Quel ventennio che ritorna

Quel ventennio che ritorna

a cura di Alba Vastano -

“La disposizione in questione non parla di rave party, ma di raduni in luogo pubblico o privato con più di cinquanta persone. Insomma spara con un cannone contro un povero uccellino. Essa peraltro manca della essenziale descrizione della “condotta” che si vuole punire, e pertanto è da ritenere una disposizione giuridicamente inesistente. Essa sarà certamente riscritta, come del resto è stato annunciato. Resta il fatto inquietante che si tratta di una restrizione del “diritto fondamentale di riunione”, sancito dall’articolo 17 della Costituzione. Si tratta di un articolo ben preciso, secondo il quale: “i cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi”.(Paolo Maddalena, sul decreto legge sui raduni).

Intervista a Paolo Maddalena, magistrato, vice presidente emerito della Corte Costituzionale

Sommersi dalle crisi che si avvicendano senza tregua, ci troviamo vis a vis con il pugno di ferro autoritario del nuovo governo, ma le premesse erano già ben evidenti con la strada in discesa preparata dalle politiche neoliberiste, predatorie dei principi costituzionali. Chi sta ricevendo il maggior numero di colpi bassi, infatti, è la Costituzione. Anzi le Costituzioni di tutti i Paesi liberi e democratici. La nostra che nasce come democratica e antifascista, in realtà, non è mai stata pienamente attuata e oggi, così com’è vilipesa, oltraggiata e manipolata, sembra che non sia mai nata e si agita sempre più lo spauracchio del ritorno di quel ventennio del Novecento in cui tutti i diritti erano sospesi e vigeva lo Stato fascista.
Nelle lunga intervista che segue, il prof. Paolo Maddalena, magistrato, giudice costituzionale, vice presidente emerito della Corte Costituzionale, esprime il suo punto di vista sui fatti correnti che limitano e in alcuni casi annientano, visto il pugno autoritario del governo appena nato, l’attuazione della legge madre, la Costituzione, nata dal sangue dei nostri Partigiani.

Alba Vastano: Professor Maddalena, le porgo, in primis, la domanda più diretta che è il cuore dell’intervista. Con l’insediamento del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni, colei che condivide(va), fino a ieri le politiche di Vox ( intendo il partito spagnolo di estrema destra), Le Pen e Orban e sdoganava anche in Italia, con il suo compare Salvini, il mantra ‘Dio Patria e famiglia’, secondo la sua visione dell’attuale situazione politica si sta insediando contestualmente un governo di matrice fascista? E se così fosse realmente quali rischi, maggiormente pesanti e incisivi , rispetto a ieri,si realizzeranno smentendo così i principi fondamentali espressi dai Padri costituenti nella formulazione della legge madre, la Costituzione?

Paolo Maddalena: Ritengo che il condivisibilissimo pensiero “Dio, Patria e Famiglia” sia soltanto una sorta di sipario che nasconde quanto sta avvenendo realmente sulla scena della politica governativa non ancora del tutto visibile in modo chiaro e completo. Certamente impensierisce la vicinanza della Meloni alla “vox” spagnola (c’è anche una “vox Italiae”), a Le Pen e a Orban, ma soprattutto impensierisce la dichiarazione di voler mettere mano sulla nostra Costituzione, trasformando la forma di governo “parlamentare” in una forma di governo “presidenzialista”. Questo significa cambiare l’intera Costituzione e incidere negativamente sui “principi fondamentali” e “diritti fondamentali” (descritti nella prima parte della Costituzione), da considerare intoccabili secondo una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale. Stando comunque ai primi atti di questo governo, c’è davvero da aver timore.

Basti dire che il primo Consiglio dei Ministri ha sancito, con decreto legge, entrato immediatamente in vigore, da un lato il rientro in ospedale dei medici no-vax, il che è come dire che si inviano a spegnere gli incendi coloro che li attizzano (e si era pensato addirittura di eliminare l’uso delle mascherine anche negli stessi ospedali, che sono un ricettacolo di infezioni), e dall’altro si è vietato “il raduno” in luoghi pubblici o privati di più di cinquanta persone, mentre ora si comincia a parlare addirittura dell’abrogazione del reato di abuso di ufficio, che è certamente da precisare, ma non da eliminare. Sembra indubbio, insomma, che la Meloni, una volta assicurati gli USA e l’Europa, si sia dedicata al “populismo”, cioè ad ascoltare le proposte lassiste di alcuni cittadini, anziché “governarli” per adempiere ai loro doveri e per ottenere la soddisfazione dei propri diritti.

