Se l’Imu conta più della scuola

Se l’Imu conta più della scuola

di Vito Meloni – liberazione.it - 

Mancano pochi giorni all’inizio del nuovo anno scolastico e, come ormai accade da troppo tempo, la scuola si ritrova davanti i problemi di sempre senza che all’orizzonte della politica istituzionale si intraveda nulla che possa modificarli. Non una virgola delle pagine tristi scritte dalla Gelmini – e sottolineate prima da Profumo e ora dalla Carrozza – è stata modificata. Anzi, ai tagli e ai provvedimenti regressivi varati nel recentissimo passato si aggiungono nuove mortificazioni. È il caso delle nomine dei precari, in atto proprio in queste ore negli uffici scolastici. Ai proclami della ministra sulla stabilizzazione dei precari come priorità del governo, ha fatto seguito l’amara realtà di sole 11.268 immissioni in ruolo di docenti e, finora, neanche una per il personale ausiliario tecnico ed amministrativo. È la quota più bassa degli ultimi anni, perfino inferiore a quanto previsto dal precedente governo che, certo, quanto ad accanimento contro la scuola e i suoi lavoratori non scherzava. Facciamo due conti: il decreto con il quale il ministro Profumo ha indetto, tra mille giustissime contestazioni, il “suo” concorso metteva a bando per questo anno scolastico 7.351 posti, degli 11.542 distribuiti in due anni. Poiché, per legge, le immissioni in ruolo devono essere fatte in misura uguale dal concorso e dalle graduatorie ad esaurimento, il totale delle assunzioni avrebbe dovuto essere di 14.702 posti. All’appello mancano dunque 4.500 cattedre. Un’autentica beffa! Di fronte alle contestazioni dei precari del Coordinamento Precari Scuola, la Carrozza si è difesa scaricando la colpa sul calo dei pensionamenti dovuto alla riforma Fornero. Ma nulla ha saputo rispondere sulle decine di migliaia di cattedre che anche quest’anno verranno affidate a contratti annuali. Cattedre sulle quali sarebbe possibile assumere a tempo indeterminato praticamente a costo zero, garantendo, oltre ai diritti dei precari, stabilità agli organici e indubbi benefici alla qualità del sistema scolastico. Ma la scuola pubblica non è l’Imu, non sta esattamente nelle corde del Cavaliere, inutile sperare che questo governo se ne occupi seriamente.

Non va meglio neanche sugli altri fronti. Il blocco degli organici, congelati alla consistenza di tre anni fa malgrado l’aumento di quasi centomila alunni, produrrà classi sempre più affollate nelle quali esercitare una didattica efficace sarà sempre più difficile. Intanto il governo si appresta ad aumentare gli impegni di docenti e Ata. Sempre a costo zero, dal momento che il rinnovo contrattuale è stato fatto slittare di un altro anno. E si riaffaccia pure, sottobanco, magari con la compiacenza di qualche sindacato, l’ipotesi di aumentare l’orario di lezione dei docenti. Insomma, dopo gli anni orribili appena trascorsi, il panorama si presenta sempre a tinte fosche.

C’è però, tra tante notizie negative, il segnale che il mondo della scuola non è rassegnato e non è disponibile a subire passivamente gli eventi. Già dai primi giorni di settembre sono in calendario iniziative e manifestazioni, a cominciare dai presidi dei precari e dalla mobilitazione delle organizzazioni di UdS e Rete degli studenti contro i finanziamenti alle scuole private.

Una giusta ripresa di attenzione, quella degli studenti, su un tema che il referendum di Bologna ha dimostrato essere caro alla gran parte dei cittadini democratici. Un tema che merita di essere preso in carico anche da chi la scuola non la vive direttamente, nel quadro della più ampia battaglia della difesa intransigente della nostra Costituzione contro i tentativi di una sua grave manomissione, a sanzione dello stravolgimento di cui finora è stata oggetto.

Anche sul fronte sindacale la situazione è in fermento, con la conferma dello sciopero del 18 ottobre del sindacalismo di base, capace finalmente di superare le vecchie divisioni.

C’è da sperare, a questo punto, che anche la Flc rompa gli indugi e faccia seguire alle nette critiche sull’operato del ministro e del governo una decisa iniziativa di lotta. Sarebbe un segnale importante che non solo darebbe fiducia agli insegnanti e agli Ata ma contagerebbe positivamente anche altri settori del mondo del lavoro. A partire dalla scuola si può aprire una stagione di conflitti che metta al centro gli interessi, i diritti e le condizioni dei lavoratori, spingendo la Cgil fuori dall’immobilismo in cui si è auto-condannata. Se non ora quando?


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