Indagine su Picelli. Fatti, documenti, testimonianze

Indagine su Picelli. Fatti, documenti, testimonianze

Segnaliamo l’uscita del libro su Guido Picelli scritto dal nostro compagno Franco Ferrari. Picelli, l’eroe dell’Oltretorrente, è una figura leggendaria dell’antifascismo e del socialismo/comunismo italiano. Pubblichiamo un estratto dall’introduzione al libro che potete acquistare on line: 

Attorno agli ultimi anni della biografia di Guido Picelli, indiscusso protagonista delle 5 giornate di Parma dell’agosto del 1922, si sono accumulate nel tempo una serie di leggende, dalle quali non è facile estrarre gli elementi di verità mescolati a quelli della polemica e della propaganda politica.
Finora i principali riferimenti erano la biografia di Fiorenzo Sicuri, punto di partenza fondamentale per ogni studio serio sull’argomento; il precedente volume del 1987, curato dallo stesso, contenente una stimolante sintesi di Dianella Gagliani, oltre a diverse testimonianze e riproduzione di documenti e materiale fotografico dell’epoca; il saggio di Elena Dundovich sulla permanenza di Picelli a Mosca, basato sui documenti reperiti nell’archivio del Comintern finalmente disponibili e infine la raccolta degli scritti di Picelli curata da William Gambetta. Altri contributi si potevano rintracciare nello studio di Marco Puppini sul Battaglione Garibaldi e di Marco Severo sugli esuli parmigiani attivi in Spagna durante la guerra civile. Il precedente testo di Mario De Micheli, per certi versi pionieristico, soffriva inevitabilmente di una certa dimensione agiografica e di una inadeguata segnalazione delle fonti utilizzate.
Si tratta di lavori che non vengono certamente superati dalla presente ricerca che si propone semmai di integrali, aggiornarli e in una qualche misura anche verificarne la permanente validità per il periodo storico qui considerato.

Il volume raccoglie alcuni saggi già pubblicati su vari siti e qui raccolti per favorirne la leggibilità e anche una lettura integrata. Non sono stati sottoposti a revisione anche quando alcuni dettagli potrebbero essere modificati sulla base delle ulteriori ricerche e della documentazione raccolta. Si è preferito mantenere questo carattere di lavoro “in progress”, perché effettivamente non si ritiene di essere ancora giunti ad un punto conclusivo. A questi saggi ne viene aggiunto un altro, del tutto inedito, che tratta degli ultimi momenti della vita di Picelli, quelli che lo hanno visto cadere, colpito a morte, sulla collina di “El Matoral”.
Oltre a questi testi, che cercano di approfondire nodi specifici della biografia del protagonista delle Barricate di Parma, si è voluto mettere a disposizione del lettore un consistente numero di documenti. Tra questi figurano alcuni articoli scritti da Picelli e pubblicati in Svizzera o in Francia tra il ’32 e il ’36 e finora, a mia conoscenza, mai ripresi in Italia. Vengono poi pubblicate alcune lettere inedite ed altre finora solo parzialmente riprodotte.
Oltre a scritti di Picelli che consentono di illuminare meglio le sue idee e che vanno ad integrare quelli già pubblicati, relativamente a questo periodo, come la relazione sugli anni del confino scritta in Francia per il centro estero del PCI, il lungo saggio sulle Barricate pubblicato sullo “Stato Operaio” che potrà essere utilmente confrontato agli altri articoli scritti sullo stesso tema, la lettera agli esuli parmensi dell’agosto del 1932 e la scheda autobiografica dell’inizio del 1936. Documenti rintracciabili nell’antologia curata da William Gambetta alla quale si rimanda.
Si sono poi recuperati numerosi articoli della stampa antifascista, italiana e spagnola, che trattano dell’azione di Picelli in particolare durante i primi mesi del ’32 in Francia e delle vicende del Battaglione Garibaldi nel poco meno di un mese che lo vide impegnato in diversi combattimenti. Su una parte di questo periodo si segnala il particolare interesse della relazione di Antonio Roasio destinata agli archivi delle Brigate Internazionali.
Elementi nuovi ed interessanti emergono anche sulla sua presenza a Mosca, per quanto alcuni aspetti restino ancora in ombra, sullo snodo cruciale del conflitto avuto col centro estero del PCI a Parigi, le motivazioni politiche e psicologiche di questo scontro e il breve avvicinamento al POUM, durato pochissimi giorni e concluso con la decisione di entrare nelle Brigate Internazionale oltre che di riprendere il rapporto organizzato con il Partito Comunista. I documenti relativi alla base militare di Albacete consentono anche di chiarire meglio l’evoluzione dei suoi incarichi militari nel periodo in cui gli venne affidato il compito di addestrare i volontari italiani in arrivo soprattutto dalla Francia. L’evoluzione del conflitto militare impedirà la costituzione inizialmente prevista di un nuovo battaglione italiano, guidato da Picelli, e porterà all’integrazione di gran parte dei volontari nel Battaglione Garibaldi e alla sua nomina come vice del comandante Pacciardi.
Il periodo considerato sia dai vari saggi che dalla documentazione, riguarda gli anni che vanno dalla fine del periodo di confino a Lipari, avvenuta agli inizi del novembre 1931 fino al gennaio 1938, mese nel quale avvengono diverse iniziative di commemorazione di Picelli a Barcellona, con la contestuale pubblicazione di un numero del “Volontario della Libertà”, giornale di quella che nel frattempo era diventata la Brigata Garibaldi, quasi esclusivamente dedicato al ricordo “dell’eroe di Parma e di Mirabueno”.
Le tappe principali della vita di Picelli sono scandite inizialmente dall’arrivo a Milano, dopo una breve permanenza a Roma, doveva viveva al momento della condanna, per riunirsi alla moglie Paolina che aveva trovato un’occupazione presso la locale delegazione commercia-le sovietica. Nella città lombarda poteva riprendere i contatti con l’organizzazione clandestina del Partito Comunista e da lì espatriare quasi certamente attraverso la Svizzera.
In Francia verrà utilizzato dal Partito per giri di propaganda in tutte le realtà nelle quali erano presenti e attivi consistenti nuclei di emigrati antifascisti italiani. Arrestato e poi espulso nell’agosto del 1932 arriverà a Mosca. Gran parte degli anni di Mosca lo vedranno lavorare alla fabbrica di cuscinetti a sfere “Kaganovic”, anche se per un periodo non ben definito, forse di alcuni mesi, potrà lasciare l’attività da operaio e svolgere attività politica a tempo pieno.