A.V.: Secondo lo storico scrittore Antonio Scurati “Gli Italiani devono sapere che – contrariamente alla leggenda nostalgica secondo cui il fascismo sarebbe precipitato nell’abiezione soltanto alla fine della sua traiettoria, con le leggi razziali e la guerra – quegli uomini fecero sistematicamente uso di una violenza brutale come strumento di lotta politica fin dal principio, che quella del fascismo è storia di sopraffazione, ma devono anche sapere che quei violenti poterono prevalere grazie all’ignavia di molti…, al bieco calcolo opportunistico dei liberali …”. Già, grazie all’ignavia di molti. Lei che ne pensa in proposito?

P.M.: Con la parola “fascismo” io ritengo che si voglia indicare soltanto un periodo della nostra storia e che il discorso odierno vada rapportato più coerentemente al concetto di “dittatura”, alla quale mi sembra si avvicini, in qualche modo, l’atteggiamento tenuto in questi primi giorni di governo, dalla Meloni. Mi riferisco ai seguenti dati anche semplicemente enunciati: “un uomo solo al comando”; “il disconoscimento dei diritti fondamentali”; “chi è eletto deve agire indisturbatamente per cinque anni” (il famoso “non disturbate il manovratore”); l’abrogazione del “diritto fondamentale di partecipazione”, sancito dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione; il “disconoscimento dei diritti fondamentali di riunione e di associazione”; ”il rifiuto della dialettica politica”, “il predominio di alcuni su tutti gli altri”; “il diritto a far valere le proprie ragioni da parte di chi, finora, sarebbe stato poco ascoltato”.
Insomma ho ricevuto l’impressione che la Meloni consideri soltanto le aspettative individuali e non voglia riconoscere la necessità di una indispensabile responsabilità verso terzi, sicché quando parla di un restauro della legalità Ella non pensi affatto alla legalità costituzionale (peraltro è proprio la Costituzione che vuole cambiare), ma al rispetto della volontà di chi governa, lasciando all’interprete più attento l’amara considerazione che siamo arrivati, non a un cambio di governo, ma a un cambio di regime, in piena consonanza con il pensiero neoliberista, secondo il quale la ricchezza, e quindi anche il potere, deve essere riservata a pochi eletti.

A.V.: A suo parere, nell’avvenuta formazione di questo governo, più che di centro destra di estrema destra, quante responsabilità ha la sinistra radicale? Si sono sommate situazioni di identitarismo eccessivo, settarismo, frammentazione delle forze di sinistra? E cosa non è andato per il verso giusto tanto da riportare nei risultati il minimo storico dell’1, ..%. Mi riferisco alla coalizione di De Magistris, Unione popolare, che in campagna elettorale sembrava essere stata molto più condivisa… forse il tempo brevissimo della campagna e la mancanza di unità ?

P.M.: Ritengo che il pensiero neoliberista, al quale si è conformato, con numerose leggi incostituzionali, il vigente sistema economico predatorio, fondato sulla svendita del patrimonio pubblico e sull’indebitamento senza fine, favorendo le multinazionali e la finanza ai danni del popolo, abbia occupato tutti, o quasi, i mezzi di comunicazione, che esaltano menzogneramente questo sciagurato sistema, per cui è diventato difficilissimo far capire alla gente la verità. Unione popolare è stato l’unico partito che ha posto nel proprio programma la necessità di combattere il neoliberismo, che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri, ma non è riuscito a penetrare nell’immaginario collettivo, che, dopo aver scelto una serie di governi fallimentari si è riversata sull’unico partito di opposizione, per così dire, a occhi chiusi.

