Rapporto Ilo: meno lavoro, più disuguaglianza

Rapporto Ilo: meno lavoro, più disuguaglianza

di rassegna.it -
I paesi avanzati non sono riusciti finora a trasformare i profitti in investimenti, il che ritarda la ripresa dell’occupazione. E’ quanto emerge dal Rapporto dell’Ilo (l’Organizzazione mondiale del lavoro) sul mondo del lavoro 2013, che dimostra come nel 2012 le economie avanzate hanno contribuito, per quanto riguarda gli investimenti globali, per poco piu’ di un terzo, rispetto al 60% nel 2000. Allo stesso tempo, in questi paesi, la creazione di posti di lavoro rimane debole, e l’occupazione non ha finora raggiunto i livelli pre-crisi.

Mentre l’economia globale si riprende lentamente dalla crisi finanziaria, nella maggior parte dei paesi emergenti e in via di sviluppo si registra un aumento dell’occupazione e una riduzione delle disuguaglianze, contrariamente a quanto sta accadendo nei paesi ad alto reddito. Tuttavia, nella maggioranza dei paesi a reddito medio-basso la differenza tra ricchi e poveri è ampia. Molte famiglie che sono riuscite a superare la soglia di povertà, ora rischiano di ripiombare nella miseria assoluta.

Al contrario, negli ultimi due anni le disuguaglianze di reddito nelle economie avanzate sono cresciute, in un contesto di aumento della disoccupazione mondiale, di cui si prevede una crescita dagli attuali 200 milioni a circa 208 milioni entro il 2015. Secondo il «Rapporto sul mondo del lavoro 2013. Ristabilire il tessuto economico e sociale», le disuguaglianze di reddito hanno registrato un aumento tra il 2010 e il 2011 in 14 dei 26 paesi avanzati presi in esame, tra cui Francia, Danimarca, Spagna e Stati Uniti. I livelli di diseguaglianza in 7 dei 12 paesi rimanenti, erano anche più elevati di quanto fossero all’inizio della crisi.

Anche le diseguaglianze economiche sono in aumento poiché le piccole aziende registrano un ritardo rispetto a quelle più grandi dal punto di vista del profitto e degli investimenti produttivi. Mentre la maggior parte delle grandi imprese ha nuovamente accesso ai mercati finanziari, le imprese start-up e quelle più piccole sono colpite in maniera sproporzionata dalle condizioni di credito bancario. Questo costituisce un problema per la ripresa dell’occupazione e pregiudica le prospettive economiche di lungo termine.

«I dati indicano una evoluzione positiva in numerose regioni del mondo in via di sviluppo, ma dipingono un quadro inquietante in molti paesi ad alto reddito, nonostante la ripresa economica. In alcuni paesi europei, in particolare, la situazione comincia a mettere a dura prova il tessuto economico e sociale. Abbiamo bisogno di un ripresa globale incentrata sull’occupazione e sull’investimento produttivo, combinati ad una migliore protezione sociale per i più poveri e i più vulnerabili. Dobbiamo prestare la massima attenzione alla riduzione di queste disparità che vanno peggiorando in molte regioni del mondo», ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder.

Il declino della classe media
Il rapporto mostra che, in molte economie avanzate, la classe media è sempre meno numerosa, un fenomeno dovuto, in parte, all’occupazione di lunga durata, al deterioramento della qualità del lavoro e all’uscita dei lavoratori dal mercato del lavoro. Al contrario, secondo il rapporto, in molti di questi paesi il salario degli amministratori delegati è tornato ad aumentare, dopo un breve rallentamento all’inizio della crisi mondiale.

In Spagna, la classe media è diminuita dal 50% nel 2007 al 46% nel 2010. Negli Stati Uniti, il 7% più ricco della popolazione ha registrato un incremento del reddito netto medio dal 56% nel 2009 al 63% nel 2011. Il rimanente 93% degli Americani ha registrato una diminuzione del reddito netto.

Nelle economie in via di sviluppo e in quelle emergenti, la classe media è aumentata da 263 milioni nel 1999 a 694 milioni nel 2010. È un aumento significativo per un numero crescente di paesi latino americani e asiatici, aumento che è stato registrato recentemente anche in alcuni paesi africani e arabi. Tuttavia, il gruppo definito «fluttuante» e vulnerabile — coloro appena al disopra del livello di povertà — è aumentato da 1.117 milioni nel 1999 a 1.925 milioni nel 2010, soprattutto nelle economie a reddito basso e medio-basso. Questo gruppo vulnerabile è quasi tre volte più grande del gruppo appartenente alla classe media.

«Nei paesi in via di sviluppo, la sfida più importante è quella di consolidare i progressi recenti nel campo della riduzione della povertà e delle disuguaglianze», afferma afferma Raymond Torres, direttore dell’Istituto internazionale di studi sociali, l’istituto di ricerca dell’Ilo. Il rapporto evidenzia come investimenti produttivi, salari minimi e protezione sociale sono stati di aiuto in paesi come Brasile, Costa Rica, India, Indonesia, Turchia e Vietnam.

