Perché diciamo no alla scuola di Renzi
Pubblicato il 4 mag 2015
Perché pensiamo che lo Stato deve investire risorse adeguate per le scuole pubbliche per garantire il diritto allo studio;
il governo, invece, prevede che nei prossimi anni la spesa per l’istruzione, la più bassa d’Europa, continui a calare. Questo comporta che, come già avviene con il contributo cosiddetto “volontario”, i costi graveranno sempre più sui genitori;
perché pensiamo che sia ingiusto, oltre che anticostituzionale, regalare soldi alle scuole private
il governo, invece, vuole ingrossare il fiume di danaro che già viene destinato alle scuole private con sgravi fiscali per le rette e altre agevolazioni;
perché pensiamo che la gestione della scuola debba essere democratica, con la partecipazione di tutte le componenti scolastiche – genitori, docenti, personale ATA e, nelle scuole superiori, gli studenti;
il governo, invece, vuole concentrare tutto il potere nelle mani del dirigente scolastico e cancellare di fatto gli Organi Collegiali;
perché pensiamo che l’istruzione non debba essere sottoposta alle esigenze degli sponsor e dei privati che potranno finanziarla per il loro tornaconto:
il governo, invece, vuole affidare ai privati non solo i finanziamenti ma anche i contenuti della didattica, accentuando le differenze tra le scuole sulla base del contesto sociale ed economico in cui si trovano;
perché pensiamo che ogni scuola abbia diritto ad avere insegnanti preparati e stabili, selezionati con criteri oggettivi e procedure trasparenti, insegnanti che possano dedicarsi con serenità ai propri compiti educativi e cooperare tra di loro;
il governo, invece, vuole che a scegliere gli insegnanti siano i dirigenti scolastici, che avranno anche il potere di confermarli o meno, con totale discrezionalità. Conformismo e disponibilità alla sottomissione prevarranno su indipendenza di giudizio e libertà di insegnamento;
perché pensiamo che le controriforme degli ultimi anni, Moratti e Gelmini, che hanno impoverito la qualità della scuola debbano essere cancellate;
il governo, invece, non le modifica di una virgola, anzi, completa il disegno di smantellamento della scuola della Costituzione sull’unico punto che non era ancora stato toccato: lo stato giuridico dei docenti.
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