Elezioni tedesche: il partito no-euro

Elezioni tedesche: il partito no-euro

di Tonino Bucci -
E’ ufficiale. “Alternativa per la Germania” entra sulla scena politica tedesca. Nell’opinione pubblica la neoformazione si è già guadagnata l’appellativo di partito anti-euro. Tutto vero. Alternativa per la Germania (AfD) mette espressamente in cima al proprio programma «l’uscita ordinata» dalla moneta unica europea. Lo ha ribadito l’economista Bernd Lucke, acclamato nel ruolo di presidente dal congresso fondativo che si è tenuto ieri a Berlino davanti a 1500 membri: l’obiettivo è far «saltare la camicia di forza dei vecchi partiti, ormai immobili e giunti alla fine». Qualcuno ricorda gli esordi dei Verdi che al loro ingresso nel sistema politico, negli anni Ottanta, fecero saltare il tradizionale bipartitismo tedesco. A poche altre forze è riuscito di scardinare gli equilibri e passare la soglia di sbarramento che in Germania impedisce l’ingresso in parlamento ai partiti che ottengono meno del cinque per cento. Oltre ai Grünen solo alla Linke, in anni più recenti, è accaduto di entrare nel Bundestag. Per il partito dei Piraten che pure prometteva nello scorso anno di conquistare voti a destra e sinistra, i sondaggi prevedono risultati deludenti. Nel caso di Alternativa per la Germania, invece, i sondaggisti ritengono l’ingresso in parlamento alla loro portata. Secondo una ricerca di questi giorni, il 24 per cento degli aventi diritto al voto non avrebbero difficoltà a immaginare di votare a settembre il neopartito.
Bernd Lucke si è presentato alla stampa con quello che da qui alle elezioni saranno i due cavalli di battaglia del suo partito: l’indicazione di una strategia per uscire dall’euro senza provocare sfaceli e la critica ai partiti, soprattutto alla Cdu della cancelliera Merkel. «La Germania non avrebbe la moneta unica, se soprattutto la Cdu avesse detto la verità ai cittadini alla fine degli anni Novanta: cioè che il popolo tedesco avrebbe dovuto spendere centinaia di miliardi di euro per le economie fallimentari di altri paesi». L’euro «porta i popoli l’uno contro l’altro e nei paesi nel sud dell’Europa ha di nuovo reso attuale il paragone della cancelliera con i nazisti», ha detto Lucke riferendosi alle manifestazioni di protesta in Grecia nel corso delle quali sono apparsi ritratti di Angela Merkel con i baffetti alla Hitler. Per rimanere alla polemica con la Cdu, anche la scelta del nome della neoformazione è caduta sul termine “alternativa” in opposizione a uno slogan della cancelliera, secondo cui «la salvezza dell’euro è senza alternative». «Noi vogliamo dire al governo – ha dichiarato Lucke – che l’alternativa è qui» e consiste nel farla finita con «la politica catastrofica di salvataggio dell’euro» e con «la lesione vistosa dei principi fondamentali della democrazia, del diritto degli stati e dell’economia».
Alla base del successo comunicativo giocano due fattori. Il primo è la composizione del personale politico del partito, di natura spiccatamente “tecnica”, attinto in gran parte tra esperti, tra cui economisti ed esponenti del mondo aziendale. Accanto a Lucke, nello staff che guiderà il partito verso le elezioni in autunno, figurano una chimica, Frauke Petry, e un giornalista, Konrad Adam. Per quanto riguarda l’estrazione politica degli iscritti che sinora hanno aderito ad AfD, c’è un’alta percentuale di ex sostenitori della Cdu.
