
Gli immigrati tornano a casa, noi siamo più poveri
Pubblicato il 11 ott 2013
di Massimo Lauria – popoff.globalist.it – Le balle leghiste sull’immigrato parassita, che ruba il lavoro agli italiani, non reggono più. Molti stranieri, infatti, se ne vanno dal nostro Paese. Le coordinate dei flussi migratori sono diverse dal passato e da tempo gli immigrati invertono rotta, scegliendo la Romania, il Marocco, la Cina o l’Albania. Solo nel 2011 in 32 mila hanno scelto di immigrare ancora. Ma non senza lasciare un vuoto: oltre a perdere storie, esperienze culturali e capacità lavorative, il nostro paese diventa economicamente più povero. Con gli immigrati che se ne vano, infatti, le casse dell’erario si svuotano di 87 milioni di euro di Irpef ogni anno. Sono i dati pubblicati nel Rapporto Annuale sull’Economia dell’immigrazione 2013 realizzato dalla Fondazione Leone Moressa.
I risultati del rapporto parlano chiaro: gli stranieri contano per il 4,3 per cento sull’Irpef nazionale e rappresentano il 5,4 per cento dei redditi complessivi versati nel nostro paese, ovvero 43,6 miliardi di euro. Non solo un costo, dunque, ma una risorsa economica importante per l’Italia, nonostante il dato negativo delle partenze, visto che il nostro paese in crisi continua a perdere ricchezza, specializzazione professionale e posti di lavoro. Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Moressa l’Irpef più alta è quella pagata dai migranti lombardi: 3.700 euro, ovvero 800 euro in più rispetto alla media nazionale. Mentre le famiglie di stranieri dichiarano in media 12.880 euro di reddito annuo – 6.780 in meno rispetto agli italiani -, e si tratta quasi esclusivamente di redditi da lavoro dipendente.
Nonostante l’immigrazione sia ormai organica nel sistema Italia da oltre 20 anni, il lavoro degli stranieri continua ad essere sottopagato, anche rispetto alle qualifiche. Se tra il 2005 e il 2011 le retribuzioni medie sono cresciute del 15 per cento, quelle degli immigrati solo del 3,3. Un dato allarmante, perché se da un lato l’unica ricchezza per un immigrato è il lavoro – perso quello non ha molte ragioni per restare -, dall’altro significa che l’Italia non ha lavorato al meglio sull’opportunità delle presenze straniere in patria, consumando di fatto ricchezza. Ora una considerazione da italiano in patria: se gli immigrati se ne vanno perché in Italia manca il lavoro, allora vuol dire che non c’è nemmeno per noi indigeni. E questo è un problema – e bello grosso – che dovremmo risolvere con chi ci governa.
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