Italia: mancano all’appello 1,7 milioni di posti
Dopo il periodo 2011 ed inizio 2012 in cui i livelli di occupazione sono rimasti stabili, nella seconda metà del 2012 la perdita di posti di lavoro ha segnato una accelerazione: sono stati persi quasi 100.000 posti nei due ultimi trimestri. Nel quarto trimestre del 2012, gli occupati erano diminuiti di oltre 48.000 rispetto al trimestre precedente. Inoltre, a partire dal secondo trimestre del 2008, l’economia italiana ha perso circa 600.000 posti di lavoro. Siccome, nello stesso periodo, la popolazione in età lavorativa è aumentata di circa 1,1 milioni, servono all’Italia circa 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro per riportare il tasso di occupazione ai livelli pre-crisi.

Il tasso di disoccupazione è aumentato regolarmente a partire dall’inizio della crisi. Dal 6,1% nel 2007, il tasso di disoccupazione è aumentato quasi ininterrottamente per raggiungere l’11,2% nel quarto trimestre 2012. In Italia, la sfida della ricerca di un posto di lavoro è stata particolarmente difficile per i giovani tra 15 e 24 anni: il tasso di disoccupazione di questa fascia di età è salito di 15 punti percentuali ed ha raggiunto il 35,2% nel quarto semestre 2012. L’occupazione precaria (contratti involontari a tempo determinato o part-time) si è diffusa largamente. A partire dal 2007, il numero dei lavoratori precari è aumentato di 5,7 punti percentuali ed ha raggiunto 32% degli occupati nel 2012 (fig. 1). La percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari è probabilmente aumentata a seguito della riforma Fornero, si legge nel rapporto dell’Ilo.

Con la stagnazione salariale, le famiglie sono diventate più povere. Dal 2007 al 2012, il consumo finale è diminuito del 4,5%. Insieme alla diminuzione dell’investimento aggregato, ciò ha contribuito al deterioramento della domanda interna che è diminuita del 11,8% dal 2007. Le proiezioni di Eurostat suggeriscono che questa tendenza dovrebbe continuare nel 2014. Nell’immediato futuro, la sfida sarà di sostenere occupazione e redditi, gettando le basi per una crescita di lungo termine attraverso l’investimento produttivo.

Secondo l’Ilo, l’Italia potrebbe concentrarsi meno sul risanamento fiscale e sulla riduzione dei costi unitari della manodopera per porre l’accento su misure a sostegno dell’investimento e dell’innovazione:

Stimolare l’investimento nell’economia reale: Rafforzare il mandato del Fondo Italiano d’Investimento, sotto controllo pubblico, potrebbe portare vantaggi apprezzabili. Il Fondo potrebbe aiutare ad identificare piani aziendali promettenti e ad ottenere il sostegno finanziario delle banche, degli investitori privati e pubblici e dei capitali di rischio, garantendo una parte del rischio. Inoltre, il governo potrebbe pensare di applicare sgravi fiscali sugli investimenti produttivi, come l’ammortamento accelerato che abbassa i costi per le imprese che acquistano nuove attrezzature; e di esimere dalle tasse alcuni investimenti specifici. Per massimizzare gli effetti sull’occupazione, queste misure potrebbero dare la priorità agli investimenti ad alta intensità occupazionale o a quelli che perseguono determinati obiettivi come il risparmio energetico.

I lavoratori giovani non devono prendere il posto di quelli più anziani: Qualora si considerino le recenti proposte di condivisione del lavoro tra lavoratori giovani e anziani, è importante notare che i giovani non devono prendere il posto degli adulti nel mercato del lavoro Infatti, il contatto con lavoratori più sperimentati attraverso il tutoraggio può fornire consigli, istruire alle buone pratiche sul luogo di lavoro, aiutare a dissipare i malintesi riguardo ai giovani. Tuttavia, il governo dovrebbe considerare altri mezzi per sostenere l’occupazione giovanile, come ad esempio: il sistema di garanzia per mantenere i giovani dentro il mercato del lavoro; incentivi all’assunzione di giovani più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati); borse di formazione; e sforzi per migliorare la corrispondenza delle competenze (skills matching).

Monitorare le forme atipiche di occupazione: Sarà importante monitorare e valutare la recente proposta di ridurre di un terzo il periodo di interruzione tra due contratti successivi a tempo determinato. Siccome l’occupazione precaria è in continuo aumento, sarebbero necessari maggiori sforzi per incentivare la trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti di lavoro fisso.

Maggiore sostegno ai programmi attivi del mercato del lavoro: I programmi attivi del mercato del lavoro sono tradizionalmente rimasti poco sviluppati in Italia. La spesa per partecipante in programmi attivi del mercato del lavoro è inferiore alla metà della media dei paesi UE-15. In seguito ad un aumento dal 2007, la spesa totale in politiche del mercato del lavoro è rimasta invariata a partire dal 2009. A questo proposito, applicare in modo efficace il programma europeo di «Garanzia per i Giovani» segnerebbe un vero progresso per l’Italia.


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