Adesso un grande impegno incombe su Unione Popolare: far capire che il PD è un partito di destra; che la cosiddetta sinistra che si è appoggiata al PD non è la vera sinistra; che la vera sinistra è quella che si fonda sul “comunitarismo” della Costituzione, la quale prevede che la “proprietà dominante” è la “proprietà pubblica” del popolo, che è “una proprietà demaniale”, cioè è sottratta al mercato e non subisce le speculazioni di questo, che ci portano alla rovina, e ha come contenuti: “i servizi pubblici essenziali”, le “fonti di energia”, le “situazioni di monopolio”, “il paesaggio”, “il patrimonio artistico e storico”, “la biodiversità”, “gli ecosistemi”, l’ambiente”, ”la salute”, “il lavoro”. Tutti beni essenziali per la vita della Nazione, che sono stati “privatizzati”, sono stati cioè ceduti a privati, soprattutto stranieri, anziché giovare, con i conseguenti lauti guadagni, al Popolo italiano.

Le “privatizzazioni” sono una sorta di “latrocinio politico”, che ha, per così dire, ”rubato” (mi si passi la parola alquanto impropria dal punto di vista giuridico) agli italiani tutte “le fonti di produzione di ricchezza nazionale” per donarle a pochi speculatori, che agiscono a danno della popolazione. Quello che serve è riportare tutto nella proprietà pubblica del Popolo, ma questo non sembra affatto il “programma” della Meloni, la quale appare invece una fervente “neoliberista”, che vede illusoriamente, nel mercato la soluzione di tutti i problemi.

A.V.: Intanto la formazione del nuovo governo, comprensiva dei ministri, sottosegretari e le due massime cariche, i Presidenti di Camera e Senato, sono chiaramente politici di destra estrema, di matrice reazionaria. Allora possiamo dire che il ventennio buio, nelle sue forme rudimentali, è tornato o sta tornando in vigore? O possiamo semplicemente parlare di nuove forme dei caratteri fascistoidi ?

P.M.: Se con la parola “fascismo” indichiamo la “tirannide”, possiamo dire che il fascismo è una costante della storia, alla quale si oppone, l’altra costante costituita dalla democrazia. Quello che è da sottolineare, a mio avviso, è che la tirannide coincide con la sopraffazione e che questa ultima era proprio quella dell’uomo branco, mentre la democrazia e la solidarietà, sulla quale essa si fonda, sono elementi essenziali della civiltà, parola che viene dalla parola latina “civitas”, cioè dallo stare insieme su un territorio da parte di un aggregato umano retto da un ordinamento giuridico che abbia come elementi fondanti la libertà e l’eguaglianza.

A.V.: Può descrivere e spiegare, con dovizia di particolari, in cosa consiste il reato di apologia di fascismo previsto dall’art. 4 della legge Scelba? Quando avviene il reato, quali dovrebbero essere le sanzioni e perché non sono mai state applicate, o raramente?

P.M.: Il reato di apologia del fascismo è descritto mirabilmente nell’articolo 1 della legge Scelba, secondo il quale: “Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”.

Come agevolmente si nota, il divieto di ricostituzione del partito fascista ha un carattere che trascende l’esperienza propria del cosiddetto ventennio per assurgere a un divieto di carattere generale, che ha come esempio il fatto storico del fascismo e come fine la difesa della democrazia. La prima cosa che si vieta è infatti la “violenza” quale metodo della lotta politica (ponendo ovviamente al suo posto la “dialettica”), soggiungendosi subito dopo la “soppressione delle libertà” garantite dalla Costituzione (i “diritti fondamentali”), e la “denigrazione della democrazia, delle sue istituzioni, o dei valori della Resistenza”, per finire con il condannare “lo svolgimento di una propaganda razzista”, compresa la “esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi” propri del partito fascista, o manifestazioni pubbliche di carattere fascista”.

I punti deboli dell’attività e delle pronunce di Fratelli d’Italia e della Meloni, appaiono, alla luce della legge Scelba, la scelta di un uomo solo al comando, la soppressione indiretta di taluni diritti fondamentali, come il citato diritto di partecipazione, la propaganda contro gli immigrati, la tolleranza di fronte a manifestazioni che riecheggiano quelle fasciste. A mio avviso, per superare le difficoltà insite nella necessità processuale di provare le violazioni anzidette, è necessario colpire proprio le inoppugnabili “manifestazioni pubbliche di carattere fascista”, non tanto per i fatto in sé (un ricordo storico), ma per la evidente esaltazione di una volontà di violenza e di sopraffazione istituzionalizzata.

