
Mps, il Pd dovrà difendersi alla camera
Pubblicato il 25 gen 2013
di Domenico Cirillo -
La previsione di D’Alema – «non credo che la vicenda Monte dei Paschi di Siena condizionerà la campagna elettorale» – è evidentemente solo un auspicio, ed è anche difficile che si realizzerà. Il governo dovrà riferire in parlamento sui mancati controlli che hanno favorito la voragine nel più antico istituto bancario del mondo e sull’operazione dei Monti Bond che ha lanciato una (grande) ciambella di salvataggio che a questo punto rischia di essere persino inutile. La mossa è stata condivisa da tutte le forze della maggioranza, appena qualche settimana fa, ma adesso è rumorosamente contestata dalla destra in campagna elettorale. Ed è assai facile prevedere che il Pdl e la Lega cercheranno di trasformare il dibattito alla camera in un pubblico processo al Pd, il partito che attraverso i suoi amministratori locali ha legami diretti con la Fondazione Monte dei Paschi. E così anche un’altra affermazione di D’Alema è suonata un po’ avventata: «Il Monte dei Paschi – ha detto – non è mai stato un punto di riferimento per il nostro partito».
La polemica politica che da due giorni monta attorno alla banca senese, ieri si è arroventata quando il ministro dell’economia Vittorio Grilli ha dato un saggio di quale sarà la linea difensiva del governo. «La situazione di Mps non è una novità, non è un fulmine a ciel sereno», ha spiegato. Per poi aggiungere «dico solo che i controlli spettano alla Banca d’Italia». Un «solo» che non è affatto poco, è piuttosto uno scaricabarile. Si sa che i rapporti tra Grilli e Mario Draghi – che nel momento in cui la banca senese acquistò a caro prezzo Antonveneta era governatore a via Nazionale e diede il via libera all’operazione – sono tutt’altro che buoni. È noto come il presidente della Banca centrale europea abbia posto una sorta di veto a che Grilli gli succedesse in Bankitalia, ma al di là delle biografie un affondo del governo all’istituto centrale non è cosa da prendere sotto gamba. Infatti a difesa di via Nazionale interviene addirittura il capo dello stato, poi il ministro dello sviluppo Passera, e infine con una nota del suo dicastero anche Grilli deve rettificare esprimendo concordia con l’istituto oggi guidato da Ignazio Visco. In serata proprio Visco detta due righe per chiudere l’incidente: «Non c’è alcun contrasto fra la banca d’Italia e il Tesoro ma piena collaborazione».
Intanto Mario Monti da Davos scarica proprio su Grilli l’onere di rispondere in parlamento alle richieste del Pdl. Ma il Pdl non si accontenta e con Brunetta prima e Tremonti poi (sì, proprio Tremonti, l’ex ministro dell’economia che stanzio i primi bond per il Monte dei Paschi) chiamano Monti a una presenza in aula in prima persona. «Non si può parlare di fallimento della supervisione bancaria», dice intanto il presidente del Consiglio. E aggiunge che «quanto è stato detto sugli interventi finanziari e sull’ammontare che sarebbe stato impiegato per Mps e il gettito Imu è oggetto di fantasie». «Confusione intorno alla banca», spiega, «che si sta creando per evidenti ragioni» di campagna elettorale. Ma il Pdl insiste sulla linea: Monti ha fatto pagare l’Imu ai cittadini e poi ha girato quei soldi alla banca del Pd. E si esercitano sull’argomento svariati esponenti berlusconiani e leghisti. E anche il segretario del partito Alfano e il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi.
Un po’ a sorpresa invece è proprio il Cavaliere a usare i guanti bianchi. Non dà credito alla vicenda dell’Imu e si mantiene affettuoso verso il Monte dei Paschi. Anche perché, racconta, fu quella banca che gli concesse i primi mutui per costruire Milano 2 e Milano 3. Soprattutto, si potrebbe aggiungere, in quella banca è oggi depositato circa il 15% del capitale delle sue società. In un modo o nell’altro, il conflitto di interessi è sempre all’opera.
Il Manifesto – 25.01.13
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