Paolo Berdini: La Roma che vogliamo

Paolo Berdini: La Roma che vogliamo

Riceviamo e pubblichiamo con estremo piacere questa lettera aperta scritta da Paolo Berdini. Con le sue parole descrive non solo in maniera perfetta i disagi della capitale ma definisce i presupposti per un percorso, che ci auguriamo sia il più ampio possibile e che lanci una proposta diversa e alternativa per amministrare la città. Come PRC-S.E. condividiamo totalmente le proposte enunciate sia nel metodo che nel merito e siamo pronti sin d’ora a fare la nostra parte.
 Roma, le due città sempre più distanti
“Degrado” è da troppo tempo la definizione che sintetizza lo stato della città. Un inesorabile declino economico e sociale sembra soffocarla. Debito insostenibile, servizi carenti, mobilità al collasso. Se Roma vuole avere una speranza per il futuro deve cancellare questa macchia che blocca ogni tensione positiva verso il cambiamento.
Ma se il degrado è diffuso in ogni parte della città, è venuto anche il momento di chiedersi se la città nel suo insieme sia vittima del fenomeno o se qualche sua parte paga un prezzo maggiore di altre. Gli indicatori elaborati da Mappa Roma ci dicono che nell’area qualificata centrale la media dei laureati supera il 40% mentre la disoccupazione presenta valori pressoché fisiologici (5%).
A Corviale o Tor Bella Monaca il numero di laureati è del 9% e la disoccupazione si attesta sul 13%. Del resto, i dati sul reddito medio annuo familiare dell’Agenzia delle Entrate del (2016) ci dicono che la zona centrale di Roma ha valori prossimi a 40 mila euro per scendere a 17 mila nel municipio di Tor Bella Monaca. Stesso discorso vale per i trasporti pubblici.  Il recente studio di Inrix Research ci dice che ciascuno di noi perde 254 ore all’anno per spostarsi. Un’ora al giorno in media. Ma è una statistica falsata, perché chi ha la fortuna di vivere in centro ha un’offerta di trasporto ben maggiore di chi ne sta lontano. Chi vive nei quartieri più periferici spreca dunque almeno due ore al giorno per muoversi!
Trenta anni di abbandono di qualsiasi politica di integrazione sociale delle periferie ha dunque creato due città. Quella centrale che pur tra un degrado diffuso, riesce a guardare  al futuro con fiducia e la città delle periferie dove i giovani non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, dove non ci si sposta e dove i servizi pubblici vengono quotidianamente chiusi a causa del deficit insostenibile.
C’è poi da aggiungere che sopra alle due città esiste una terza categoria formata da coloro che guadagnano fortune sul degrado. Nonostante le decine di grandi proprietà pubbliche (statali e comunali) abbandonate e facilmente utilizzabili per dare alloggio a chi non ce l’ha, il comune di Roma spende ogni anno 28 milioni per l’affitto di residence. Mezzo miliardo di euro in venti anni. Nel “degrado” la grande proprietà edilizia ci guadagna.
Una drammatica crisi ambientale
Perdiamo un’ora al giorno per muoverci nel traffico congestionato e Roma ha anche il record europeo di automobili private circolanti. Nasce da questi due fattori la drammatica crisi ambientale che viviamo quotidianamente, misurata dagli sforamenti dei limiti consentiti per legge e dal numero di morti e malattie provocate dall’inquinamento calcolati da Greenpeace e Crea nel 2020.
Il tema della riconversione ecologica della città è dunque centrale se vogliamo dare una speranza al futuro della città. E’ indispensabile realizzare tram per alleggerire il traffico provato. E’ urgente creare un sistema di parchi urbani per migliorare la qualità dell’area e attenuare il cambiamento climatico in atto.
Il tema della città ecologica sta nel cuore dei giovani che possiedono una sensibilità maggiore verso questi temi. Di recente, Fridays for future aveva coinvolto il Consiglio comunale di Roma perché si facesse carico della questione e aveva ottenuto il voto di una mozione sull’emergenza ambientale che impegnava il comune ad avviare una sistematica opera di riconversione ecologica. Nulla è stata fatto. E’ ora di agire.
Anche perché una preziosa indagine svolta dalla Asl di Torino insieme al comune e al’Università ha dimostrato che l’aspettativa di vita tra un residente nel centro  rispetto al suo concittadino che vive nella periferia è superiore di ben 3,5 anni.
Non esistono ancora dati disponibili per la capitale, ma non è difficile prevedere che saranno molto maggiori di quelli torinesi. Tor Bella Monaca, ad esempio, è lontana 13 chilometri dal centro, due volte e mezzo in più rispetto alle distanze di Torino. La questione ambientale coincide con la questione sociale delle disuguaglianze. Le due città, il centro e le periferie,  generano effetti devastanti e inaccettabili.
Restituire dignità alla città e alle sue periferie
Roma può vincere il degrado. Ha risorse umane in grado di risollevarla e di avviare un nuovo ciclo virtuoso di vita urbana. Deve trovare le risorse economiche indispensabili ma deve in primo luogo fare i conti con le cause che hanno generato le due città di cui parlavamo.