A.V.: La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana che vieta la riorganizzazione del Partito Nazionale Fascista ha lo stesso valore permanente e giuridico di tutte le altre norme trattate nella Costituzione?

P.M.: Certamente. Proprio per il valore di tutela della democrazia che tali norme contengono. Infatti la ricostituzione del partito fascista direi che è impossibile, anche perché si tratta di un partito fortemente legato alle caratteristiche individuali del suo capo, ma è invece possibilissima la costituzione di un partito che contravvenga ai “principi fondamentali” di libertà e di eguaglianza della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

A.V.: Con la prima conferenza stampa della premier il neo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi informa la popolazione che nel decreto del 31 ottobre inserisce le norme, piuttosto severe come la reclusione e multe salatissime contro i raduni illegali, dopo il rave party di Modena. Lei che ne pensa di questo provvedimento? Ѐ un reato aggregarsi, se non si nuoce alla quiete pubblica e non si danneggia il territorio o edifici pubblici, anche dismessi? E cosa recita la Costituzione a proposito del diritto di aggregazione di persone?

P.M.: La disposizione in questione non parla di rave party, ma di raduni in luogo pubblico o privato con più di cinquanta persone. Insomma spara con un cannone contro un povero uccellino. Essa peraltro manca della essenziale descrizione della “condotta” che si vuole punire, e pertanto è da ritenere una disposizione giuridicamente inesistente. Essa sarà certamente riscritta, come del resto è stato annunciato. Resta il fatto inquietante che si tratta di una restrizione del “diritto fondamentale di riunione”, sancito dall’articolo 17 della Costituzione. Si tratta di un articolo ben preciso, secondo il quale: “i cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi”. Non occorre nessun preavviso alle autorità anche se si tratta di un luogo “aperto al pubblico” e il preavviso è richiesto soltanto se la riunione si svolge in “luogo pubblico”.

Insomma, parlare di divieto di raduno per un gruppo di più di cinquanta persone in luogo pubblico o privato appare semplicemente come un attacco contro il diritto fondamentale di riunione. Comunque, poiché i rave party avvengono all’aperto, sta all’autorità di sicurezza stabilire i limiti di spazio e di tempo da osservare. Direi che nulla osta all’emanazione di una legge che regoli questo tipo di riunioni, considerato che talvolta hanno dato luogo a eccessi ai danni dell’incolumità pubblica, della sanità e della sicurezza pubblica. E’ da dire anzi che provvedimenti del genere dovrebbero essere adottati anche per le riunioni nelle discoteche, considerato che moltissimi sono stati gli incidenti mortali, accaduti ai giovani che da tali luoghi uscivano a notte inoltrata. Tutto, comunque, deve avvenire con l’osservanza dei principi della Costituzione, la quale, a norma della disposizione diciottesima, ”deve essere osservata come legge fondamentale della Repubblica”.

A.V.: Tornando all’apologia di fascismo, direi che lo stesso Piantedosi e la Premier che condannano le riunioni giovanili internazionali su territorio italiano e inviano le forze di polizia a manganellare gli studenti nei luoghi del sapere hanno, però, consentito la rituale manifestazione ultra reazionaria e fascista di Predappio? Allora dov’è il rispetto delle leggi in vigore. Non le sembra un paradosso?

P.M.: Senza dubbio questo governo emette pronunce e provvedimenti contraddittori. Sembra chiaro, ad esempio, che la Meloni, dopo aver in un certo senso sconcertato i suoi elettori per la completa ripresa della politica estera di Draghi, soprattutto in riferimento agli Stati Uniti e all’Europa (rectius “agli Stati economicamente più forti dell’Europa”), ha seguito poi una politica alquanto populista, concedendo qualcosa ai no-vax e facendo sue le dichiarazioni di Salvini sul tetto al contante o sulla flat tax.
Quanto al paragone tra la tre giorni del rave party di Modena con la manifestazione di Predappio, è ovvio che si tratta di due avvenimenti completamente diversi, ma non si può negare che la manifestazione di Predappio può indubbiamente essere interpretata come un atto di “esaltazione di esponenti (il massimo esponente) del partito fascista”, di cui alla legge Scelba, ed è ovvio che averla autorizzata costituisce un indice dell’orientamento di fondo degli attuali governanti.

