
Pisa, la Costituzione è più forte della proprietà privata
Pubblicato il 27 giu 2013
di Checchino Antonini -
E’ più illegale abbandonare al degrado un sito industriale oppure riaprirlo all’uso comune? La questione – che ricorda quella brechtiana se sia più criminale chi fonda una banca o chi la rapina – è posta quotidianamente dalle pratiche che hanno rivitalizzato il Teatro Valle di Roma, il Cinema Palazzo, le Officine Zero, la Ri-Maflow, Communia e, a Pisa, dalla galassia di esperienze autogestionarie e associative che ha occupato l’ex Colorificio per trasferirvi le sapienze che abitavano Rebeldia.
Nove mesi di cui tre vissuti, nei 14mila metri quadri di spazio, con l’allarme rosso innescato dalla pretesa della proprietà, una multinazionale, di riprendersi gli spazi con il silenzio complice della Giunta Pd.
Ecco perché è stata lanciata una richiesta di acquisizione pubblica dell’ex Colorificio da un’ampio schieramento di esponenti della società civile, della sinistra e del mondo accademico. Una richiesta che parte da Pisa come esperienza concreta, ma che parla di fatto a nome di tutti gli spazi occupati e liberati del nostro Paese: «Il “diritto di proprietà privata”, accampato dalla J-Colors per il sequestro ed il relativo sgombero dell’Ex Colorificio occupato di Pisa non ha fondamento giuridico, perché, a seguito dell’abbandono dell’attività produttiva, non persegue più la sua “funzione sociale”, ed è in contrasto con l’utilità sociale”, la sicurezza, la libertà e la dignità umana, come chiaramente espresso e richiesto dagli articoli 42 e 41 della Costituzione».
L’iniziativa vede l’adesione di personalità di primo piano del mondo del diritto e dell’accademia come il professor Salvatore Settis; i giuristi Ugo Mattei, Paolo Maddalena, Luca Nivarra, Maria Rosaria Marella, Alberto Lucarelli; l’urbanista Enzo Scandurra, l’economista Guido Viale ed il sociologo Marco Revelli. Una lista a cui si aggiungono decine di esponenti del mondo della società civile italiana, dal missionario comboniano Alex Zanotelli, al fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo Francuccio Gesualdi, al regista Massimo Lauria fino al vostro cronista.
Una richiesta che diventa anche una petizione che pone nuovamente al centro la necessità di dare limiti al concetto di proprietà, come costituzionalmente garantito, dando responsabilità chiare all’ente pubblico, in questo caso il Comune di Pisa che in questa situazione, ha l’obbligo di tutelare la conservazione e l’uso del territorio comunale.
«Ridare sovranità alla comunità di cittadine e cittadine – spiega Francesco Biagi, del Municipio dei Beni Comuni – passa attraverso la limitazione del diritto di proprietà sulla base della sua funzione ed utilità sociale. Nel momento in cui tutto ciò non fosse rispettato, il passo conseguente dovrebbe essere l’acquisizione da parte dell’ente pubblico dell’area in questione, arrivando persino all’esproprio, laddove fosse necessario».
«L’ex Colorificio Liberato di Pisa- dice anche Ugo Mattei, docente di Diritto Civile Università di Torino e vice presidente della Commissione Rodotà per i Beni pubblici – è un caso emblematico di come un distorto concetto di proprietà privata e della sua gestione possa essere affrontato con le armi del diritto e della politica. L’iniziativa che proponiamo, che nasce a Pisa, ma ha un respiro nazionale se non internazionale, mira a riconsiderare la centralità del ruolo del privato e dei mercati anche nella gestione degli spazi collettivi, intesi come bene comune e come territorio da preservare rispetto al consumo di suolo ed alla cementificazione a cui assistiamo quotidianamente».
La petizione che viaggia in rete – “Io pratico la Costituzione” – ha l’obiettivo di raccogliere migliaia di firme a Pisa ed in tutta Italia attraverso una capillare mobilitazione sui territori e la raccolta di adesioni sul sito di Avaaz.
Un percorso che vedrà il suo punto di arrivo il 20 settembre prossimo in corrispondenza della sentenza di possibile sequestro dell’immobile, in contemporanea della quale all’ex Colorificio Liberato di Pisa verrà organizzata (per il fine settimana del 20, 21 e 22 settembre) una tre giorni nazionale che avrà l’ambizione di rilanciare su un piano di mobilitazione e di coordinamento tra le realtà di movimento italiane la questione della tutela dei beni comuni, della fruizione del territorio che appartiene ai cittadini e della funzione sociale della proprietà privata.
da Popoff.globalist.it
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