E’ da tempo noto il ruolo svolto quale insegnante di un corso di strategia militare presso la Scuola Leninista Internazionale. La sua aspirazione fu sempre quella di poter entrare in un’accademia militare sovietica. Per raggiungere questo obbiettivo non fu sufficiente il sostegno dei vertici del partito italiano. Diverse fonti convergono sul fatto che fosse di ostacolo la mancata conoscenza della lingua russa ma forse, se si esamina attentamente l’appunto di Ruggero Grieco della metà del 1935, finora inedito e che qui si pubblica, si pose il problema anche di quale utilizzazione potesse eventualmente seguire all’acquisizione di specifiche competenze militari.
L’articolo del novembre del 1935 da lui scritto e nella quale rendi-conta di una grande manovra militare dell’Armata Rossa, ci fa intravedere la possibilità che, pur non essendo inserito pienamente in un contesto militare, restasse comunque una qualche sua forma di collaborazione con il Comintern sui temi che più lo appassionavano.
I rapporti con il Partito Comunista furono certamente turbati dal suo mancato impegno per un’attività che riteneva essere adeguata all’esperienza compiuta durante la Prima Guerra mondiale e poi con gli Arditi del Popolo, ma l’esito positivo del lavoro di verifica compiuto su di lui nel corso del 1936 da Roasio e Ciufoli e completato nel giugno di quell’anno sembra escludere che Picelli potesse essere in alcun modo considerato come un “dissidente”. Tanto più che in esatta coincidenza con il documento che valuta positivamente l’orientamento politico di Picelli, Ciufoli, in qualità di rappresentante del PCI presso il Comintern, ne raccomandava l’iscrizione al Partito sovietico. Informazione finora inedita e che ci pare ridimensioni sensibilmente ipotesi di un significativo conflitto tra il partito e lo stesso Picelli.
Più difficile valutare, data la mancanza di documenti specifici, se da parte dell’NKVD sovietico vi fossero effettivamente dubbi e sospetti sul comunista parmigiano, più di quanti, in quei mesi nei quali si stavano delineando i segnali della tempesta del terrore che si scatenerà dalla primavera del 1937, non riguardassero tutte le comunità di emigrati a Mosca. Nella primavera del 1935 vengono rivolte a Picelli delle accuse non ben specificate, probabilmente nate nell’ambiente della Scuola e del Comintern. La lettera di Vassiliev, esperto di questioni militari, che riportiamo per la prima volta integralmente, vede questo importante quadro del Comintern schierarsi a favore di Picelli, basandosi nella sua valutazione positiva sia sulla conoscenza diretta che su informazioni fornitegli da Togliatti e sulla proposta da parte del PCI di impegnare Picelli in una accademia militare per destinarlo ad un lavoro riservato. E’ possibile che queste accuse siano all’origine della decisione di rimandarlo in fabbrica ma non sembrano avere avuto altre conseguenze.
Probabilmente il conflitto che si era aperto in fabbrica tra la fine del 1935 e l’inizio del 1936, che vedeva una frattura all’interno del gruppo dei lavoratori italiani, e lo schieramento del Comitato di Fabbrica del partito sovietico a favore della parte opposta a quella di Picelli, sembra aver sollecitato qualche attenzione da parte del servizio quadri del Comintern e poi anche dei servizi segreti sovietici.
Le tracce che abbiamo sono labili e alla fine, pur dopo qualche tergiversazione, portarono l’NKVD sovietico a consentire l’espatrio di Picelli verso la Francia, sapendo anche che la sua intenzione era poi di partecipare attivamente alla guerra civile spagnola, avendola esplicitata in una lettera a Manuilski, massimo rappresentante del partito sovietico all’interno del Comintern.
La documentazione nuova che viene qui presentata consente di chiarire meglio il comportamento di Picelli in quelle cruciali settimane tra l’arrivo a Parigi e l’ingresso in Spagna. E’ stato possibile anche dimostrare come la partenza da Parigi sia quasi certamente avvenuta il 7 di novembre e il suo arrivo ad Albacete qualche giorno prima del 16 dello stesso mese. Sui dettagli e sulle ragioni di quella che poi verrà definita “la stupidaggine” di Picelli, apportiamo elementi, crediamo, significativi. Spinto dalla volontà di dare un contributo all’azione militare, dubbioso sul fatto che il PCI volesse effettivamente riconoscergli un ruolo che riteneva adeguato, Picelli si convinse, anche per l’influenza di Michele Donati (alias Masi), che avrebbe potuto trovare maggiori possibilità d’azione nelle milizie del POUM.