A.V.: Salvini, l’uomo che chiude i porti, torna al Governo. Il peggio lo aveva già dato come ministro dell’Interno. Ora come ministro delle infrastrutture potrà fare anche peggio,considerando la piena sintonia di intenti con l’attuale ministro dell’Interno che sta vietando (al momento) l’approdo di due navi delle Ong con i migranti a bordo. In barba all’art. 2 della Costituzione e alle norme internazionali dei diritti del mare.

P.M.: La politica di Salvini è a mio avviso disgustosa. Che egli, contro i doveri di solidarietà sociale, imposti dall’articolo due della Costituzione, neghi l’approdo a Lampedusa di due navi ONG, cariche di migranti esausti, è moralmente e giuridicamente inaccettabile. Contro questo miserando gesto militano, oltre la nostra Costituzione, le varie Carte sui diritti dell’uomo, nonché il diritto consuetudinario del mare e i relativi Trattati.

A.V.: Il suo parere sul reddito di cittadinanza? Sembra che il nuovo governo abbia tutte le intenzioni di smantellarlo definitivamente o erogarlo esclusivamente agli ultra bisognosi e inabili al lavoro. Dov’è secondo lei il focus del problema? E’ una legge da cancellare, perché radicalmente difettosa o vanno rivisti alcuni basilari norme e aspetti nella modalità di erogazione del reddito?

P.M.: Il reddito di cittadinanza ha salvato dalla povertà assoluta oltre un milione di persone. Certamente la disposizione legislativa è da rivedere, ma non si può affermare, come fa la Meloni, che un reddito di tal genere va dato solo agli inabili al lavoro. Questo sarebbe esatto, come del resto è previsto dall’articolo 38 della Costituzione, se davvero fosse garantito a tutti un posto di lavoro, del quale parlano gli articoli 1, 4, 35 e 36 della Costituzione. Ma l’attuale sistema economico predatorio neoliberista, che la stessa Meloni condivide, non tutela più il lavoro, che illegittimamente è diventato “merce” da costare il meno possibile.
Allora non si può più affermare che un aiuto economico si può dare solo agli inabili al lavoro. Se si vuole risolvere il problema, occorre smetterla con le “privatizzazioni” dei servizi pubblici essenziali e delle fonti di energia, finite in mano private e tolte alla proprietà pubblica del Popolo e occorre fare in modo che le “industrie strategiche” tornino “in mano pubblica o di comunità di lavoratori o di utenti”, come prescrive l’articolo 43 della Costituzione. Ma da questo orecchio sembra che la Meloni non ci senta.

A.V.: Sull’ergastolo ostativo. Lei concorda nel distinguere le due forme di ergastolo, comune e ostativo, per l’eventuale concessione di benefici o riduzione della pena che, in caso di ostativo, verrebbe concessa esclusivamente al pentito che decida di collaborare con la giustizia?

P.M.: L’ergastolo ostativo fu invocato da Falcone e Borsellino ed io sono con loro. Dare un beneficio agli ergastolani comuni è già una elargizione che viene pagata dalla Collettività con l’aumento dei pericoli contro l’incolumità pubblica che tale elargizione comporta. Ritenere, come purtroppo ha fatto la Corte costituzionale, che la concessione dei benefici agli ergastolani comuni e non agli ergastolani per delitti di mafia configuri una diversità di trattamento non è condivisibile. Se si tiene presente che il beneficio ha il carattere di un dono a spese di tutti i cittadini, non è affatto configurabile il sorgere di un diritto anche da parte di un’altra categoria di ergastolani, quella di coloro che si sono macchiati di reati ben più gravi, come quelli di mafia.

