
Pomigliano non si piega!
Pubblicato il 4 feb 2013
Ci sono atti di rottura che pesano come macigni nel corso di una storia come quella, emblematica, di Pomigliano. Ai lavoratori reintegrati da sentenza della Corte d’Appello di Roma viene riconosciuta la retribuzione ma non una mansione da dover svolgere. E il tutto viene comunicato a voce, poco prima la timbratura del cartellino. Negli stessi giorni in cui Marchionne rassicura tutti sul futuro, la Fiat dice che non c’è collocazione per 19 operai in un suo stabilimento. Dovrebbe allora spiegare come può rassicurare, quindi, sulle migliaia di esuberi che ha dichiarato se non riesce a collocare neanche i reintegrati di Pomigliano. Oppure dovrebbe dire la verità: si tratta di un’operazione d’intimidazione e un tentativo di umiliazione nei confronti degli operai che va nello spirito seguito da Marchionne in tutti questi lunghi mesi. Ed è bene allora non dimenticare nessuno dei passaggi. Era stato chiesto ai dipendenti di partecipare ad una grande decisione strategica sul proprio futuro: avrete investimenti, avrete lavoro, avrete sviluppo, a condizione che decidiate da che parte stare. Si scrive referendum, si legge ricatto. Un concetto ripreso ed ampliato da Monti, quando lasciando intravedere la crescita e l’equità in un domani sempre più indefinito aveva posto sull’altro piatto della bilancia la contro riforma delle pensioni e del lavoro e l’introduzione di nuove tasse a chi già da sempre le paga, aggiungendo un sommesso “ce lo chiede l’Europa”. In entrambi i casi, ricordando appunto tutti i passaggi, quelli che si sono trovati a dover subire le imposizioni non sono né i poteri forti nè i privilegiati: sono quelli che si alzano alla mattina all’alba, o lavorano la notte, quelli che vivono del loro lavoro spesso per un salario di poche centinaia di euro al mese. Sono i giovani disoccupati che non hanno un futuro, se non di precarietà. Sono quelli che sanno che con la loro pensione non devono soltanto vivere dignitosamente la propria vita, ma riuscire anche a sostenere quella di figli e nipoti che non possono uscire dallo stato di famiglia come vorrebbero. E sono anche quelli che pur avendo sempre pagato le tasse si vedono aumentare gli oneri fiscali, mentre altri continuano ad accumulare magari all’estero vere e proprie fortune, ed anche quelli che hanno visto il potere d’acquisto della propria busta paga immobile di fronte al costo della vita che velocemente galoppava accanto.
E allora è un caso che la campagna elettorale di Monti si è aperta assieme a Marchionne? No. Dobbiamo semplicemente chiamare tutto questo con il suo nome: è un progetto politico comune che punta ad eliminare il conflitto sociale e a non fare pagare la crisi a chi l’ha generata. Ecco perchè il passaggio odierno di Pomigliano è un ulteriore e significativo tassello di questa lotta, che altro non è che lotta di classe. Noi siamo con chi ritiene che i diritti non siano negoziabili e che la dignità del lavoro sia più forte di qualsiasi tentativo di umiliazione. Siamo con Antonio Di Luca e gli altri 18 operai della Fiom e con Rivoluzione Civile riporteremo il lavoro al centro delle priorità della prossima legislatura.
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