La repressione su Internet è sbagliata

La repressione su Internet è sbagliata

di Benedetto Vecchi ::

Serve una regolamentazione della rete per dissuadere e perseguire chi la usa per insultare e minacciare. È questo uno dei concetti espressi da Laura Boldrini in una intervista al giornale La Repubblica. Una presa di posizione che cela un errore di prospettiva e politico della vita on-line.
Sempre nella stessa intervista, la presidente della camera ha raccontato le truculente foto, i post scurrili ricevuti via posta elettronica, aggiungendo che non ha paura per se stessa, ma per i suoi cari. Una violenza verbale machista, xenofoba contro la quale in Rete, e da questo giornale, non ci sono stati dubbi nel condannarla. Ma c’è un passaggio dell’intervista che merita attenzione. Laura Boldrini invita a una discussione pubblica sul fatto che il confine tra vita dentro lo schermo è vita offline è tramontato. Ciò che avviene in rete non può essere considerato né valutato con parametri diversi dalle relazioni sociali fuori dal web.
Un’affermazione, questa della presidente della camera, che merita anch’essa di essere sottoscritta. Ciò che non convince è la richiesta di una regolamentazione restrittiva della comunicazione on-line. Da questo punto di vista, vanno apprezzati gli inviti alla cautela espressi ieri da Stefano Rodotà e da Vincenzo Vita, un filosofo del diritto e un esponente politico da sempre attenti a quanto avviene nel world wide web.
C’è da aggiungere alle loro dichiarazioni un altro aspetto, non emerso dalle reazioni che hanno segnato il flusso di informazioni nei siti Internet e nei social network. In primo luogo, una regolamentazione della Rete prevede un monitoraggio continuo dei flussi comunicativi. Ogni volta che è stato tentato, i risultati sono stati deludenti, perché emergeva un fragoroso rumore di fondo dove era impossibile distinguere tra chiacchiericcio e minacce, tra discorsi «sensibili» di attenzione e battute di dubbio gusto da bar dello sport. Un monitoraggio dunque inutile e inefficace. Oppure ha suscitato le condivisibili denunce di violazione della privacy, di insopportabile ingerenza statale in comunicazioni private, insomma di censura.
Il venir meno del confine tra vita dentro e fuori lo schermo rivela un altro importante elemento, anch’esso assente nella discussione avviata dall’intervista alla presidente della camera. Anche nel web sono vigenti le stesse forme di relazioni sociali e di discussione presenti al di fuori. Il conflitto è connaturato al vivere in società. Quello che emerge nei post di minaccia e nelle foto splatter che Laura Boldrini ha ricevuto fanno parte, piaccia o no, delle forme di comunicazione presenti nella società. Il contenuto sessista e xenofobo che le caratterizza va combattuto non attraverso regole restrittive ma mettendo in campo un’altra visione dei rapporti tra i sessi. Quello che serve è attivare un conflitto contro chi esprime razzismo e sessismo dentro e fuori la Rete. La repressione, infatti, più che risolvere un problema lo acuisce. Questo dovrebbe essere evidente a una donna che limpidamente è sempre stata contro la «produzione di scarti umani» che caratterizza questo triste presente.

BENEDETTO VECCHI

da il manifesto


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