Cinque note sul sud

1) Le stesse problematiche caratteristiche che ci consegna il nord dell’Italia vivono certamente anche al sud, ma con l’aggravante che qui si intrecciano con una specifica e corposa “questione meridionale”, una questione che narra ancora, qua e la, di vecchie arretratezze e di insufficienze nello sviluppo economico e sociale, ma che si presenta soprattutto in forme nuove, con caratteristiche pienamente interne all’attuale ciclo del capitalismo.
IL punto decisivo risiede nel modo stesso di funzionamento dell’economia contemporanea, che tende ad essere compiutamente duale, anche nei paesi avanzati , con la creazione di aree forti (segnate comunque da una rigida compressione del lavoro), e il parallelo determinatasi da aree deboli , destinate al declino o addirittura al degrado e alla marcescenza sociale .
L’affanno del sud si spiega , oggi, anzitutto con il modello sociale costruito dalla fase più matura del capitalismo , modello che si è rafforzato ulteriormente nello stesso ciclo della crisi economica . Viene incessantemente riprodotta in altri termini, una società atomizzata , con poca capacità di interazione sul piano delle culture e delle dinamiche collettive, unificata esclusivamente dalle regole del mercato. Ciò si traduce, nel nostro sud, in un moltiplicarsi abnorme della disgregazione economica e sociale, proprio perché la spinta generale alla frammentazione trova un terreno già fertile, preparato da una storia antica di squilibri e disarmonie. Il sud che frana , che si piega sotto il peso della criminalità organizzata , dei disastri ambientali e della precarietà assoluta dell’esistenza , è un’immagine chiarissima della moderna barbarie dei nostri tempi.
2) Questo sud così difficile e lacerato può rappresentare tuttavia , anche un terreno di sperimentazione straordinaria ,che metta in questione proprio le caratteristiche di fondo del capitalismo contemporaneo. Non si tratta di ragionare dallo schema ormai anacronistico , del binomio arretratezza/ sviluppo. Non c’è un deficit di modernità al sud; esso è segnato invece dalla modernità nel suo versante della svalorizzazione sociale della ricchezza, la qual cosa è appunto l’altra faccia della valorizzazione produttiva. Si tratta di un’attività questa della svalorizzazione, anch’essa compiutamente moderna ,poiché di tale natura è il capitalismo del nostro tempo: è produzione di ricchezza che non si traduce in civiltà, ed è costruzione di civiltà che non si traduce in futuro. Il sud esemplifica con chiarezza, nella sua connessione con il nord dell’ Italia , proprio questa dinamica costitutiva dell’attuale stadio capitalistico di produzione e riproduzione. Il rapporto di capitale ha bisogno di generare ricchezza , e al tempo stesso di superarla continuamente, poiché la svalorizzazione sociale della ricchezza ricostruisce le condizioni indispensabili dello stesso slancio produttivo. Ha dunque bisogno dei tempi e dei luoghi che producono in modo sofisticato prodotti sofisticati; ma ha anche bisogno dei modi e dei luoghi che riequilibrano in basso quegli stessi prodotti e che, più in generale , mantengono l’insieme dei prodotti e della produzione ad un livello meno ricco di saperi, in uno con modalità produttive rinchiuse nell’alveo della flessibilità spinta e della compressione più brutale del valore- lavoro. Sono i luoghi a basso tasso di opportunità, che esaltano a dismisura la precarietà del lavoro proprio come parte di una più complessiva precarietà dell’esistenza. Così ci sono aree del nostro paese che, per storia o per tradizione, hanno una moderna vocazione per la produzione complessa e d’avanguardia, e simmetricamente ci sono luoghi che, per storia, per tradizione, per fisionomia geografica o urbanistica , possiedono una altrettanto moderna vocazione alle dinamiche della svalorizzazione , del degrado e della precarietà.
3) C’è una precisa lettura del capitalismo contemporaneo dietro questo giudizio sul mezzogiorno ; e cioè che il capitalismo contemporaneo si articola , anche qui in Italia , come una compiuta e generalizzata realtà sociale: nel senso che l’attività di produzione viene sempre più compresa entro le più complessive strutture di tenuta e riproduzione della vita materiale, sicchè la nostra epoca si caratterizza molto più che in passato, per la connessione strettissima tra loro di tutte le relazioni e tutte le attività umane. Alla mobilitazione produttiva concorrono non soltanto tutte le energie e le potenzialità interne al perimetro delle fabbriche degli uffici , ma anche i sistemi integrati delle infrastrutture, della logistica, della distribuzione , della comunicazione , della formazione, dell’assistenza; analogamente , la cooperazione produttiva non si racchiude nel solo tempo di lavoro, ma deborda continuamente nei tempi di vita e nelle vicende specifiche delle singole persone. Questa nuova dimensione cooperativa della produzione determina una irreversibile novità storica: la società modellata dalle dinamiche economiche, che condiziona a sua volta l’economia, ne descrive i limiti e le possibilità e dà ad essa prospettiva o declino. Orbene, proprio perché è intervenuta anche sul piano dell’economia questa nuova assoluta centralità degli assetti sociali, nessuna ricetta esclusivamente economica può affrontare davvero una questione meridionale diventata oggi così complessa, e una realtà sociale così lacerata e lacerante, così piena di contraddizioni . Siamo nell’epoca in cui un reale ed armonico avanzamento economico riesce solo se si colloca entro l’alveo di una società attraversata da relazioni positive al proprio interno , che costruisce e conserva elementi di civiltà finanche sul piano di più minuti legami interpersonali.