D’altro canto, se si parla di diritti, occorre sottolineare che esiste anche un diritto di tutti alla libertà e alla sicurezza pubblica, un diritto che viene, come si è accennato, in una certa parte compresso, se si danno benefici a persone che hanno dimostrato di non essere affatto affidabili. Per questo, a mio avviso, è perfettamente legittimo dar luogo alla concessione di benefici nel caso di ergastolo ostativo, soltanto se il condannato dà piena prova di pentimento e paga il suo riscatto collaborando con la giustizia. Se perdiamo di vista, come spesso avviene, l’interesse generale, perdiamo anche il bandolo della matassa. Infondo quello che è venuto meno nella mente dei giuristi è il fatto che il nostro Stato è uno Stato comunità, è la Repubblica, è il Popolo sovrano, e si continua a pensare allo Stato come una astratta “Persona giuridica”, la quale è indifferente agli oltraggi e può generosamente elargire i suoi doni.

A.V.: La premier ha citato più volte, durante la campagna elettorale, l’instabilità politica italiana, a causa dei vari governi che si sono alternati negli ultimi anni e propone una forma di governo presidenziale alla francese che ‘garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare’. Lei che ne pensa di una forma di presidenzialismo alla francese nell’impianto dello Stato?

P.M.: Il “presidenzialismo” contrasta in pieno con i “principi fondamentali” della Costituzione, la quale, tenendo presente le caratteristiche proprie del Popolo italiano, ha istituito un “governo parlamentare”, in modo che le decisioni più importanti per la vita del Paese siano prese da un ampio consesso di rappresentanti del Popolo. La proposta di trasformare questa forma di governo in una forma presidenzialista, significa porre sui due piatti della bilancia due valori non paragonabili tra loro: la rappresentanza democratica e la governabilità.

E’ chiaro che un uomo solo al comando può governare senza tanti ostacoli, ma è altrettanto vero che un uomo solo può anche, e molto più facilmente, sbagliare. Un uomo solo al comando lo abbiamo avuto e bisogna dire che egli, pur avendo realizzato cose buone, peraltro pagate dal Popolo con enormi limitazioni di libertà, libertà di espressione, di riunione, di associazione, ecc., ne ha compiuta una irreparabilmente disastrosa: l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale a fianco della Germania. E si tenga presente che la repressione dei diritti fondamentali di libertà è un danno enorme per il Paese, poiché soltanto con la libertà ciascun individuo, che si senta parte del tutto, può dare a tutti il meglio di se stesso e in tal modo “concorrere al progresso materiale e spirituale della società”, come prescrive l’articolo 4, comma 2, della Costituzione.

A.V.: Sui Beni pubblici dismessi e tolti al patrimonio pubblico e sull’autonomia differenziata che sta per essere attuata, sembra, ai danni delle regioni orfane di strutture pubbliche, come quelle del Sud, là dove lo Stato non arriva mai a sostenerle. Qual è il suo pensiero e come si ferma questa ingiustizia sociale? E come riappropriarsi del patrimonio pubblico di cui il popolo è sovrano?

P.M.: L’autonomia differenziata è lo strale peggiore che poteva essere lanciata contro l’Unità dell’Italia. E contro questo madornale errore, dovuto alla riforma del Titolo quinto della Costituzione, è da porre in evidenza, cosa che raramente viene fatta, che, in Costituzione, ci sono due tipi di norme: quelle immodificabili con revisione costituzionale, che sono i”principi fondamentali” e i “diritti fondamentali”, contenuti nella prima parte, e le altre norme che attengono all’ “Ordinamento della Repubblica”, che sono soggette alla revisione costituzionale.

Orbene la norma sull’autonomia differenziata attiene all’ordinamento della Repubblica e non può essere in contrasto con i “principi fondamentali”, tra i quali c’è la disposizione di cui all’articolo 5 Cost., in base al quale “La Repubblica è una e indivisibile”, ragion per cui, non solo l’autonomia differenziata, ma tutto il Titolo Quinto della Parte Seconda della Costituzione è costituzionalmente illegittimo, poiché arriva all’assurdo, che si legge al quarto comma dell’articolo 117 Cost., di sancire che “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento a ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”.
Insomma, tutti poteri, tranne quei pochi espressamente previsti, sono delle Regioni. L’Unità d’Italia ha così subito un colpo pesantissimo e distruttivo. Si prevede peraltro un ulteriore, per così dire, spappolamento dell’unità giuridica e economica, con l’attuazione di dette autonomie differenziate. E’ difficilissimo, direi impossibile, far dichiarare oggi l’illegittimità costituzionale dell’intero Titolo Quinto, ma, per le autonomie differenziate il discorso è diverso ed è pertanto doveroso far valere l’impossibilità di violare ulteriormente il principio fondamentale dell’Unità della Repubblica, già tanto pesantemente indebolita.

