Larghe intese, dalla Merkel  a “super Letta”

Larghe intese, dalla Merkel a “super Letta”

di Roberto Musacchio – Dietro il teatrino della politica” di queste ore, che ci ha riconsegnato un “super Letta”, ci sono in realtà elementi grandi e significativi.  La fedeltà alle ricette europee è il dominus assoluto, l’imperio. Agisce come diktat e interviene direttamente ogni volta che è necessario. Infatti si sono sprecati gli appelli di ogni campo politico, dal PPE al PSE, per la stabilità in Italia, così come si erano sprecati gli applausi alla vittoria della Merkel. Il governo è mera funzione di affidabilità ed adattabilità alle ricette. In questa fase la crisi e il rigetto che pure ci sono di queste ricette fanno prevalere nella governance, nettamente,  l’opzione per le larghe coalizioni. E’ stato così in Grecia, in Austria. Si va in questa direzione addirittura in Germania, dove pure ” così si vuole dove si puote”, per citare Dante. Si confermano le larghe intese anche in Italia. Il loro terreno è l’applicazione delle ricette europee. Ma anche l’esercizio di uno spazio residuo di sovranismo nazionale da contrattare con l’imperio. E lo stravolgimento delle costituzioni, rovesciando in ciò la vecchia unità antifascista che le aveva edificate. In Italia poi, presidenza della repubblica e presidenza del consiglio guidano il partito della affidabilità. E nel Pd ormai sono gli ex democristiani a guidare, magari in competizione tra loro, questa sorta di rovesciamento del vecchio compromesso storico. La sinistra, come ci dicono le esperienze di tutta Europa, se vuole esistere può farlo solo in rottura con tutto ciò.

Ho proposto, in sintesi, questa chiave di lettura dei fatti di queste ore perché avverto il bisogno di sfuggire da subito al riproporsi di altre interpretazioni, quelle per intendersi che misurano tutto sul metro delle vittorie o delle sconfitte di Berlusconi. Non che ciò non sia importante, ed il tempo dirà se siamo veramente alla fine della sua epoca oppure se, come altre volte, saprà risorgere. Ma il punto è che l’aver posto al centro di tutto, per 20 e più anni, il Cavaliere, ha messo in ombra il fatto che altri processi si stavano realizzando, in primis l’edificazione di questa Europa neo oligarchica. Intendiamoci, il berlusconismo è stato ed è tanta parte della degenerazione dell’Italia, del degrado della sua borghesia e della tentazione populista che corrompe il suo popolo. Ma l’ossessione verso la semplificazione pro o contro l’uomo di Arcore non solo non è servita a combatterlo realmente ma ha impedito di accendere i riflettori verso questo altro processo in corso che, per altro, si è spesso volentieri mimetizzato dietro l’eterna diatriba.

Certamente i due cavalli, quello del berlusconismo e quello dell’edificazione oligarchica hanno corso insieme. E, ad esempio, la borghesia italiana, quanto mai in crisi come essa stessa ammette sulla propria stampa, ha scelto di correre a volte in groppa all’uno e a volte in groppa all’altro. Ma il cavallo che andava realmente al traguardo era, probabilmente da sempre, quello su cui corre Bruxelles. E a cui si è accodato, da tempo e sempre più docilmente, quello che era stato il cavallo di razza per eccellenza, la sinistra italiana, ma anche europea. Tanto è vero che ogni volta che l’altro, quello berlusconiano, ha provato a scartare, il fantino ha rischiato puntualmente di essere disarcionato. Continuando la metafora ippica è ormai evidente che vale anche qui il riferimento alla troika e cioè al fatto che c’è un giogo che tiene stretti tra loro i cavalli in corsa, gli impedisce di divaricarsi e li obbliga a seguire il comando del fantino, potremmo dire ironicamente automatico, che all’occorrenza sa usare la frusta.

La novità di questa fase, che la rende drammatica, è che ormai il fantino automatico tiene le briglie strette perché la corsa si è fatta accidentata per i tanti detriti lasciati dallo scalpiccio. Purtroppo sono i detriti sociali di una Europa in cui la crescita della disoccupazione è solo la punta dell’iceberg di un disastro sociale che diviene catastrofe per il Sud e per i giovani. E poi perché è in arrivo un ostacolo da saltare, o da abbattere. Come ha detto la JP Morgan le Costituzioni europee hanno uno stampo socialistico insostenibile e vanno riscritte in chiave liberale. D’altronde si tratta solo di sancire formalmente quello che già è avvenuto nelle costituzioni materiali da cui sono state già strappate intere pagine ed escluse intere realtà di donne e uomini, i lavoratori, i giovani, i migranti, i popoli del Sud.

E’ questa la realtà che la manifestazione del 12  ottobre coglie. Ma che in realtà va colta probabilmente ancora più a fondo. Proprio perché, come dicevo, la Costituzione viene si assalita oggi ma è stata già devastata. E perché poi ciò che la rende aggredibile è proprio il rovesciamento storico dei soggetti politici che l’avevano edificata. Da soggetti costituenti a soggetti che stanno insieme per stravolgere la Carta. E che l’hanno già stravolta non solo in tante parti, come nel ripudio della guerra, ma nello spirito fondante. Questo era il conflitto come anima della democrazia progressiva. Ora c’è la governabilità come unico metro della legittimazione.

In questo le parole di Letta sono state chiarissime e segnano un punto di non ritorno per quella che è stata la parabola che ha condotto al PD, in cui ormai gli elementi e gli uomini  e le donne di quella che fu la cultura comunista appaiono puramente residuali. Ma purtroppo discorsi analoghi valgono per il socialismo europeo, nei suoi punti cardinali. Hollande che si era già arruolato alla guerra con la Siria, dopo essersi piegato all’austerità. La Spd che, pur sperando ancora nel referendum indetto tra gli iscritti, si avvia a governare con la Merkel dopo non averle fatto opposizione realmente. Se solo si pensa  che potrebbe essere un esponente della Spd, sconfitta e concertativa con la Merkel, a candidarsi come alternativa per la presidenza della Commissione nelle prossime elezioni europee si capisce come l’esito quasi scontato sarebbe una nuova sconfitta e poi una coabitazione, come già oggi alla presidenza del Parlamento Europeo.

Ecco perché penso che solo uno spirito di scissione, gramsciano, possa consentire alla sinistra di resistere e riproporsi. Partendo dalla cosa più semplice. Il dirsi fuori,  ed altro da questa Bisanzio. Contro chi ne presidia le mura. E sappia ritrovare la capacità di stare insieme tra tutti coloro, nella politica, nei movimenti, nella società, non hanno dismesso lo spirito critico.


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