4) Ma se società ed economia interagiscono molto di più che in passato, ed in modo diverso perché c’è addirittura una preminenza della qualità della società sulla qualità dell’economia, non si può procedere a proposito del sud all’identica maniera degli ultimi decenni. Per dirla in breve, è da rivendicare senz’altro una ripresa della politica industriale nel nostro mezzogiorno ,guidata dallo stato ;e, di contro va bollata come riduttiva una prospettiva che assegni alle regioni meridionali un ruolo di pura piattaforma logistica così come hanno chiesto in questi anni l’Europa , esponenti di spicco della politica nazionale , il presidente della regione Campania. Ma, poste così, nessuna delle due opzioni sarebbe davvero risolutiva . Occorre una riqualificazione sociale degli investimenti , una loro aperta finalizzazione in direzione del modello di società. Diventano stringenti , in sostanza non solo le questioni “ del dove produrre”, ma esattamente le tematiche più ampie ed ultimative del “ cosa produrre, del come produrre , del quanto produrre. Si tratta di intervenire contemporaneamente su tutti i punti del vivere sociale, sugli spazi della produzione e del lavoro non meno che su quelli del vivere e delle relazioni interpersonali. E soprattutto di intervenire avendo in testa, ancor prima di un modello di economia, proprio un modello di società e di qualità della vita. E’ questo il nodo di fondo: la sfida del sud , si pone oggi esattamente come linea di confine dell’alternativa di sistema. Il ragionamento va fatto fin da subito, oltre che dal versante dell’economia, anche da quello della cultura e della politica.E’ proprio in questo Sud disarmonico , che ha pienamente senso proporre le acquisizioni sulle quali le esperienze più avanzate di conflitto sociale hanno insistito negli ultimi anni, dai processi di sviluppo de-mercificato alla critica al consumismo , dalla difesa dei beni comuni all’apertura comunicativa. E’ proprio in questo sud difficile, che vede le concentrazioni urbane caotiche ed invivibili e al tempo stesso la dorsale appenninica in fase di progressivo spopolamento, che ha senso proporre il ciclo breve di produzione e consumo, oppure l’energia pulita, o anche il recupero ambientale come riqualificazione non solo dell’economia ma dell’intero vivere sociale. In sostanza la questione meridionale non può essere affrontata con la pura logica del trasferimento di risorse. Piuttosto che sulle quantità , bisognerebbe ragionare esattamente sulle caratteristiche qualitative degli investimenti.
5) In tale quadro c’è un punto che merita particolare attenzione: non si potrà avviare alcuna trasformazione effettiva del sud se non si bonificala palude delle connivenze e dell’acquiescenza alle mafie. Va perciò sostenuto in tutti i modi l’intervento di contrasto attivo alla criminalità organizzata che avvelena, in senso anche letterale troppe aree del mezzogiorno. Al tempo stesso bisogna evitare la regressione securitaria dei nostri ordinamenti e delle nostre pratiche di vita. La legalità e il rispetto delle regole non si impongono con gli stati d’assedio, ma moltiplicando i presidi di civiltà sui territori. Le scuole ,le strutture sanitarie , il reticolo funzionante dei trasporti , l’associazionismo, il volontariato .sono tutti punti che fanno barriera contro la criminalità organizzata e contro l’illegalità diffusa, allo stesso modo e a volte anche di più delle caserme dei carabinieri, dei commissariati di polizia e dei tribunali . Si vogliono più sicure le regioni meridionali? Allora la prima risposta è il lavoro; la seconda i servizi sociali. C’è bisogno inoltre di una moralizzazione profonda delle istituzioni e della pubblica amministrazione, che riguarda non solo lo strato dei politici, ma anche lo strato dei funzionari; non soltanto regole più chiare di funzionamento , ma un vero e proprio codice etico che presieda alla vita normale delle pubbliche amministrazioni. La questione morale, ovvero la consapevolezza piena dello strato di degrado in cui versa la vita amministrativa del sud, che langue quasi ovunque tra arroganza, sprechi, incompetenze, clientele, commistioni affaristiche e contiguità col malaffare; dovrebbe attraversare come un lievito decisivo tutte le istanze di progresso, le rivendicazioni dei movimenti , le stesse vertenze specifiche.
Insomma se è vero che siamo oggi alla “grande crisi del Sud” occorre sapere che se ne potrà uscire non con piccoli aggiustamenti, ma solamente con un surplus di radicalità.

Contributo delle compagne e dei compagni della Regione Campania

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