
Caporalato, Acerbo/Flamini Prc: «Bene gli arresti ma bisogna anche agire sulle cause»
Pubblicato il 28 giu 2017
Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, ed Enrico Flamini, responsabile Lavoro di Rifondazione Comunista -Sinistra Europea, dichiarano:
“Negli ultimi giorni abbiamo assistito a diversi arresti per caporalato, un fenomeno che resta strutturato. La propaganda del Ministro Martina sugli arresti, arresti che per il Ministro sono da ascriversi all’applicazione della 199, oltre ad essere insopportabile, è anche priva di fondamento. Intanto se esiste una legge contro il caporalato non è grazie a Martina o al Pd, ma è grazie allo sciopero dei braccianti di Nardò dell’estate del 2011, attraverso il quale l’iter della prima legge contro il caporalato è stato velocizzato. Il governo e il Pd portano invece la responsabilità di aver reintrodotto con un colpo di mano i voucher, il modo migliore per non affrontare la piaga del lavoro nero. Non solo. Con la vicenda dei dinieghi e della logica Hot Spot e il nuovo decreto Minniti Orlando il rischio è quello di ingrossare le fila degli irregolari e quindi degli sfruttati.
È bene poi ricordare che la nuova legge non si applica per i casi in cui le indagini sugli arrestati siano iniziate prima dell’approvazione della legge. La nuova legge contro il caporalato ha avuto ed ha sicuramente il merito di estendere la responsabilità penale anche al datore di lavoro che utilizza manodopera in condizioni di sfruttamento e che approfitta dello stato di bisogno dei lavoratori. Si tratta di un grande passo avanti, ma la repressione non è sufficiente. La sindacalizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori è un aspetto decisivo, ma deve viaggiare di pari passo con l’abrogazione della Legge Bossi- Fini, in vigore dal 2002 e mai messa in discussione nemmeno dai governi di centrosinistra.
Dopodiché servono anche azioni preventive capaci di agire sulle cause del caporalato e di favorire un’alternativa al modello di sviluppo, alla grande distribuzione e alle multinazionali. Ad esempio un modo concreto sarebbe far diventare lo strumento della “Rete del lavoro agricolo di qualità” parte integrante della certificazione obbligatoria, come tra l’altro propone l’associazione “No Cap” (No Caporalato)”.
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