Quanto alla riappropriazione del patrimonio pubblico “privatizzato” e “svenduto” a speculatori italiani e stranieri, direi che si deve far innanzitutto capire, come sopra ho accennato, qual è il “demanio costituzionale” in proprietà pubblica demaniale del Popolo (in proposito rinvio a due miei recenti articoli dal titolo “Il demanio costituzionale” e “L’illegittimità delle concessioni balneari e di taxi”, apparsi sulla Rivista, anche on line, AmbienteDiritto, fascicolo, rispettivamente, 1 e 3, del 2022) . Un patrimonio che può definirsi attraverso una interpretazione ermeneutica fondata sui principi fondamentali e sui diritti fondamentali.

Di esso ho dato una sommaria indicazione rispondendo alla domanda n. 3, ed è chiaro che comprende quei beni indispensabili per la identificazione e la sopravvivenza dello Stato comunità, come il paesaggio, il patrimonio artistico e storico, il lavoro, l’ambiente, ecc. In questa sede mi sembra opportuno ricordare che la tutela di questi beni, che sono in “proprietà pubblica” del Popolo, spetta al Popolo. E cioè ai cittadini, singoli o associati (art. 118, comma 4, Cost.), i quali agiscono come parte del tutto (art. 2 Cost.), esercitando il diritto di “partecipazione” (art. 3, comma 2, Cost.).

A.V.: Sommo alcune domande. La meritocrazia prenderà il sopravvento sul merito, citato come definizione del Ministero dell’Istruzione? E delle leggi che regolano i diritti civili,fra cui le leggi a tutela delle persone LGBQT e dei diritti delle donne nella società, come lavoratrici, madri, persone?

P.M.: Ritengo che il “merito” vada premiato, ma nello stesso tempo, sono certo che è da evitare la “concorrenza” per essere il primo. La Scuola deve insegnare soprattutto l’umiltà e deve far capire agli studenti che i risultati scientifici si ottengono con l’organizzazione e la collaborazione tra gli studiosi. Quanto alla domanda sui cosiddetti “diritti civili”, ritengo che essi siano quelli indicati nella Parte Prima della Costituzione: “I rapporti civili” (Titolo I); “I rapporti etico sociali” (Titolo II); “I rapporti economici” (Titolo III). Al riguardo sento il dovere di richiamare l’attenzione su certi diritti che vengono chiamati civili, ma sono soltanto l’effetto di una civiltà che è regredita sul piano del progresso materiale e spirituale. Mi sembra importante ribadire soltanto che: “tutti gli uomini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso (e aggiungerei di genere), di razza, di lingua, di religione,di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Come si legge all’articolo 3, comma 1, della Costituzione.

A.V.: Professore, concludo con la domanda che non posso non rivolgerle, essendo fondamentale, sulla guerra fra Russia e Ucraina. Conflitto che sembra interminabile. Lei quale posizione ha rispetto all’invasione di un Paese sovrano da parte del Presidente Putin e cosa ne pensa della continua richiesta di armi di Zelensky, della posizione di Biden, rispetto la guerra e di quella dei governanti del nostro Paese, più che mai filo atlantista e filo Nato. Secondo lei c’è la volontà di una de- escalation?

P.M.: La guerra è una grandissima idiozia. E’ assurdo che ci preoccupiamo della sanità, degli ospedali, dei farmaci, e poi mandiamo a morire migliaia e migliaia di giovani, come sta avvenendo in Ucraina e in altre 59 parti del mondo. La nostra guida è nella Costituzione, la quale, all’articolo 11, afferma che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, cioè in ogni caso. Qualche causidico ha voluto parlare della guerra come “diritto di difesa”, che questo articolo permetterebbe.

