Un pontificato di sofferenze e scandali tra «vergogne», intrighi e affari strani

Un pontificato di sofferenze e scandali tra «vergogne», intrighi e affari strani

di Luca Fazio -
Al fine teologo tedesco la storia ha riservato il peso di un pontificato breve ma pesante da sopportare. Prima dell’annus horribilis (il 2012), quando gli scandali hanno scoperchiato il verminaio delle varie cordate pontificie, Benedetto XVI ha dovuto affrontare la crisi più profonda della chiesa contemporanea: la vergogna dei preti pedofili, con le rivelazioni di abusi sessuali compiuti impunemente dal clero grazie alla complicità e all’omertà delle alte gerarchie. Dagli Stati Uniti all’Europa, America latina compresa.
Forse questo è stato il colpo più duro. Sicuramente si tratta del peccato più grande commesso dalla chiesa e ammesso dal Papa – «una vergogna» lo ha definito. Benedetto XVI ha chiesto solennemente «perdono» a tutte le vittime nel giugno del 2010 e durante la sua visita a Malta ha dovuto ammettere che «gli attacchi contro la chiesa non vengono solo dall’esterno ma anche dai peccati interni alla chiesa». A seguire, diverse teste sono cadute. Quella del vescovo irlandese James Moriarty, forse il caso più clamoroso di tutti, accusato di ripetute violenze sessuali nella diocesi di Dublino. Quella del vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, «prepensionato» dopo l’ammissione di aver violentato un ragazzo, e poi ancora il vescovo tedesco Walter Mixa, accusato di aver picchiato dei bambini. La «tolleranza zero» invocata dal Papa nei mesi successivi ha messo sotto tutela molte diocesi in tutto il mondo.
Ma lo scandalo più imbarazzante, se non altro per la vicinanza del peccatore e la rocambolesca fuga di notizie che ha messo a nudo la vulnerabilità dell’uomo più potente del Vaticano, è l’affaire «Vatileaks»: la vicenda del furto di documenti riservati sottratti dalle stanze private del pontefice. Il «corvo» era nientemeno che l’aiutante di camera di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, 46 anni, «devotissimo», il fedele servitore che gli portava anche la colazione. In due anni ha sottratto e fotocopiato ottanta scatole di documenti riservati, oltre che un assegno da 100 mila euro intestato al Papa, una pepita d’oro e una preziosa edizione dell’Eneide del 1581. La storiaccia, dai contorni poco definiti, si è conclusa nel più incredibile dei modi, proprio come vuole la tradizione: dopo una condanna a 18 mesi di carcere, il «corvo» è stato graziato dal papa in persona con un «gesto paterno». Tanto è bastato per far calare il silenzio su una vicenda che ancora una volta rivela quali intrighi ingarbugliano le segrete stanze del Vaticano.
Sarà più difficile, invece, far calare il silenzio sull”ultimo scandalo che ha investito il pontificato di Benedetto XVI, quello del’Istituto per le Opere Religiose (Ior), la banca del Vaticano che – solo per restare alle cronache recenti – nel 2010 è stata accusata di violazione delle norme anti riciclaggio. Il primo a farne le spese, ad indagini ancora in corso – e su ordine della Commissione cardinalizia di vigilanza presieduta dal potente segretario di stato Tarcisio Bertone – è stato il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, uomo dell’Opus Dei imposto alla testa dello Ior proprio da Papa Benedetto XVI. Un licenziamento senza precedenti che ha dato il via ad uno scontro dentro alla Commissione cardinalizia che non ha niente a che fare con il Vangelo (il 23 febbraio verrà riformata con la fuoriuscita dei cardinali Attilio Nicora e Laois Tauran, quest’ultimo molto vicino a Gotti Tedeschi e poco in sintonia con il cardinale Bertone). Dello Ior, in questi giorni, si è anche parlato in merito all’acquisizione di Anton Veneta da parte del Monte dei Paschi di Siena. Il Vaticano ha smentito ogni coinvolgimento, ma le indagini proseguiranno.

Il Manifesto – 12.02.13


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