
Molfetta, la lunga marcia del sindaco Natalicchio
Pubblicato il 12 giu 2013
di Fabio Luppino -
In politica si può vincere o perdere in tanti modi. Ma quando si vince partendo da lontano, avendo delle convinzioni antiche, pulite, la voglia di cambiare il mondo da sempre, davvero, non avendo avuto nella vita in regalo nulla se non gli affetti, combattendo sempre, tenendo il punto sempre, soprattutto stando dalla parte di chi soffre sempre, ma non alla maniera del medico pietoso, no, partendo da loro per rovesciare le carte sul tavolo, quando si vince così è una festa. E’ una festa per la politica, indubbiamente. E’ una festa per la sinistra, perché soltanto chi sta a sinistra autenticamente si batte contro le ingiustizie. E’ una festa per chi riesce e per chi ci ha sempre creduto, con coriacea pazienza, con volontà, con le idee.
E’ il caso di Paola Natalicchio, 34 anni, sindaco di Molfetta da ieri. Ha vinto quando sembrava impossibile, con numeri che avrebbero scoraggiato chiunque dopo il primo turno, ma non lei. Tutto il centrosinistra si è messo dietro Paola Natalicchio. Ma i partiti, in questo come in altri casi tra i successi di domenica e lunedì, vengono dopo. L’elettore ti segue quando chi parla esprime convinzione in quello che dice, è credibile, è creduto. I Bersani e dintorni non ci hanno ancora riflettuto abbastanza, stanno ancora al rancore.
Paola Natalicchio è una giovane del Sud forte, moderna, che si rimbocca le maniche quando la vita ti lascia segni profondi e riparte. Paola Natalicchio è una giornalista, in gamba, senza paura sia quando deve trovare il filo di un omicidio, sia quando deve raccontare senza infingimenti il prima, il durante e il dopo del dramma che si è consumato a Taranto con l’Ilva. Questo e tante altre cose ancora. Io sono stato il suo capo. Sono stato il capo di centinaia di giornalisti oggi in giro per diverse redazioni. Con lei ho condiviso l’affascinante e terribile esperienza di Pubblico, un giornale fatto da giornalisti di prim’ordine, soli. Abbiamo scavato dove c’era da scavare, abbiamo cercato dove c’era da cercare. Abbiamo raccontato attraverso Paola Natalicchio la bellezza di chi ce l’ha fatta, ma anche le difficoltà crescenti di un mondo del lavoro che ha lasciato lividi sui giovani e cicatrici sui vecchi. Dentro le ingiustizie ci puoi stare se sai guardarle in faccia, senza i guanti del chirurgo. Questa la grandissima dote di Paola, che prima, e lì c’ero anche io, ha lavorato all’Unità, quando il giornale era guidato da Concita De Gregorio, un giornale allora che ha cercato di divellere le incrostazioni malsane della politica a sinistra, ma che non ce l’ha fatta.
Non si vince con l’apparato, si vince con le persone che rischiano in proprio, che ci mettono la faccia. Che, soprattutto, hanno spina dorsale, voglia di andare fino in fondo. Ai giovani si dice fate, cercate, se avete talento… Sì ma le porte spesso sono chiuse o vengono sbattute in faccia. Paola si è sempre rialzata e non avrebbe vinto a Molfetta, in trionfo, se non avesse avuto qualità morali sopra la media. Che ce l’hai, ma che la vita ti costringe a rafforzare, gioco forza. Prima di combattere per la politica, Paola ha combattuto per la vita di suo figlio, Angelo, due anni. Quella battaglia, vinta, è diventata un libro, “Il regno di Op, Storie incredibili dei bambini invincibili di oncologia pediatrica” (edizioni La Meridiana). Il sindaco Paola Natalicchio ha dentro di sé una forza che viene da lontano. I cittadini se ne accorgeranno.
da Globalist.it
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