I seminari autunno-invernali di Rifondazione
Pubblicato il 12 nov 2024
2 Il partito di Lenin, quello di Gramsci, quello di Togliatti
relatore: Guido Liguori, Lelio La Porta, Gianni Fresu, Maria Grazia Meriggi, Gianluigi Pegolo
Lunedì 11 novembre
Il partito quale strumento fondamentale delle classi lavoratrici nasce verso la fine dell’Ottocento e si consolida nell’ambito della Seconda Internazionale.
È con Lenin che esso assume un ruolo centrale nella storia del movimento rivoluzionario del Novecento, profondamente condizionato anche da elementi peculiari della situazione russa, dominata da una autocrazia repressiva senza pari in Europa.
Per Lenin il partito rivoluzionario è soprattutto lo strumento che consente di porre la questione della lotta per il potere, al di là dell’orizzonte sindacale e tradeunionistico, ritenuto importante ma limitato, in quanto incapace di trascendere la società capitalistica.
Il partito leninista è destinato a essere proposto come modello, dopo la vittoriosa Rivoluzione d’ottobre e la fondazione della Terza Internazionale.
Mentre nella stessa Unione Sovietica il partito, divenuto organo di governo, acquisiva dimensioni di massa e allo stesso tempo assumeva il ruolo di vero “sovrano” e “decisore” del primo Stato socialista della storia, una sua reinvenzione era tentata in Italia da Antonio Gramsci, che proponeva una forma-partito sostanzialmente diversa da quella a cui erano approdate le trasformazioni del partito sovietico.
Il “moderno Principe” di Gramsci voleva essere un “intellettuale collettivo” in grado di respingere il centralismo burocratico in favore di una vocazione pedagogica che aveva come obiettivo l’assottigliamento progressivo della distanza tra dirigenti e diretti/militanti.
Tornato in Italia negli ultimi mesi di vita del fascismo, Palmiro Togliatti comprese che era indispensabile una nuova conformazione del partito, adatto alla società di massa e alla democrazia politica in cui si accettava e si sceglieva di operare – vista anche la suddivisione del mondo in “campi” contrapposti e stante la permanenza dell’Italia nel “campo capitalista”.
Togliatti così seguiva il “metodo di Gramsci”, ma cercando di “tradurlo” in un contesto nuovo. Veniva conservata l’impostazione pedagogica ed esaltato il ruolo degli intellettuali-organizzatori politici, assicurando che il partito mettesse radici in tutti i gangli principali della società.
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