Riforme e Italicum, i piani del No

Riforme e Italicum, i piani del No

di Andrea Fabozzi

Costituzione. Costituito il comitato. Parte l’assedio su due fronti alla nuova legge elettorale. Il referendum sulla riforma rischia di diventare l’appello al popolo di Renzi. Giuristi e cittadini già partono. Il ruolo delle opposizioni

Ci sono costi­tu­zio­na­li­sti (Azza­riti, Bilan­cia, Car­las­sare, De Fio­res, Fer­rara, Pace, Rodotà, Resci­gno, Vil­lone, Volpi) e altre per­so­na­lità (La Valle, Asor Rosa, Grandi) nel coor­di­na­mento per la demo­cra­zia costi­tu­zio­nale che ieri ha annun­ciato la nascita del comi­tato per il no al refe­ren­dum con­fer­ma­tivo. Al quale manca ancora un anno, ma gli avver­sari della riforma Renzi-Boschi hanno deciso di gio­care d’anticipo. C’è una ragione: quando il dise­gno di legge di revi­sione costi­tu­zio­nale sarà appro­vato defi­ni­ti­va­mente in seconda let­tura — ormai non ci sono incer­tezze né sui tempi né sull’esito — Renzi sarà lesto nell’intestarsi anche il refe­ren­dum. «Deci­de­ranno i cit­ta­dini», ripete già da un po’, pre­fi­gu­rando una conta non sul com­plesso delle modi­fi­che costi­tu­zio­nali, ma sul suo governo e su se stesso. Lo spi­rito del refe­ren­dum costi­tu­zio­nale è oppo­sto: si tratta dell’ultima pos­si­bi­lità per gli elet­tori di bloc­care una riscrit­tura della Costi­tu­zione che dovrebbe essere cir­co­scritta e pun­tuale (e così non è, trat­tan­dosi in que­sto caso della modi­fica di 43 arti­coli della carta fon­da­men­tale). Il Coor­di­na­mento dovrà spie­garlo bene.
E non sarà facile, per­ché il governo potrà chie­dere ai par­la­men­tari di mag­gio­ranza di fir­mare imme­dia­ta­mente la richie­sta di refe­ren­dum, men­tre i cit­ta­dini avranno biso­gno di rac­co­gliere 500mila firme (in tre mesi). A meno che, e anche così si spiega la mossa d’anticipo del Coor­di­na­mento, un numero suf­fi­ciente di par­la­men­tari di oppo­si­zione non decida di fir­mare la richie­sta in rap­pre­sen­tanza del comi­tato del no. Ser­vono 65 firme di sena­tori o 126 di depu­tati, alla camera i cin­que stelle e il nuovo gruppo di sini­stra con Sel e gli ex Pd (che nel frat­tempo dovrebbe essersi for­mato) potreb­bero far­cela da soli, senza l’ingombrante appog­gio di Lega e Forza Ita­lia. Costi­tuirsi come comi­tato non è una det­ta­glio: i cit­ta­dini che fanno cam­pa­gna per il no sono rico­no­sciuti (per la durata del refe­ren­dum) come un «potere dello stato», hanno diritto a un finan­zia­mento pub­blico e a spazi tele­vi­sivi rego­lati dall’Authority.

L’altro fronte aperto dal Coor­di­na­mento è quello della legge elet­to­rale. L’Italicum sarà aggre­dito da due lati. Nella pros­sima pri­ma­vera par­tirà la rac­colta di firme per due que­siti refe­ren­dari — abo­li­zione dei capi­li­sta bloc­cati e del pre­mio di mag­gio­ranza e bal­lot­tag­gio. In que­sto caso la con­sul­ta­zione popo­lare potrebbe tenersi solo nel 2017, pro­ba­bil­mente troppo tardi. In caso di ele­zioni anti­ci­pate, infatti, tutti i refe­ren­dum già con­vo­cati slit­tano di un anno. Per un refe­ren­dum abro­ga­tivo che ha ad oggetto pro­prio la legge elet­to­rale il rin­vio sarebbe disa­stroso. Così l’avvocato Felice Beso­stri, che ha già segnato un punto nella bat­ta­glia con­tro il Por­cel­lum, ha stu­diato una serie di ricorsi con­tro l’Italicum; nelle pros­sime due set­ti­mane saranno pre­sen­tati nei tri­bu­nali delle prin­ci­pali città. Dal ricorso al giu­dice ordi­na­rio fir­mato da cit­ta­dini più o meno illu­stri che denun­ciano una lesione del loro diritto di voto libero e uguale (citando in giu­di­zio il pre­si­dente del Con­si­glio) può par­tire l’eccezione di inco­sti­tu­zio­na­lità. In par­ti­co­lare sul pre­mio di mag­gio­ranza che, nel caso di bal­lot­tag­gio, può essere asse­gnato senza soglia: anche il par­tito che al primo turno ha otte­nuto il 25% potrebbe vin­cere il 54% dei seggi. L’ex giu­dice costi­tu­zio­nale Paolo Napo­li­tano che era nel col­le­gio che boc­ciò il Por­cel­lum ha già spie­gato chia­ra­mente (Cor­riere della Sera, 11 set­tem­bre) che l’Italicum pre­senta gli stessi pro­fili di ille­git­ti­mità. I ricorsi però hanno biso­gno di tempo: i tri­bu­nali potreb­bero rite­nerli non ammis­si­bili per­ché l’Italicum non è ancora appli­ca­bile (per la clau­sola che lo rimanda all’agosto 2016), anche se la Cas­sa­zione nel caso del Por­cel­lum ha sta­bi­lito che il danno per gli elet­tori comin­cia nel momento in cui la legge elet­to­rale viziata viene pro­mul­gata. Con il Por­cel­lum ci sono voluti cin­que anni dalla pre­sen­ta­zione del primo ricorso fino alla sen­tenza della Con­sulta — ma solo otto mesi da quando un giu­dice ha final­mente rico­no­sciuto «non infon­data» la que­stione di inco­sti­tu­zio­na­lità.
Vero è che nella riforma Renzi-Boschi, una volta appro­vata, dun­que tra un anno nel caso vin­cano i sì al refe­ren­dum, c’è una porta che può con­durre l’Italicum imme­dia­ta­mente davanti alla Con­sulta. Potreb­bero por­tar­celo, per effetto delle nuove norme, depu­tati o sena­tori delle mino­ranze. Ma potreb­bero farlo solo in que­sta legi­sla­tura ed entro dieci giorni dall’entrata in vigore della riforma. Se dav­vero Renzi deci­desse di fare qual­che modi­fica all’Italicum, per esem­pio ripor­tando il pre­mio alla coa­li­zione invece che alla lista, que­sta porta si potrebbe chiu­dere. Con­tro l’Italicum reste­reb­bero allora in piedi le ini­zia­tive annun­ciate ieri, i refe­ren­dum e i ricorsi. Che rischiano però di arri­vare tardi.

fonte: il manifesto


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