DIBATTITO / Condividendo il dispositivo del Cpn i dubbi sulla propria sovranità in PaP

Luciano D’Aiello*

L’esito delle elezioni generali del 4 marzo scorso ha segnato un vero e proprio terremoto politico, un evento di prima grandezza che ha travolto gli assetti e gli equilibri su cui si è retta, per oltre due decenni, la seconda repubblica, modificandone profondamente il profilo.
Lo scenario che si è venuto a delineare presenta per la prima volta in Europa la sconfitta pesante dei partiti che da sempre fanno riferimento alle due principali, storiche, famiglie politiche continentali, quella democristiana e ‘popolare’ e quella socialista, e l’affermarsi di forze politiche che fanno del richiamo al populismo, variamente declinato nelle versioni di destra e in quelle movimentiste e (apparentemente) post ideologiche, il loro tratto primario. La svolta è senza dubbio di portata storica ed è sempre meglio tenere a mente – facendo tesoro delle lezioni della storia – che l’Italia, in più di un’occasione, si è rivelata essere laboratorio di inedite sperimentazioni politiche e anticipatrice di tendenze e movimenti che si sono rivelate essere ben più estese e ampie delle dinamiche interne e dei confini nazionali.
Il Partito democratico, che sin dalla sua costituzione ha rappresentato nel Paese l’espressione principale del capitalismo finanziario egemone in Europa e costituito la forza politica più convintamente aderente ai dettami delle tecnocrazie europeiste di Bruxelles e della Troika, ha subito una gravissima sconfitta, che va oltre gli stessi numeri e i dati percentuali. Altrettanto grave è stata la sconfitta delle residue forze della sinistra del nostro Paese, già fortemente debilitate da un decennio di arretramenti, di divisioni, di scollamento oggettivo da quel popolo che pure voleva rappresentare e che, seppur parzialmente, in passato ancora era riuscita a rappresentare. Liberi e Uguali, una aggregazione di ceto politico di svariata provenienza, in più di un caso preoccupato più che altro di non perdere definitivamente la propria collocazione in parlamento, ha ottenuto un risultato al di sotto di ogni più pessimistica previsione, riuscendo a superare lo sbarramento elettorale del 3% di appena qualche decimo di punto. Potere al Popolo,  formazione politica nata appena 100 giorni prima della data delle elezioni, ha raggiunto il minimo storico della sinistra comunista e radicale in Italia, ottenendo poco più dell’1%, fin qui il dato più basso della sua intera storia.
A fronte di un tale quadro, difficilmente contestabile – che descrive nella sostanza un cratere, una devastazione, un paesaggio desertico per l’intera sinistra italiana, comunque articolata, mentre vede, all’opposto, un grande consenso, oltretutto crescente, per le forze che sostengono l’attuale governo – il CPF di Foggia ritiene che il compito dei comunisti e di Rifondazione in particolare, non sia quello di arrendersi o quello di rifugiarsi in un accogliente e rassicurante minoritarismo, ma, ancora una volta e pazientemente, quello di riprendere a tessere i fili della tela che riporti alla costruzione di un rinnovato campo della sinistra antiliberista. Un campo largo e inclusivo che non solo chiami a raccolta tutte quelle forze e movimenti che in questi anni non si sono arresi e hanno continuato a tenere in piedi una prospettiva di trasformazione, ma che sappia suscitare nuove esperienze e attrarre i nuovi soggetti che la crisi del capitale comunque continua a produrre.
Il CPF di Foggia condivide la linea del Partito così come emersa all’ultimo Cpn, ritenendo corretti e utili gli obbiettivi del rafforzamento del Partito, dell’investimento politico in Potere al Popolo e nella necessaria e oramai indifferibile costruzione del quarto polo della sinistra antiliberista e popolare. Tuttavia, proprio tale condivisione rende evidenti una serie di perplessità e dubbi che rendono quanto meno problematica la applicazione concreta di tale linea nella realtà di tutti i giorni e all’interno dei territori. Si registra, anzi, una sorta di contraddittorietà interna tra gli obbiettivi che il Partito si è dato, che determina un disorientamento tra i compagni di Rifondazione. Come conciliare, infatti, il sempre riaffermato obbiettivo del rafforzamento del Partito con la cessione di sovranità che il Partito medesimo si appresta ad operare, invitando ai suoi iscritti di aderire a PaP (chiedendo di fatto agli stessi un doppio tesseramento)? Come conciliare l’autonomia del Partito, di cui Rifondazione è andata sempre giustamente fiera, con l’adesione ad una forza politica di cui nemmeno si conosce lo statuto (o addirittura gli statuti)? Come perseguire l’obbiettivo da quasi tutti condiviso della costruzione del quarto polo, se poi si è all’interno di un soggetto politico che, in sue non secondarie componenti, mediaticamente prevalenti, già percepisce se stesso come ‘quarto polo’? Le domande potrebbero continuare a lungo.
Il CPF di Foggia, pertanto, chiede che il Partito voglia meglio precisare e articolare la sua proposta politica, sciogliendo i dubbi che attraversano larga parte di Rifondazione e rendendone chiari i passaggi. L’incertezza e la mancanza di chiarezza non hanno mai portato da nessuna parte. Per quanto ci riguarda, siamo convinti che Rifondazione Comunista si rafforza non mediante cessioni di sovranità (oltretutto al buio), ma impegnandola concretamente nella costruzione di un campo largo della sinistra antiliberista; che Rifondazione si rafforza se investe con intelligenza in Potere al Popolo, avendo però del tutto chiaro che Potere al Popolo non è e non può essere in nessun caso e in alcun modo l’esito della storia di Rifondazione e il suo obbiettivo strategico; che Rifondazione si rafforza e torna ad avere il ruolo che le spetta se contribuisce, come solo Rifondazione può fare e come la sua storia ci dice, alla rinascita di una Sinistra, antiliberista e anticapitalista, ampia e unitaria, che torni a contare nel Paese.

*Il testo è stato condiviso dal Cpf di Foggia

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