
L’analisi della Corte dei Conti: recessione, iniquità, corruzione
Pubblicato il 5 feb 2013
La Corte dei Conti non può permettersi voli pindarici o lanci di fantasia. Nella generalità dei casi, il suo compito è quello di offrire la fotografia della realtà per come i dati rilevati la delineano e portare un contributo di supporto alle linee strategiche d’indirizzo politico-economico. E così non è usuale ascoltare il Presidente della Corte dei Conti mentre afferma che l’inasprimento del carico fiscale in una situazione dove esiste “una pressione fiscale già fuori linea” favorisce “le condizioni per ulteriori effetti recessivi”, nonché aggiungere che non solo il carico è eccessivamente alto, ma che la sua distribuzione è iniqua e infine concludere il già pesante quadro indicando che in Italia la “corruzione sistemica” pregiudica sia la legittimazione delle pubbliche amministrazioni, sia la stessa economia della nazione.
Recessione, iniquità, corruzione sistemica. Di fronte a queste tre parole, la politica dovrebbe interrogarsi su cosa è stato fatto, su cosa si dovrà mettere in atto, e soprattutto su chi ricade la responsabilità di tale situazione.
In realtà la Corte dei Conti ha mostrato una fotografia che non ci coglie di sorpresa: è quanto da tempo continuiamo ad affermare, ovvero che incrementando il peso del fisco sulle fasce più deboli della popolazione si produce una manovra di avvitamento che non fa altro che deprimere ancora di più la realtà economica, aggravando velocemente la recessione già presente. E’ una manovra iniqua, ovviamente, perchè non persegue l’ottica di utilizzare lo strumento fiscale per la redistribuzione degli oneri dovuti andando a colpire chi ha di più, ed è anche una manovra sostanzialmente inutile, perchè azzoppa ulteriormente chi invece dovrebbe essere messo in grado, nel breve periodo, di rialzarsi e, nel medio di iniziare a correre. Ma è esattamente lo scenario ideato, perseguito e prodotto dalla politica dell’’austerity di matrice europea e dalla sua rigida applicazione da parte del governo Monti, sostenuto da chi oggi finge di competere su questi temi, ovvero Berlusconi-Alfano, Bersani e Casini. Occorre allora rovesciare radicalmente la prospettiva dalla quale si osserva la realtà e provare a mettersi dalla parte di chi ha pagato e sta pagando il peso insostenibile della crisi: da quest’ottica si comprenderebbe appieno quanto diciamo da tempo sulla necessità di tassare i grandi patrimoni, redistribuire il peso fiscale verso la fascia alta della piramide, colpire davvero l’evasione e la corruzione, eliminare i privilegi, distruggere la mafia.
Oltre a ciò oggi l’Inps, un altro organismo che non ha nel proprio statuto il diritto a fantasticare, rileva che sia le domande di disoccupazione sia le ore di Cassa Integrazione continuano ad aumentare. Occorre salvare il lavoro e serve una nuova politica pubblica di intervento dello Stato per rilanciare l’occupazione. Ed è anche necessario istituire subito il reddito minimo per le persone che non hanno un lavoro, così come Rivoluzione Civile propone, che può essere finanziato mettendo un tetto massimo di 5mila euro alle pensioni e agli stipendi di parlamentari e dipendenti pubblici
In attesa dei prossimi dati della Corte dei Conti e dell’’Inps, ci verranno a dire che non si può fare altro che seguire quanto si sta facendo perchè esiste il libero mercato ed è sacro. Ma tutti ormai hanno potuto vedere perfettamente che quando si tratta di banche non ci sono molti problemi a destinare al salvataggio una somma a molti zeri equivalente all’’Imu sulla prima casa appena riscossa. Sempre che servissero ulteriori esempi per convincersi della necessità di cambiare radicalmente politica.
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