
Vota SI ai cinque quesiti su lavoro e cittadinanza
Pubblicato il 6 mag 2025
di Alba Vastano -
Ci siamo. Sarà l’8 e il 9 giugno e sarà vittoria referendaria per tutti i cinque referendum popolari abrogativi (articolo 75 della Costituzione). Non potrà che essere vittoria totale. I cittadini italiani aventi diritto al voto che hanno a cuore i diritti, ad oggi ridotti e compromessi, dei lavoratori, nonché i diritti di cittadinanza per gli stranieri che la richiedano, non potranno che apporre la croce sui cinque sì. Ricordando che i 5 referendum indetti con decreti del presidente della Repubblica l 25 marzo 2025 (Gazzetta ufficiale, Serie Generale, n.75 del 31 marzo 2025), sono ‘ orfani’ del sesto referendum, del sesto sì che non potranno esprimere.
E’ noto, infatti, che la Corte costituzionale ha bocciato il referendum sull’autonomia differenziata, perché, secondo i giudici della Corte, ‘l’obiettivo del quesito non è chiaro e mette in discussione alcuni principi della Costituzione‘. Al macero oltre un milione di firme raccolte in tempi brevi. Al macero anche un lavoro capillare di sei anni sui territori da parte dei comitati contro tutte le a.d.? Non proprio. I comitati continuano la loro opera per cercare un escamotage che possa scongiurare l’ applicazione della legge Calderoli che contrasta totalmente l’art. 5 e l’articolo 3 della Costituzione. Articoli che sono principi inossidabili dell’impianto costituzionale.
Come bypassare lo stop posto dalla Corte costituzionale non è di facile soluzione. Le motivazioni della Corte sono inconfutabili, perché si riferiscono allo stesso impianto costituzionale, ciò ha consentito la bocciatura del referendum. Una chance per tenere aperta la finestra contro la legge Calderoli si intravede in un passaggio di revisione costituzionale legato alla riforma del titolo quinto del 2001 che ha costituito il principale ostacolo alla sfortunata, proposta referendaria.
In tempi più ravvicinati, i comitati contro le a.d. mettono in campo le petizioni alle Regioni volenterose per far sì che revochino il consenso all’autonomia differenziata. Nel Lazio la campagna è partita il 25 aprile. Vittoria del comitato No a.d. in Emilia Romagna. Altre petizioni stanno per partire in molte altre Regioni. Intanto il Governo pressa, a favore della totale attuazione della legge Calderoli, per una nuova legge delega che ripristini le parti incostituzionali cancellate dalla sentenza della Consulta (sentenza 192/24).
Si va, quindi, ai 5 referendum ammessi. Si punta a vincerli. Tutti e cinque. Sono quesiti fondamentali che riguardano il lavoro e la cittadinanza. Quattro referendum, promossi dal sindacato Cgil, riguardano il mercato del lavoro. Il quinto referendum chiede la modifica delle norme sulla concessione della cittadinanza agli stranieri. C’è il tempo per informarsi per un Sì consapevole e per approfondire le motivazioni di ciascun referendum. Soprattutto occorre andare alle urne e votare. No, quindi all’astensionismo.
Non è il tempo dell’indifferenza quando i diritti dei lavoratori continuano a essere usurpati da inique riforme messe in campo dalle politiche neoliberiste predatorie e da chi ha manomesso l’art. 1 della Costituzione, il fondamentale per la tutela e la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici.
I quesiti
Primo quesito: Stop ai licenziamenti illegittimi
“Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?“
Votando Sì si richiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti a tutele crescenti del Jobs Act. Ad oggi , dal 7 marzo del 2015, tre milioni e 500mila lavoratori non hanno diritto alla reintegra dopo aver subito un licenziamento illegittimo. Non vale nemmeno la sentenza di un giudice che dichiari scorretta la sentenza. Votando Sì, fermiamo questa ingiustizia e garantiamo il reintegro dei lavoratori licenziati senza giusta causa o motivo.
Secondo quesito: Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
“Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?“
Per chi non ha gli strumenti del mestiere questo quesito apparirà un po’ ostico da interpretare. Proviamo a fare chiarezza: riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore di un’azienda con meno di 16 dipendenti può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento. Anche in caso di parere avverso di un giudice che ritiene procedura scorretta l’interruzione del rapporto. In questa condizione di assoggettamento versano, ad oggi, circa 3 milioni e 700mila lavoratori. Se vincerà il Sì sarà il giudice a stabilire il giusto risarcimento e la tutela dei lavoratori delle piccole imprese verrà innalzata. E’ questo l’obiettivo da raggiungere. Anche per questo referendum, come per gli altri, è fondamentale che gli aventi diritto al voto si esprimano con il Sì.
Terzo quesito: Riduzione del lavoro precario
“Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?“
Quesito formulato, affinché pochi eletti provvisti di codici se greti della Cgil possano decriptarlo. Un possibilità è seguire un corso sindacale sui referendum, ma proviamo ad evincerne il significato che, in realtà, è molto più semplice da interpretare del quesito stesso e comunque votiamo Sì. Sulla fiducia. Il quesito chiede di eliminare la condanna della precarietà del lavoro, eliminando i contratti a termine. I lavoratori precari ad oggi, ovvero coloro che hanno contratti a tempo determinato, sono circa due milioni e trecentomila. E’ la piaga più sofferta dai precari del lavoro, macigno che pesa enormemente sulla vita di un lavoratore e della sua famiglia. Con la vittoria del Sì vi sarà la possibilità di rendere il lavoro più stabile, ripristinando l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a termine.
Quarto quesito: Più sicurezza sul lavoro
Quesito:”Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?“
Anche la sola lettura di questo quesito può risultare incomprensibile ai più, ma gli infortuni fino alla tragedia delle morti sul lavoro sono una comprensibilissima e triste realtà quotidiana. Realtà di cui non si ignorano le massime responsabilità. Di media, ogni giorno muoiono sul lavoro tre lavoratrici o lavoratori. Occorre estendere tutte le responsabilità alle imprese appaltanti e ad ogni datore di lavoro che non garantisca la massima sicurezza ai dipendenti. Considerando che, spesso, le imprese appaltatrici non sono in regola con le norme della legge sulla sicurezza dei lavoratori. Votando sì si tende a garantire la massima sicurezza del lavoratore sul posto di lavoro e l’obbligo delle imprese di adeguarsi a tutte le norme di sicurezza.
Quinto referendum: Più integrazione con la cittadinanza italiana
Quesito:”Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?“
Il quinto referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana. Il referendum sulla cittadinanza italiana lascia invariati gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, il certificato penale da cui si risulta incensurati, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
Se vincerà il Sì circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano potranno ottenere la cittadinanza italiana. E’ un diritto che tanti altri Paesi hanno già concesso, considerando che i diritti riconosciuti agli stranieri contribuiscono alla crescita economica e civile del Paese.
La Costituzione, nonostante sia stata denigrata e svilita proprio da coloro che, assumendo la carica di rappresentanti del popolo e della Repubblica, vi hanno giurato per attuarne i principi fondamentali, è sempre lì, viva e attenta, affinché sia finalmente ‘carne viva’. Possiamo ancora impugnarla contro gli spergiuri che non ci rappresentano e non rappresentano la Costituzione, utilizzando lo strumento del voto in modo corretto e giusto. L’8 e il 9 giugno possiamo ancora una volta mettere al sicuro l’art. 1 e l’articolo 3 della Costituzione votando Sì per la tutela e la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici e per i diritti di cittadinanza degli stranieri. Tutti alle urne per i 5 Sì!
LINK www.interno.gov.it/it/notizie/referendum-2025
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