A Barcellona si accorse che le prospettive militari che poteva offrire il partito di Nin erano assai inferiori a quelle a cui aspirava e anche il profilo politico del POUM, ostile ai Fronti Popolari e fortemente critico dell’Unione Sovietica, non era affatto coerente con la sua visione di fondo.
Le vicende militari successive sono abbastanza note ma un esame più ampio di documenti e fonti di stampa del periodo consente di avere un’idea più precisa della sua azione. Quanto agli eventi che portarono alla sua morte, abbiamo ampiamente esaminato le testimonianze come anche le, fragili, teorie del complotto nel primo saggio a cui rimandiamo il lettore.
Le proposte di onorificenze, sia quella in Spagna da parte di Pavanin dell’ufficio quadri delle Brigate Internazionali, sia quella formulata nell’aprile del 1939 dall’ufficio quadri del Comintern, per l’assegnazione dell’Ordine di Lenin, dopo un’indagine sul suo comportamento a Barcellona, sembrano rendere poco fondate le varie teorie del complotto, già rese piuttosto fragili dall’assenza di testimonianze e di documenti di archivio che le supportino.
Il principale obbiettivo di questo lavoro è di focalizzare il confronto e la ricerca sui fatti e sui documenti, oltre che sull’esame critico delle testimonianze, che rappresenta l’unico metodo che può consentire di illuminare e comprendere gli avvenimenti, al di fuori di teoremi tanto fumosi quanto inconsistenti.
Mettendo a disposizione una documentazione più ampia di quella finora pubblicata si consente anche al lettore di potersi fare un’idea diretta di ciò che sappiamo e di quegli interrogativi che possono essere di stimolo ad ulteriori ricerche. Eventualmente anche per criticare le interpretazioni e le opinioni dell’autore come è giusto che avvenga in un contesto di confronto democratico e libero.

Franco Ferrari
(dall’introduzione al libro)


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