
La rappresaglia di Marchionne. Ferrero: il governo impedisca delocalizzazioni
Pubblicato il 1 ago 2013
di Fabio Sebastiani – liberazione.it – “Incontro con Marchionne venerdì? Al momento non ho ricevuto nessun invito”. Le parole del leader della Fiom Maurizio Landini non fanno che aggiungere altra instabilità ad un faccia a faccia quello tra Fiom e Fiat che, dopo la sentenza della Corte costituzionale sulla rappresentanza e la minaccia dell’ad della multinazionale dell’auto di delocalizzare se non viene sistemata la questione, già di per sé non mostrava chissà quali prospettive. Se vogliamo, sarà la stanca ripetizione di un film già visto, ovvero convincere la Fiom ad entrare a far parte del “club degli amici”. Un gioco delle parti che intanto servirà a tastare il polso dei contendenti. E certamente la Fiat non mostra di essere in buona salute. Le notizie sulla trattativa con Veba non sono positive. Il giudice si è concesso altro tempo. E questo oltre danneggiare fortemente le performance borsistiche dell’azienda, restringe i margini di trattativa a danno della Fiat che ha un grande bisogno in breve tempo di rastrellare altre risorse attraverso il debutto in borsa della società nata dalla fusione con Chrysler. Insomma, l’addio al Bel Paese se da un parte è una minaccia da far pesare politicamente sul Parlamento quando dovrà iniziare a discutere di legge sulla rappresentanza, dall’altra è già scritta nei numeri del bilancio e del flop del cosiddetto piano industriale. Da questo punto di vista, la reazione del ministro Giovannini di fronte all’argomento Fiat che in Italia non ci sarebbero le condizioni per investire e che quindi tanto vale delocalizzare risulta davvero inadeguata. Il suo “non sono d’accordo” non solo lascia il campo a Marchionne ma non dà al tema il giusto rango all’interno del confronto politico. E’ molto più trasparente, da questo punto di vista, la posizione dell’Amma (l’associazione degli industriali di Torino) che dichiara di “voler fare di tutto perché l’Alfa non voli via dall’Italia”.
“Lo Stato deve tutelare i lavoratori della Fiat e dell’indotto e non piegare la testa di fronte ai diktat dell’ad del Lingotto”, scrive Paolo Ferrero in una nota. “La verità è che il piano industriale della Fiat non funziona e che Marchionne, dopo la vittoria della Fiom, sta attuando una rappresaglia contro i lavoratori: tocca allo Stato il ruolo di garante dei diritti dei lavoratori, Giovannini non può limitarsi a esprimere dissenso”, aggiunge Ferrero.
Ferrero ricorda che Marchionne è pagato più di 2000 volte lo stipendio di un operaio”. E quindi “bisogna impedirgli di spostare le produzioni, se serve nazionalizzando l’azienda”, conclude il leader del Prc.
Più articolata, ed anche più preoccupante, la posizione di Giovannini sulla rappresentanza. “Noi abbiamo scelto di lasciare alle parti sociali la possibilità di trovare un accordo – sottolinea il ministro – cosa che sindacati e Confindustria hanno fatto, in più i confederali hanno incontrato anche altre associazioni imprenditoriali proprio per trovare un equilibrio. Stiamo dando questa possibilità per poi trarre le conseguenze ed eventualmente intervenire sul piano legislativo, ma bisogna intervenire con attenzione”. In pratica, è la tesi Fiat-Cisl: sì alla legge ma soltanto se ricalcata sull’accordo del 31 maggio.
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