Se Scalfari mette a nudo Napolitano

Se Scalfari mette a nudo Napolitano

di Paolo Ciofi

 Ha mandato in soffitta un tabù il fondatore di Repubblica, aprendo una polemica diretta con Giorgio Napolitano sul carattere antidemocratico e autoritario delle riforme elettorale e costituzionale, sostenute toto corde dall’ex presidente della Repubblica. La divergenza è risultata radicale tra due sodali legati da lunga amicizia, e questa è una novità rilevante, da riprendere e approfondire, anche perché aiuta a definire il senso di una politica di sinistra. Ma finora, secondo la nota tecnica del sopire e sedare per non intralciare chi ha in mano il bastone del comando, è passata pressoché inosservata: confermando così che proprio con un’operazione autoritaria e anticostituzionale abbiamo a che fare.

Nella replica a Napolitano, il quale aveva tranquillamente evitato le questioni di merito, il 12 agosto scorso Scalfari ha ribadito che la riforma costituzionale del Senato e la legge elettorale «rappresentano una trasformazione radicale della nostra struttura politica», ben oltre i «valori intangibili della “Carta” approvata dall’Assemblea costituente 67 anni fa». Per trovare una legge elettorale che destina un premio del 40 per cento indipendentemente dal numero degli astenuti – ha precisato -«bisogna risalire alla legge Acerbo di mussoliniana memoria». Questi sono i fatti. Ai quali il fondatore di Repubblica ha aggiunto una constatazione amara: «La sinistra, caro Giorgio, non c’è più».

Bisognerebbe però sempre ricordare che durante l’uscita di scena della sinistra Napolitano non è stato momentaneamente assente. Al contrario, ha avuto sempre funzioni dirigenti: come presidente della Camera, come ministro (quando partorì, insieme alla Turco, il capolavoro della legge sull’immigrazione), come parlamentare europeo e infine come presidente della Repubblica. Insomma, «un uomo delle istituzioni» – come egli stesso ama definirsi – sempre al vertice o nei dintorni. In altre parole, e per dirla tutta, Napolitano della sparizione della sinistra è stato uno dei massimi responsabili. E adesso, con la legge costituzionale e con quella elettorale, tira le somme.

L’amico Eugenio, seppure inconsapevolmente, di questo approdo definitivo dell’ex dirigente comunista sull’altra sponda dà una spiegazione tutt’altro che banale: «Per come ti conosco tu non sei marxista, sei un liberal-democratico, esattamente come me. […]. Una sinistra liberale. È questo che ci caratterizza». E di questo Scalfari non può che rallegrarsi. Dopo essersi già rallegrato perché con la svolta di Occhetto il movimento operaio in Italia non avrebbe più cantato l’Internazionale ma la Marsigliese, e dopo aver notato che anche D’Alema, pur dichiarandosi socialista, nulla di nuovo aveva scoperto se non i valori del “libero mercato”, cioè della grande borghesia.

Complimenti vivissimi per questa egemonia totalizzante del liberal-liberismo, che è stata una delle cause scatenanti della crisi globale nella quale viviamo, e che ha liquidato la sinistra avendo cancellato la rappresentanza politica dei lavoratori. Alfredo Reichlin, quando era responsabile economico del Pci, avrebbe detto che la sinistra liberale è la sinistra del capitale. Oggi questa è solo una constatazione banale, come ci hanno insegnato Clinton, Blair e l’intera socialdemocrazia tedesca. Che sul caso della Grecia è apparsa anche più a destra della Merkel

Il fatto è, sebbene Scalfari non ne faccia menzione, che quando si sta dalla parte del capitale e non del lavoro, i confini tra destra e sinistra sono assai labili. Dichiararsi di sinistra in questa posizione può anche essere un gesto nobile, quando non è smaccatamente strumentale. Ma nelle condizioni del mondo di oggi genera solo vantaggiosi fraintendimenti a beneficio di chi detiene il potere economico e politico. Come dimostra il caso Renzi. E, fatte le debite distinzioni, anche il caso Napolitano.

Ormai sono molti i segnali che ci indicano la necessità di rovesciare i canoni del pensiero liberale e in pari tempo di uscire dalla corresponsabile subalternità del cosiddetto riformismo socialdemocratico: per poter cambiare lo stato delle cose presenti e riformulare su nuove basi i principi di uguaglianza, libertà e solidarietà come indicati nella nostra Costituzione. Strano che Scalfari, un libero pensatore come egli stesso dichiara di essere, non se ne accorga. Eppure non manca di tessere lodi sperticate a papa Francesco, che considera un vero rivoluzionario. Ma di questo papa, con il massimo rispetto per la sua funzione spirituale, tutto si può dire meno che sia un seguace della dottrine liberal-liberiste.

Paolo Ciofi

fonte: www.paolociofi.it

 

 

 


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