
A Francesca Albanese il Nobel per la pace, altro che la vergogna delle sanzioni Usa
Pubblicato il 12 lug 2025
di Enrico Calamai -
Sostiene il segretario di Stato Usa Marc Rubio che quelli di Francesca Albanese sono «sforzi illegittimi e vergognosi di sollecitare un’azione della Corte penale internazionale contro funzionari, aziende e dirigenti statunitensi e israeliani», e per questo ha messo sanzioni contro di lei.
Nel suo comunicato, la Segretaria Generale di Amnesty International Agnès Callamard risponde tra l’altro che: «Questo è un vergognoso e trasparente attacco ai principi fondamentali della giustizia internazionale. I relatori e le relatrici speciali non sono nominati per piacere ai governi o per avere popolarità ma per svolgere il loro mandato.»
Per quanto mi riguarda, da ex funzionario che ha trascorso trent’anni nello Stato italiano, non posso non evidenziare la pericolosità degli atti e delle affermazioni di Rubio, vale a dire dell’Amministrazione statunitense, nei confronti di una persona fisica che per deontologia professionale ed onestà intellettuale, oltre che per vero, democratico senso dello Stato, prende una posizione che chiaramente confligge con la linea politica e geostrategica seguita da uno Stato. Ciò, tanto più se lo Stato in questione, per quanto in crisi, per quanto in preda a quelle che potrebbero essere le sue convulsioni finali, continua ad essere al momento attuale il più forte del Pianeta, oltre che alleato di ferro di Israele, protagonista del genocidio a Gaza.
Una situazione drammatica che ricorda la foto del piccolo uomo che con le braccia in croce blocca l’avanzata dei carrarmati verso Piazza Tienanmen. Soltanto che il miracolo di umanità successo allora è, diciamocelo, estremamente difficile che abbia a ripetersi. Da ex funzionario dello Stato so anche che, quando un individuo è d’ostacolo a una linea politica approvata, si cerca di metterlo a tacere, prima minacciandolo, poi cercando di scalzarlo dalle funzioni che esercita, alla fine eliminandolo fisicamente – ma, sia chiaro, con modalità che permettano alle forze in campo di deresponsabilizzarsi dell’accaduto.
È per me chiaro che sia l’incarico, che la stessa persona fisica di Francesca Albanese sono in pericolo e che la società civile, sia italiana, dato che stiamo parlando di una nostra connazionale, che europea ed internazionale debba mobilitarsi al fine di prevenire il verificarsi di una di tali due spaventose possibilità.
In primo luogo, perché è compito primario della società civile difendere le vite umane, ma anche perché occorre tutelare la libertà professionale di un funzionario delle Nazioni Unite che svolge in maniera limpida ed esemplare il compito che le è stato assegnato.
Ciò, se vogliamo assicurare la sopravvivenza dell’unica realtà sovranazionale che, per quanto da riformare, è attualmente in grado di difendere il diritto internazionale in generale e, in particolare, la pace e i diritti umani: le Nazioni Unite. Siamo di fronte ad una battaglia di civiltà, cui non possiamo abdicare. L’alternativa è la legge della giungla.
Occorre che la società civile italiana, europea ed internazionale sappia mobilitarsi e non illudiamoci che a tale fine basti lanciare una petizione, procedura, ahimè, forse non casualmente inflazionata. Non basterà un clic a salvarci. Occorrerà scendere in piazza, mobilitarsi con continuità, trovare modi per far valere il nostro dissenso di fronte a modi di procedere a livello internazionale, che non sono altro che l’arroganza, la vera e propria orgia di un potere da basso impero.
Ricordo, a tale proposito che Adolfo Perez Esquivel era a fine anni ’70 del secolo scorso un militante dei diritti umani nell’Argentina funestata dai militari. Arrestato, venne caricato sull’aereo perché facesse la fine delle migliaia di altri desaparecidos: venir gettato in mare, a morte certa. Eppure, anche in questo caso, avvenne un miracolo: all’ultimo momento, il pilota ricevette una telefonata e l’aereo girò su se stesso, tornando alla base senza aver dato seguito alla condanna. La ragione è semplice: i macellai argentini avevano avuto contezza della mobilitazione internazionale a favore di Perez Esquivel, cui sarebbe stato, da lì a poco, assegnato il Nobel per la Pace.
La mia modesta proposta consiste in questo: che si tenti ancora una volta la strada di una candidatura dal basso, questa volta per Francesca Albanese.
il manifesto 11 marzo 2025
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