Il secondo fattore è la chiarezza del programma. L’instabilità finanziaria della moneta, dopo aver fruttato ai tedeschi molti vantaggi, soprattutto per i bassi interessi sui propri titoli di stato, comincia a creare qualche problema anche a loro. Nell’opinione pubblica cresce l’insofferenza per le ricorrenti crisi dei debiti pubblici degli altri paesi – ultima in ordine di tempo, quella di Cipro – e per l’obbligo di contribuire agli aiuti concessi dall’Ue. Per altri versi, non sfugge che l’instabilità finanziaria è il frutto dell’austerità e di parametri (come il fiscal compact, sostenuto in primo luogo dalla stessa Germania) decisi dalle oligarchie e mai ratificati in nessuna consultazione popolare. Lucke ha nominato l’eventualità di tenere dei referendum sui trattati europei e la necessità di potenziare la democrazia diretta. L’obiettivo dello «scioglimento ordinato dell’area valutaria dell’euro» appare come una soluzione a portata di tutti. Anche il ritorno al marco – di cui non si fa tabù – è uno scenario che a una parte del ceto imprenditoriale tedesco non dispiacerebbe affatto. «L’euro non serve alla Germania e danneggia gli altri paesi». Non si tratta solo di un malessere per le politiche di austerità e dei tagli che pure cominciano a lasciare il segno nei ceti sociali più esposti. Si tratta anche di un conflitto di poteri nei processi decisionali. Non a caso, AfD richiama l’attenzione sulle competenze e sull’attribuzione delle prerogative di legiferare su materie delicate. La neoformazione vorrebbe che alcune competenze tornassero da Bruxelles ai parlamenti nazionali degli stati membri dell’Ue. Per esempio, nelle scelte che riguardano il settore energetico, nel quale i tedeschi stanno soffrendo un aumento vertiginoso dei costi. La rigidità dei parametri dell’Ue incontra resistenze anche nelle istituzioni dello Stato tedesco. Un mese fa, ad esempio, il Bundesrat (il Senato che rappresenta i delegati dei Länder a livello nazionale) ha bocciato nientemeno che il Fiscal Compact, l’architrave del patto di stabilità – di cui, paradossalmente, la Germania è tra i più strenui difensori in Europa. Il primo passo che i tedeschi dovrebbero compiere per sfilarsi dall’euro – secondo il programma dell’AfD – è negare da qui in poi ulteriori aiuti ai paesi in crisi. «Il fallimento dell’euro non sarà certo il fallimento dell’Europa», ha spiegato il presidente Lucke.
Ma quale sarebbe lo scenario post-euro? E in base a quale strategia l’uscita dalla moneta unica avverrebbe “ordinatamente”? L’Europa immaginata dalla neoformazione sarebbe un’Europa delle monete nazionali o, tutto al più, di «aree valutarie più piccole e più stabili». Secondo, AfD propone di cambiare i patti europei per rendere possibile a ogni stato di separarsi dall’euro – eventualità che attualmente non è contemplata nei trattati dell’Unione. Terzo, la Germania deve rifiutarsi di pagare per gli aiuti ad altri paesi. «Noi vogliamo che i costi per la cosiddetta politica di aiuti non venga caricata sulle spalle dei contribuenti. Banche, hedge funds e grandi investitori privati sono i primi ad avvantaggiarsi di questa politica. Che siano loro a prendersene la responsabilità». Quarto, «gli Stati indebitati e senza speranza, come la Grecia, devono essere alleggeriti con un taglio del debito. Le banche o i grossi investitori privati devono farsi carico delle perdite». Infine, «chiediamo di vietare da subito l’acquisto da parte della Banca centrale europea di titoli tossici. L’inflazione non deve mangiarsi i risparmi dei cittadini».
L’ingresso in scena di Alternativa per la Germania ha già scatenato un dibattito sull’europopulismo. Ma c’è anche chi – la Cdu soprattutto – guarda con timore a questo potenziale fenomeno politico che potrebbe rosicchiare voti determinanti ad Angela Merkel nella partita per la cancelleria. Ed è, non a caso, proprio dalle file del suo partito, che parte l’appello a non sottovalutare le ragioni del populismo e dell’insofferenza nella società. Per quelli di AfD, invece, “populismo” è un complimento, perché la democrazia, in fin dei conti, è fatta soprattutto di «iniziative populistiche» e «l’ultima parola spetta al popolo».


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