Francesco

Francesco

di Giovanni Russo Spena

Quanti “sepolcri imbiancati” rovinano ricerche dialettiche, riflessioni (anche articolate e parzialmente critiche) sull’operato di Francesco.  I suoi nemici, per qualche ora, fingono commozione. Né amo i convertiti “sulla via di Damasco”, gli atei che si scoprono, improvvisamente, cattolici; trascurando il senso del laicismo, dell’autonomia tra statualità e religione. Con Masina, La Valle, Melandri, in altri tempi, scherzando, ci dicevamo che noi, cristiani per il socialismo, eravamo gli unici laici che giravano nel Parlamento …

In queste brevissime note non affronto, ovviamente, la complessità del papato di Francesco. Accenno solo a due temi. Il primo riguarda il rapporto tra vita e morte che Francesco ha ben illuminato preparando, simbolicamente, la propria morte. Una consapevole transizione. Una testimonianza di costruttore di pace, l’indicazione di un orizzonte di condivisione tra popoli e persone. Tre atti ha compiuto in tre giorni, con una presenza sofferta. La sua Via Crucis tra i detenuti. Quasi un richiamo forte all’articolo 27 della Costituzione: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità..” Ci ha, poi, ammonito che “senza disarmo non vi è vera pace”, ricordando, anche alle sinistre istituzionali, che pacifismo significa combattere le catene del valore dei complessi militar/industriali. In terzo luogo, ha parlato del genocidio di Gaza, con aggettivi aspri, inediti per il governo terrorista israeliano, abbattendo la gabbia dell’antisemitismo, che diventa impostura quando è identificato con la critica al governo israeliano. Cosa è la “civiltà occidentale ” di cui straparlano il trumpismo e il liberismo europeo? Appare ai popoli del mondo solo suprematismo, colonialismo, razzismo. Questo ci dice il Francesco “uomo”. Era marxista? Certamente no. Era comunista? Forse, inconsapevole. Era certamente anticapitalista. Classista, nella interpretazione di Frei Betto. Riporto, per brevità, un’esperienza personale. Mi è capitato di commentare, per Transform, uno scritto, poco noto, di Francesco, la “Economy of Francesco” del 24 settembre 2022. Tenta di introdurre una nuova economia “amica della Terra e della Pace” , in 12 punti. Essi ci parlano di un allarme forte: siamo di fronte ad una “insostenibilità” sociale, ambientale e spirituale di questo modello di sviluppo”. Francesco tenta di disvelare la legge economica del movimento della società contemporanea, con una serrata critica del modo di produzione del capitale. Francesco allude alle condizioni umane; rifiuta ogni ideologismo, evita di proporre la configurazione di un futuro modello universale di società. Francesco ci parla, invece, come fece il grande Gallino, di lotta di classe “dall’alto” ; che fanno, purtroppo, solo i padroni. Il “pensiero unico” del, mercato diventa anche , automaticamente, emergenzialismo e accentramento del potere, postdemocrazia. Non a caso le encicliche di Francesco, a partire da quella, scientificamente accurata, sul tema ambientale, sono permeate di politicità. Perché la carità, l’assistenzialismo, senza giustizia distributiva , sono solo capitalismo caritatevole. Anche il pacifismo non è astrazione ideologica: le tante guerre in corso , spesso “dimenticate”, a partire dal conflitto in Ucraina, sono da collegare al funzionamento del capitale, ai processi e percorsi di accumulazione dei complessi militar/industriali. Nuovi imperialismi e nazionalismi nascono proprio dal passaggio d’epoca. E le guerre “commerciali” sono già “pezzi” della guerra globale. Anche i popoli si militarizzano; crescono gli egoismi nazionali e le paure nei confronti degli inarrestabili flussi migratori.  Conosco i ruoli, spesso nefasti, della Chiesa; sono, da sempre, un anticoncordatario. Conosco l’arretratezza teologica della Chiesa e dei tentativi, troppo lievi, di Francesco. Conosco l’attacco all’aborto, alla libertà delle donne contro il patriarcato, alle libertà delle propensioni sessuali. Qui è la ovvia dicotomia. Francesco non è, per noi, un’icona. Penso solo che dovremo valorizzare la sua “ostinazione anticapitalista”, come mi piace chiamarla, la sua ferma concezione della contraddizione capitale/vita, dei processi di alienazione e mercificazione. Francesco ha amato le coalizioni sociali. Anche noi.


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