
Rifondazione Comunista: “Chiudere definitivamente i Centri Permanenti per il Rimpatrio e ogni altra galera etnica”
Pubblicato il 19 ago 2020
Quanto accaduto, pressochè nel silenzio nei CPR (ex CIE) negli scorsi giorni a Torino, Macomer e soprattutto a Roma (Ponte Galeria) e Gorizia (Gradisca D’Isonzo), dimostra ancora una volta che i centri per il rimpatrio sono dannosi, incostituzionali, inutili e vanno chiusi. Rivolte, tentativi di fuga e pestaggi, autolesionismo, proposte di renderli – è il caso di Gradisca – più impermeabili, sostituendo le sbarre di ferro alle barriere di plexiglas sono il frutto di politiche scellerate da cui non si vuole uscire. Per i ministri dell’Interno che si sono avvicendati al Viminale – compresa l’attuale – “nei centri ci sono delinquenti a prescindere, anche se non sono rinchiusi per aver commesso un reato, che vanno rispediti in patria. Ma nell’anno trascorso e nonostante cospicui investimenti, il 46% dei trattenuti è stato rimpatriato. Per gli altri detenzione inutile, violenza, e ottimi affari per gli enti gestori che dovrebbero garantire una minima dignità.
Ma questi centri non sono nè riformabili né umanizzabili, vanno chiusi e trovati percorsi di regolarizzazione per le poche centinaia di persone che ci stanno loro malgrado.
Altro che riduzione dei tempi di trattenimento, come promesso dalla riforma dei dl Salvini, occorre avviare un percorso che ne rimuova l’esistenza e, nel frattempo garantire che parlamentari giornalisti e attivisti possano monitorare quanto vi avviene dentro. Cosa attualmente pressoché impossibile salvo autorizzazione prefettizia per i parlamentari.
Quando lo Stato ha qualcosa da nascondere perde qualsiasi credibilità
Maurizio Acerbo, Segretario nazionale PRC-S.E.
Stefano Galieni, responsabile immigrazione PRC-S.E.
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