Durante i cinque anni dell’amministrazione Alemanno, il taglio dei servizi pubblici dovuto alle politiche nazionali di bilancio ha favorito la nascita di strutture private che hanno sostituito le aziende pubbliche. La cura del verde, la pulizia degli edifici pubblici sono state risolte da imprese legate alla politica che risparmiavano sul salario e sulla precarietà dei lavoratori. Nel 2015 l’inchiesta “Mondo di mezzo” ha scoperchiato quel malaffare imperante, ma le due successive  amministrazioni (Marino e Raggi) non hanno fatto nulla per riportare nelle sedi pubbliche la gestione dei servizi.
Anzi, nel referendum per la privatizzazione dell’Atac chiesto nel 2018 dal Partito radicale, solo la sinistra si è schierata per mantenere il servizio pubblico. Gli altri, dal PD alla destra, erano a favore di un’ulteriore cancellazione del welfare urbano.
Accorciare le differenze sociali e le distanze tra centro e periferie, è la questione centrale nei prossimi cinque anni di amministrazione comunale. Ma il degrado delle periferie e le differenze sociali non si combattono con la ricetta “più privato” che è da trenta anni la responsabile del disastro che vive la città. Riusciremo ad avvicinare le due città soltanto con una rinnovata azione pubblica e finanziamenti adeguati.
Un confronto elettorale impostato sul recupero delle periferie renderebbe chiaro una volta per tutte la doppiezza della destra romana e nazionale e dei partiti che sostengono le politiche neoliberiste. Il  principale obiettivo della destra, ad esempio, è quello di attuare la Flat Tax, e cioè una riduzione delle tasse su chi ha redditi più alti. 19 miliardi di mancate entrate fiscali a livello nazionale a favore dei ceti più abbienti. Per Roma si avrebbe un taglio di trasferimenti pari ad un miliardo di euro. In questo modo la distanza tra centro e  periferie si allargherebbe sempre di più.
Il vero voto utile per le periferie
Fin qui la destra. Ma i problemi esistono anche nello schieramento della sinistra. Da un lato, il PD è il partito che porta oggettivamente le maggiori responsabilità nell’aver applicato politiche di destra. La regione Lazio ha ad esempio operato il più drastico taglio di posti letto nella sanità pubblica mentre le amministrazioni di centro sinistra romane degli ultimi anni portano la responsabilità dell’attuale stato delle cose, a partire dal debito di 13,5 miliardi.
La sinistra moderata si trova dunque davanti ad un bivio. Può ancora tentare di gettare alle ortiche la cultura della sudditanza verso il taglio del welfare e riprendere un cammino per costruire una città solidale. Speriamo che sia questa la strada e faremo di tutto per non avere nemici a sinistra. Di certo non aiutano questo processo le ricerche di collaborazione con uomini come Carlo Calenda, sostenitore della supremazia del “mercato” sulle esigenze sociali.
Ne’ aiutano –lo vogliamo dire con la massima chiarezza- i tentativi di una parte della sinistra che vuole “coraggiosamente” perpetuare l’attuale stato di cose. Il confronto elettorale sulle periferie dimostrerà che soltanto con il superamento delle politiche neoliberali fin qui vincenti si potrà costruire un futuro nuovo per Roma. Per farlo occorre essere indipendenti da coloro che hanno causato l’attuale disastro.
L’unico voto utile per sconfiggere la destra romana e nazionale è dunque quello indirizzato a costruire un’alternativa politica e sociale che possa far emergere un punto di vista nuovo nel panorama politico nazionale.
La Roma che vogliamo
Di fronte alla crisi economica e sociale e al degrado che soffoca Roma, di fronte alla drammatica crisi di fiducia verso il cambiamento, vogliamo rappresentare la città che in questi anni ha praticato la solidarietà e la coesione sociale.
La Roma che vogliamo è insomma il primo tassello di un discorso più generale che deve riportare la fiducia delle periferie verso una città inclusiva e più giusta. L’ecologia e il lavoro sono i due temi che devono guidare il cambiamento della città.
Le elezioni amministrative romane si svolgeranno il prossimo anno. Abbiamo il tempo necessario per costruire uno schieramento politico e sociale in grado di ridare una speranza alla città. Le risorse, come dicevamo ci sono. Le associazioni che praticano quotidianamente la solidarietà. I comitati di cittadini che si sono battuti contro le speculazioni e per una città migliore e che hanno sperato nel cambiamento votando il movimento 5Stelle.
A questi soggetti chiediamo di partecipare ad una prima assemblea pubblica da tenersi –compatibilmente con il superamento dell’emergenza sanitaria- il 30 marzo 2020. Cercheremo il luogo e lo comunicheremo per tempo.
Un’assemblea che contiene l’invito all’impegno collettivo per iniziare un percorso di costruzione di un’alternativa di governo che mette al primo posto la diminuzione della distanza tra centro e periferia. Che pensa ad una città accogliente verso ogni ceto sociale. Che rimette in modo la creazione di posti di lavoro specie per i giovani. Che vuole costruire una città ambientalmente sostenibile. Che difende il welfare che  ancora esiste nelle periferie fisiche e sociali della città.
Paolo Berdini

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