
Inaugurazione fantasma della base, ritorna il «popolo delle cesoie»
Pubblicato il 4 lug 2013
di Olol Jackson* -
Sono state giornate intense per i No Dal Molin, che tra domenica e martedì hanno riportato la questione delle vecchie e nuove servitù militari Usa a Vicenza al centro dell’attenzione. Domenica scorsa trecento attivisti si sono dati appuntamento presso Site Pluto, quella misteriosa base scavata sotto i colli Berici che, dagli anni Cinquanta, ospitava le testate nucleari puntate contro l’Urss.
Da tempo gli statunitensi avevano annunciato la sua dismissione, salvo poi presentare nel settembre scorso un progetto di ammodernamento, per farne un centro d’eccellenza per la guerra informatica. L’immediata reazione del movimento portò poi alla sospensione del progetto. E domenica gli attivisti hanno letteralmente smontato le strutture esterne della base, sradicando oltre duecento metri di rete e filo spinato sotto lo sguardo attonito dei militari americani e dei carabinieri di guardia.
Qualcuno aveva raccontato ai soldati Usa che ormai la città era pacificata, ma quello che è accaduto a Site Pluto è stato per loro il peggiore dei risvegli. Vicenza è infatti tutt’altro che rassegnata. La base è stata inaugurata in un clima surreale di coprifuoco, con le vie limitrofe blindate all’inverosimile da polizia e carabinieri. Una fotografia precisa dell’isolamento, dell’estraneità della base Usa rispetto alla città. Pochi ospiti rigorosamente selezionati Il vescovo di Vicenza non ha voluto partecipare e ha invitato tutto il mondo ecclesiastico vicentino a fare altrettanto. La Giunta comunale era presente solo con il vicesindaco e senza fascia tricolore per segnalare la distanza tra comunità locale e Stato italiano, colpevole di aver imposto la base. Un passo indietro del sindaco Variati, dopo le critiche avanzate dai No Dal Molin per la scelta ambigua di partecipare al cambio della guardia dei vertici militari della 173esima Brigata Aviotrasportata, avvenuta qualche giorno prima.
Martedì sera più di tremila vicentini sono tornati a manifestare contro la base militare. In piazza i vicentini hanno portato le «pignatte», e le cesoie, simbolo del loro desiderio di liberare la propria terra da reti e reticolati. Il movimento ha rivendicato il fatto di avere strappato oltre due terzi di territorio al progetto originario della base, con la conquista del Parco della Pace. I militari Usa e i contractor privati, già pronti a offrire i loro mezzi aerei, hanno dovuto rinunciare alla pista di volo necessaria per le attività dei parà della forza di intervento rapido in Africa e Medio Oriente. Il Dal Molin è, nei fatti, una cattedrale nel deserto. Diversamente da quanto previsto, le truppe di stanza in Germania non saranno spostate nella base.
Dopo sette anni di lotta si apre una fase nuova per il movimento. Se prima era indirizzato contro la costruzione della nuova base, ora è il dispositivo delle servitù militari presenti sul territorio ad essere oggetto di una campagna, il cui obiettivo è la smilitarizzazione del territorio e la sua riconversione ad uso civile. Ora l’attenzione si sposta alla settima edizione del Festival No Dal Molin. Il 7 settembre è prevista una grande manifestazione diretta verso la base militare. Lo scopo è dimostrare che nessuna pacificazione sarà possibile finché la città non tornerà nelle mani dei vicentini.
* presidio permanente “No Dal Molin”
Il Manifesto – 04.07.13
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