DIBATTITO / Marchionne l’uomo della provvidenza per i soci FCA

Antonio Bianco

La morte di Marchionne ex AD di FCA ha lasciato un vuoto incolmabile fra i suoi cari ed incertezze sugli investimenti in Italia. L’azzeramento del debito certificato a luglio dopo la sua morte pone nuove prospettive di sviluppo ma anche tante incertezze dovute alla cessata produzione della Punto a Melfi con la messa in cassa integrazione degli operai. Risvolti negativi che potrebbero riflettersi su tutto l’indotto nonché sugli altri stabilimenti FCA presenti in Italia. I traguardi lusinghieri di FCA sono stati raggiunti con una politica di drastica riduzione del personale ridotto a poco più di ventimila unità, al trasferimento all’estero della sede fiscale ed amministrativa, ai mancati investimenti sui nuovi modelli pur di ridurre il debito, al Jobs Act che ha consentito, non solo a FCA, di asservire i lavoratori a logiche neocapitaliste di sfruttamento del personale, costretto a tacer sugli infortuni in fabbrica pur di conservare il posto di lavoro. I tanti licenziati lasciati da soli senza alcun sostegno pur avendo contribuito a rendere grande, nel mondo, FCA. Non posso tacere tutto questo e vorrei che almeno la morte ci rendesse tutti uguali anche davanti al Parlamento, il quale ha dedicato un minuto di silenzio all’annuncio della morte dell’ex AD di FCA. Vorrei che lo stesso atteggiamento fosse tenuto per i tanti morti sul lavoro, circa quattro ogni giorno, almeno una volta al mese. La morte rende tutti uguali ma in Italia anche questo ineluttabile e naturale evento ci divide in classe sociale, individua la casta di appartenenza, il censo e solo i più alti nel rango sociale meritano un ricordo, gli altri sono dei pària. La grandezza di un manager si vede dalle sue doti di condurre in porto battaglie epiche che non devono calpestare i diritti Costituzionali e quelli del lavoratore, considerato una macchina obsoleta da sostituire o eliminare quando il mercato impone dei sacrifici.

In questo cordoglio generale delle Istituzioni e delle parti Sociali, giusto e doveroso, occorre fare una riflessione attenta anche sul comportamento del Sindacato che, in questi anni, ha avallato la politica di eliminazione dei diritti garantiti dalla Costituzione. Il sindacato che offre servizi e non protegge il lavoratore, che abdica al suo compito, che pur di preservare l’unità sindacale, sottoscrive un contratto di lavoro, scaduto circa sette anni fa, che riconosce aumenti salariali lesivi della dignità del lavoratore. Un sindacato fatto di parole vuote, incapaci di incidere nella vita di ognuno di noi, che non combatte la precarietà e tutte le forme di flessibilità.

Da questo sindacato, oggi e per sempre, vorremmo una dichiarazione di guerra alle morti sul posto di lavoro, definite bianche, ma che hanno il colore nero del lutto indossato dai familiari dei lavoratori deceduti. Evento luttuoso provocato dalla scarsa formazione del lavoratore, dal mancato rispetto delle regole sulla sicurezza che incidono pesantemente sull’integrità fisica degli operai. Senza prevenzione e controlli dell’Ispettorato del lavoro il gioco è fatto: si assicura il massimo profitto all’imprenditore e si mette a rischio la vita del lavoratore.

Vorremmo dal Sindacato la guerra, condotta con le armi della legalità alle disuguaglianze, alla precarietà, alle ingiustizie sociali e culturali. Una lotta senza quartiere alla delinquenza organizzata, quest’ultima causa ed effetto della distruzione del tessuto lavorativo sano e che sottrae risorse da investire nel recupero ambientale, in quello del patrimonio edilizio e ancor più del patrimonio storico-culturale, forse, unica strada per la rinascita del nostro Paese e la creazione di nuovi posti di lavoro.

FCA ha azzerato il debito, azione utile solo ai soci, ma ha mortificato la dignità della persona, ridotto i diritti e precarizzato il rapporto di lavoro. Manca il senso di equità e giustizia cardini di una Comunità civile e solidale vocata alla valorizzazione del Bene Comune. Se queste sono le premesse, la morte di Marchionne, ex AD di FCA, ha evocato negli italiani scenari di isolamento e di disoccupazione e non ha rappresentato una fase di riflessione e cordoglio, ma solo di scontro sociale.

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