
ANCHE QUELLO SULLA CITTADINANZA È UN REFERENDUM SUL LAVORO
Pubblicato il 6 giu 2025
di Maurizio Acerbo -
A proposito del quesito sulla cittadinanza c’è chi dice che non riguarda il lavoro. Io credo che si sbagli.
Uso per farmi capire un esempio storico.
Questo è un manifesto parigino del Maggio 1968, il più grande sciopero generale della classe lavoratrice nel dopoguerra che diede il via a un’onda senza precedenti di lotte operaie in tutta Europa che culmino’ in Italia con l’autunno caldo del 1969. Insomma è un manifesto di un’epoca in cui la sinistra era classista e operaista.
Quella esplosione di protesta operaia segnò dieci anni di ininterrotte conquiste salariali, di diritti e di stato sociale, dallo Statuto dei lavoratori alla sanità fino ai diritti civili (parità uomo donna nel diritto di famiglia, divorzio, aborto, ecc.). Il livello dei salari crebbe enormemente, la maggior parte della popolazione ebbe accesso alla società dei consumi, all’istruzione superiore, a in benessere prima inimmaginabile.
Insomma erano gli anni della centralità operaia.
Perché veniva stampato un manifesto del genere che rappresenta la completa negazione della retorica con cui l’ideologia di destra fomenta la xenofobia, l’odio e la paura degli immigrati?
Semplice: per avere potere contrattuale la classe lavoratrice deve essere unita. È l’abc dai tempi in cui Karl Marx fondò la Prima Internazionale.
In Francia la forza lavoro che arrivava dalle colonie veniva contrapposta a quella nativa sindacalizzata e combattiva.
Ma lo stesso processo era avvenuto in Italia dove la grande industria del nord faceva arrivare giovani dal meridione confidando che fossero più docili.
Il manifesto francese ritrae il padrone che cerca di dividere il lavoratore bianco da quello nero.
Lo stesso accadeva in Italia dove gli antesignani della Lega fomentavano l’odio contro i meridionali come negli ultimi decenni hanno fatto verso extracomunitari.
La grande avanzata ci fu perché la classe lavoratrice riuscì a unirsi nelle lotte e nelle rivendicazioni. L’operaio massa meridionale fu l’avanguardia di massa delle lotte proprio perché viveva una condizione di più duro sfruttamento nel lavoro e problemi enormi fuori (abitazioni, trasporti, servizi, ecc.).
Cosa accade in Italia con la legge Bossi Fini che regola da anni il fenomeno dell’immigrazione?
Gli immigrati hanno diritto al permesso di soggiorno solo se hanno un contratto di lavoro. La conseguenza è che sono estremamente ricattabili e costituiscono un serbatoio di forza lavoro con scarso potere contrattuale che indebolisce il complesso della classe lavoratrice.
Invece di andare appresso alla propaganda fascistoide che promette la remigration, cioè l’espulsione e deportazione di milioni di persone, è interesse di tutta la classe lavoratrice italiana che queste lavoratrici e lavoratori escano da una condizione di subalternità.
Ogni giorno dalle cronache emergono fatti che dimostrano come la non cittadinanza costringe lavoratori e lavoratrici ad accettare soprusi, sfruttamento, paghe da fame, mancanza di sicurezza nelle campagne, nei cantieri, nelle cooperative, nelle aziende.
Per esempio l’altro giorno un lavoratore che era caduto da un impalcatura senza protezioni è stato minacciato dal titolare dell’impresa che lo avrebbe fatto rimandare in Egitto se avesse rivelato le circostanze dell’infortunio.
Ma abbiamo avuto casi ancor più gravi come quello del lavoratore a cui una macchina ha tagliato un braccio vicino Latina ed è stato lasciato abbandonato per strada a morire dissanguato. L’elenco sarebbe interminabile. I casi estremi fanno notizia ma sono solo spie di una realtà di sfruttamento di classe che viene occultato dalle campagne razziste di Rete4.
Il quesito sulla cittadinanza se approvato affronta il tema riportando gli anni richiesti a 5 come in gran parte d’Europa e come era previsto dalla legge in vigore dal 1904 al 1992 (anche durante il fascismo).
MA DAREMO LA CITTADINANZA A ORDE DI DELINQUENTI, SPACCIATORI, STUPRATORI, SFATICATI CHE BIVACCANO INTORNO ALLE STAZIONI, PERSONE CHE NON PARLANO ITALIANO ECC.
Sono tutte balle per diffondere paura tra la gente. Le hanno conosciute gli italiani quando emigravano nel secolo scorso e venivano dipinti come mafiosi, delinquenti, violenti, sporchi e puzzolenti. Invece erano solo poveri.
La legge prevede che devi avere per 5 anni ininterrottamente il permesso di soggiorno, la residenza (con contratto d’affitto o proprietà), un’occupazione regolare, un reddito e devi conoscere l’italiano. E soprattutto devi avere la FEDINA PENALE PULITA.
Se si conosce la realtà delle norme che regolano l’immigrazione in Italia ci si rende conto che prima di raggiungere questo livello di stabilità i lavoratori immigrati ci mettono anni.
Inoltre dopo la presentazione della domanda passano almeno 3 anni per ricevere risposta.
Insomma se approvato il quesito otterrebbero cinque anni prima la cittadinanza lavoratrici e lavoratori che da anni sono nel nostro paese e vivono onestamente.
Fateci caso: tutti quelli che da anni ripetono che la sinistra non dovrebbe occuparsi degli immigrati o dei diritti civili ma degli operai invitano all’astensione su tutti e 5 i quesiti.
La realtà è che loro sono sempre stati contro gli operai e gli immigrati, cioè contro la classe lavoratrice e al servizio del padronato.
La precarietà del lavoro e l’estrema ricattabilita’ della forza lavoro di origini straniere sono due facce del regime dei bassi salari.
Votare SI ai 5 quesiti è coerente con le migliori tradizioni del movimento operaio socialista e comunista italiano/europeo.
L’antirazzismo è anche una questione di classe. Altro che radical chic!
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