Ma una interpretazione scevra da preconcetti non consente affatto questa interpretazione. Dobbiamo stare a quanto è scritto e “ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus”. L’interpretazione letterale e logica di questa disposizione, specie se convalidata da una interpretazione “ermeneutica” (come ha insegnato Emilio Betti), cioè da una interpretazione che discenda dal modello costituzionale e in ultima analisi dai “principi fondamentali”, non può assolutamente far pensare a una guerra fondata sul diritto di difesa. La parola usata “ripudia” dice tutto e non ammette illazioni. E’ da aggiungere poi che al giorno d’oggi, dopo la sciagurata invenzione della bomba atomica, la guerra è praticamente inutile. Dichiarare la guerra vuol dire abbandonare il diritto e misurarsi sul piano della forza, di ”tutta la forza” di cui si dispone, quindi utilizzando anche armi nucleari.

Allora che senso ha parlare ancora di diritto di difesa? Questo diritto è previsto per le controversie tra singoli individui ed è sottoposto al limite della “proporzionalità” della difesa rispetto all’offesa. Dove è la “proporzione” in una guerra atomica che consiste in un olocausto universale? Logicamente, se ancora può parlarsi di logica, deve dirsi che la guerra, nell’età odierna, non ha nessun senso pratico, poiché ha perso la possibilità di distinguere un vinto e un vincitore, visto che la distruzione è totale e investe entrambi i soggetti. Non resta che il dialogo e la cooperazione della Comunità internazionale al buon esito del dialogo.

La manifestazione per la pace del 5 novembre ha fatto pensare che questa idea si sta radicando tra la gente. Dobbiamo rafforzarla, e a tal fine è indispensabile cominciare a destabilizzare il vigente sistema economico predatorio neoliberista, che è alla radice della guerra. La ricchezza della Terra, che stupidamente stiamo distruggendo, arrivando al limite del collasso degli ecosistemi, come avvertono gli scienziati, deve essere distribuita equamente tra i popoli e i singoli, come affermava il Keynes, e dobbiamo evitare che si allarghi ancora la forbice tra i pochi ricchi e i molti poveri. A fondamento di tutto c’è l’eguaglianza che è l’essenza della nostra Costituzione vigente. Indispensabile è attuarla.

Paolo Maddalena Giudice della Corte Costituzionale -2002/2011
Vicepresidente della Corte Costituzionale -2010/2011

Opere:
Gli incrementi fluviali nella visione giurisprudenziale classica, Napoli, Iovene, 1970.
Responsabilità amministrativa, danno pubblico e tutela dell’ambiente, Rimini, Maggioli, 1985.
Danno pubblico ambientale, Rimini, Maggioli, 1990. ISBN 88-387-9003-5.
L’ambiente valore costituzionale nell’ordinamento comunitario, in Il processo costituente in Europa. Dalla moneta unica alla cittadinanza europea, a cura di Marco Mascia e Antonio Papisca, Bari, Cacucci, 2000. ISBN 88-8422-009-2.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di tutela ambientale, in Energie rinnovabili e compatibilità ambientale, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2009. ISBN 978-88-387-5285-8.
Quello che si deve sapere della Costituzione della Repubblica italiana, Napoli, Iovene, 2010. ISBN 978-88-243-1922-5.
Il diritto dell’ambiente. Una riflessione giuridica sulla difesa ecologica del pianeta, Napoli, La scuola di Pitagora, 2012. ISBN 978-88-6542-103-1.
Dialogo sulla Costituzione. Dibattito con Paolo Maddalena, a cura di Gianluigi Ceruti, Pisa, ETS, 2013. ISBN 978-88-467-3553-9.
Il territorio bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico, Roma, Donzelli, 2014. ISBN 978-88-6843-054-2.
Gli inganni della finanza. Come svelarli, come difendersene, Roma, Donzelli, 2016. ISBN 978-88-6843-476-2.
Il diritto all’ambiente. Per un’ecologia politica del diritto, con Franco Tassi, Napoli, La scuola di Pitagora, 2019. ISBN 978-88-6542-589-3.
La rivoluzione costituzionale. Alla riconquista della proprietà pubblica, Santarcangelo di Romagna, Diarkos, 2020. ISBN 978-88-361-606

Intervista di Alba Vastano

Collaboratrice del mensile Lavoro e Salute

da www.blog-lavoroesalute.org


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