
Esplode il debito pubblico a gennaio
Pubblicato il 16 mar 2013
di Roberto Ciccarelli -
Bollettino dal fronte della Grande Depressione: il debito pubblico ha superato quota 2.022 miliardi di euro e torna a inquietare i salotti buoni delle cancellerie europee. È il risultato dell’aumento di 34 miliardi di euro del debito dell’amministrazione centrale, dei contributi per 400 milioni di euro che l’Italia eroga per il fondo di stabilizzazione finanziaria europeo (Efsf, 43 miliardi complessivi), oltre che dell’operato di Monti durante i 14 mesi del suo governo. L’aumento complessivo di 139,5 miliardi da fine novembre 2011 (quando era a 1.912 miliardi) a gennaio 2013 (quando ha raggiunto quota 2.022 miliardi).
Come si spiega questo mistero?Sulla carta, i criteri indicati dalla Troika dovrebbero essere stati rispettati. Anche l’ultima asta per il riacquisto dei titoli di Stato è andata bene: 5,04 miliardi serviranno a ripianare il debito. L’Imu e tutte le tasse di Monti hanno aumentato le entrate fiscali di 424 miliardi di euro, +2,8% rispetto al 2011. Il deficit rientrerà nel 3% rispetto al Pil, come previsto. Tutto inutile: l’austerità produce nuovo debito e la spending review, la mannaia dei tagli su scuola, università e sanità hanno fatto solo crescere ciò avrebbero dovuto ripianare.
Il debito è avviato a battere tutti i record, passerà nei prossimi mesi dal 127,3% a oltre il 128% come previsto dal Fondo Monetario Internazionale, ben al di sopra della soglia dei desideri del 90% stabilito dal trattato Maastricht. Nell’ultimo anno è cresciuto di 7,4%, al ritmo di 9,8 miliardi al mese, 2.340 euro a testa. Solo la Spagna ha fatto peggio: dal 2011 a fine 2012 il suo debito è aumentato del 14,8%. Le ragioni sono scolpite nelle premesse della Grande Depressione: con una crescita sotto zero, la disoccupazione giovanile oltre il 38%, quella degli «adulti» avviata oltre il 12% ufficiale, parlare di crescita è impossibile, figuriamoci la possibilità di domare il debito.
Ragione sufficiente per spingere la Bce a chiedere nuove riforme del «mercato del lavoro» in un bollettino di due giorni fa. Il suo ufficio statistico ha dimostrato che nei paesi della crisi l’occupazione è scesa nell’ultimo trimestre ai livelli più bassi del 2005. Dalle prime rilevazioni sul mercato del lavoro italiano risulta invece l’opposto: a 9 mesi dal varo della riforma Fornero, la disoccupazione è aumentata e, con essa, il debito, come dimostrano i dati di Bankitalia. È dunque probabile, come ripete Paul Krugman, che il problema sia nell’austerità il cui unico effetto è quello di aumentare il debito, produrre disoccupazione e impedisce agli enti locali di investire in opere pubbliche i 19 miliardi che hanno in bilancio, ma che non possono spendere per evitare di sforare il patto di stabilità interno.
La Cgia di Mestre è tornata ieri sul problema dei 70 i miliardi che lo Stato non paga alle imprese, come impone l’austerità. «Su 70 miliardi di euro, a quasi un anno di scadenza – sostiene Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia – lo Stato ha pagato solo 3 milioni. Ci vorrebbero 1900 anni per pagare i debiti». La stretta sul credito (di Stato, ma anche quello bancario) si è abbattuta anche sulle imprese agricole. Secondo la Società di gestione fondi per l’agroalimentare (Sgfa) l’austerità ha bloccato 613 milioni nel 2012. La Depressione non investe dunque solo la finanza pubblica, ma anche la concessione del credito bancario ai piccoli esercizi commerciali. Confesercenti sostiene che nei primi due mesi del 2013 ne sono spariti quasi 10 mila, le aperture di nuovi negozi sono crollate del 50%, il dato peggiore degli ultimi 20 anni. Ogni giorno scompaiono 167 esercizi commerciali. Il 2013 sarà una ecatombe: chiuderanno in 60mila. In più, secondo una ricerca condotta da Anama-confesercenti, in Italia i negozi sfitti per «assenza di imprese» sono 500mila per una perdita annua di 25 miliardi di euro in canoni non percepiti.
il manifesto 16 marzo 2013
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