi interessi». Una passione civile – Ilaria parla senza pudore di ideali – che nei suoi discorsi emerge con forza ed energia, che trapela dalla gestualità e da uno sguardo limpido, fermo, non disponibile a compromesso. «Sono tante le cose che vorrei fare in parlamento: la prima per cui mi batterò sarà l’introduzione del reato di tortura – continua – e poi voglio che venga rivisto radicalmente il sistema carcerario. Oggi i penitenziari sono vere e proprie discariche sociali in cui si rinchiudono le vittime di leggi crudeli e inutili come la Fini Giovanardi e la Bossi Fini (leggi che vanno abolite). Sulla giustizia si può intervenire con l’amnistia ma anche con la ricostruzione di una cultura veramente diversa che contempli tanto l’attenzione per chi è vittima di reati quanto il fine ultimo della pena che deve essere il reinserimento sociale. Ma non mi fermerei a occuparmi di questo in base alla mia esperienza personale, vorrei vedere chiusi i centri di identificazione ed espulsione, che sono peggiori delle galere, vorrei che si attuasse un serio intervento preventivo nelle scuole perché è da lì che si combatte alla radice la criminalità, è nelle scuole che si offrono opportunità. Per qualcuno sarà un discorso semplice ma non credo che lo sia». Le tante idee, gli impegni da prendere, si mescolano nel discorso di Ilaria a frammenti di vita quotidiana, anche quelli rimasti distanti anni luce e per troppo tempo dal Palazzo:«Ti racconto un fatto – dice accalorata – Mi ha cercato una signora, giorni fa. Fa una vita durissima: il marito gran lavoratore, ha appena fatto in tempo a realizzare una casa per la loro famiglia che se ne è andato per un diabete mal curato e lei è rimasta con due figlie grandi, disoccupate e una pensione di 400 euro al mese. Non ce la fanno ad andare avanti, le figlie stanno cercando – finora inutilmente – lavoro ma ogni porta sembra chiusa e sono disperate. Ne sto parlando con chiunque per trovare loro una soluzione. Per me la politica è anche questo, forse è soprattutto questo. Trovare risposte a chi resta da solo per  aiutarlo a camminare con le proprie gambe. Questa è giustizia che ci riguarda a tutti noi. Sai – dice mentre siamo giunti alla meta della prossima assemblea – La sinistra per troppo tempo ha perso la capacità di ascoltare queste domande e di pensare risposte condivise. Dobbiamo ripartire anche da fatti di questo tipo per ricostruire una sinistra vera. Io voglio impegnarmi e ormai non torno più indietro».


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