Syriza contro il muro di Berlino, rottura all’Eurogruppo

Syriza contro il muro di Berlino, rottura all’Eurogruppo

di Anna Maria Merlo

Scontro nella zona euro. Atene respinge le condizioni dei partner, pronti a discutere solo se c’è l’«estensione» del programma di austerità in corso. Privatizzazioni e riduzione dei diritti del lavoro: per Bruxelles, Atene deve piegarsi se vuole aiuto. Per Schäuble, il governo greco è “irresponsabile”. La Francia tenta una debole mediazione. I tempi per trovare una soluzione sono sempre più stretti, ma per il momento secondo la Bce il Grexit è solo una “speculazione”

 

Muro con­tro muro al secondo Euro­gruppo sulla Gre­cia. Atene ha defi­nito «assurde e inac­cet­ta­bili» le pro­po­ste dei 18 mini­stri dell’eurozona, che insi­stono per una «esten­sione» del pro­gramma in vigore. Per tro­vare un’intesa dun­que ci vor­ranno i tempi sup­ple­men­tari: l’eurogruppo è «sospeso» in attesa della rispo­sta del governo di Syriza e una nuova riu­nione potrebbe essere con­vo­cata venerdì 20.

Per la zona euro l’unica solu­zione sul tavolo resta l’«estensione» del piano attuale – il secondo, con «aiuti» pari a 130 miliardi, di cui deve ancora essere ver­sata l’ultima tran­che di 7 miliardi – che scade il 28 feb­braio, per tro­vare poi, entro qual­che mese, come aveva chie­sto Atene, un nuovo accordo. Ma «esten­sione» signi­fica pro­se­guire con le regole dell’austerità e le dosi di «fles­si­bi­lità» già pre­vi­ste. Anche la pre­si­dente del Fmi Lagarde afferma che senza il sì di Atene all’estensione del pro­gramma da Washing­ton non arri­ve­ranno altri fondi.

Dal canto suo, l’Ue ha accet­tato di non nomi­nare più la «troika» (anche se nel fine set­ti­mana ad Atene erano pre­senti gli stessi rap­pre­sen­tanti di Ue, Bce e Fmi, ormai chia­mati le «isti­tu­zioni»). Il mini­stro greco Varou­fa­kis aveva pre­ci­sato nel week-end i «punti di osta­colo»: 1) le pri­va­tiz­za­zioni, che Atene vuole sospen­dere e che avreb­bero dovuto por­tare almeno 20 miliardi nelle casse del paese, e 2) un’ulteriore libe­ra­liz­za­zione del lavoro, a riprova che la Ue, domi­nata dai con­ser­va­tori, con­ti­nua a voler imporre il suo dik­tat libe­ri­sta, una «linea rossa» inva­li­ca­bile per il governo di Syriza. Il nuovo governo greco, che ha già rinun­ciato a chie­dere l’annullamento di parte del debito e l’azzeramento di tutto il Memo­ran­dum (Atene è dispo­sta ad appli­carne il 70% e a ridi­scu­tere il restante 30%), pro­pone invece un programma-ponte di qual­che mese, fino all’estate, per poter con­clu­dere un «nuovo accordo» con la Ue, che tenga conto della situa­zione sociale e del voto demo­cra­tico. Ma i tempi degli uni e degli altri non coincidono.

Dal 28 feb­braio Atene può tro­varsi sola di fronte ai cre­di­tori e ai mer­cati, senza soldi e con even­tuali pre­stiti solo a tasso di usura. A marzo la Gre­cia deve ver­sare un rim­borso all’Fmi e a luglio e ago­sto sca­dono le cam­biali con la Bce, in tutto sono più di 10 miliardi. Sul fronte oppo­sto, per quat­tro paesi della zona euro – Ger­ma­nia, Olanda, Austria e Fin­lan­dia, che tra l’altro ha le ele­zioni ad aprile – anche solo un programma-ponte che non sia l’«estensione» di quello attuale deve essere votato dai rispet­tivi par­la­menti per entrare in vigore. I tempi per­ciò sono strettissimi.

All’Eurogruppo straor­di­na­rio dell’11 feb­braio, che è fal­lito, Varou­fa­kis era stato accu­sato di essere arri­vato senza un pro­gramma con le «cifre». Ma la Gre­cia ha pre­ci­sato le sue pro­po­ste: dimez­za­mento dell’avanzo pri­ma­rio impo­sto dal Memo­ran­dum (cioè prima del paga­mento degli inte­ressi sul debito) dal 3% all’1,5%; vuole gli utili già rea­liz­zati dalle ban­che cen­trali sui bond di Atene, pari a 1,9 miliardi di euro; vuole poter uti­liz­zare gli 11 miliardi che le sue ban­che non hanno speso e pro­pone che le ban­che elle­ni­che pos­sano acqui­sire una mag­giore per­cen­tuale di debito pub­blico per poterla poi col­lo­care come «col­la­te­rale», cioè in garan­zia, alla Bce. La Bce però ha già chiuso que­sto rubi­netto di finan­zia­mento all’inizio di feb­braio, per fare pres­sioni sul nuovo governo, anche se per il momento man­tiene aperto l’Ela, la liqui­dità di emer­genza (aumen­tata da 60 a 65 miliardi) alle ban­che greche.

Men­tre la poli­tica cerca una media­zione, Mario Dra­ghi con­ti­nua ad affer­mare che «un’uscita della Gre­cia dall’euro non avrebbe senso» e che si tratta di «uno sce­na­rio pura­mente speculativo».

Chi invece è molto pes­si­mi­sta è Wol­fgang Schäu­ble che ieri era aper­ta­mente «scet­tico» sull’esito del ver­tice. Anzi, inter­vi­stato da una radio tede­sca prima della riu­nione, il super­mi­ni­stro tede­sco ha accu­sato il governo greco di avere un «atteg­gia­mento irre­spon­sa­bile», frase che ha poi pro­vo­cato le ire uffi­ciali del por­ta­voce del governo di Atene.

Fran­cia e Ita­lia pro­vano a mediare, almeno a parole.

Secondo Padoan se la Gre­cia non chie­desse l’estensione del pro­gramma «ci sarebbe un pro­blema di finan­zia­menti a breve ter­mine che si esau­ri­scono e si esau­ri­scono anche le pro­spet­tive a più lungo ter­mine». L’Italia si augura «viva­mente una solu­zione con­di­visa nell’ambito del mec­ca­ni­smo euro­peo che ha fles­si­bi­lità e che può acco­mo­dare tutte le richie­ste di prio­rità che i greci ci hanno riba­dito fino ad oggi».

Al ter­mine dell’eurogruppo salta per la seconda volta il comu­ni­cato uffi­ciale e i nervi restano tesi.

L’Ue afferma che l’unica pos­si­bi­lità per una nuova riu­nione dell’eurozona è la capi­to­la­zione dei greci sull’«estensione del programma».

D’altro canto, una «manina» ha dif­fuso in sala stampa la bozza di accordo rifiu­tata dalla Gre­cia con tanto di frasi sot­to­li­neate e cancellate.

Bozza che esclu­deva «atti uni­la­te­rali» di Atene, accet­tava il pro­lun­ga­mento dell’austerity e impe­gni pre­cisi della Gre­cia su: avanzo pri­ma­rio, debito pub­blico, fisco, pri­va­tiz­za­zioni, riforma del lavoro, riforma delle ban­che e pen­sioni. Gli stessi punti che ad Atene vedono come fumo negli occhi. Anche se la que­stione non è sul tavolo, se ne ripar­lerà di sicuro all’Ecofin di oggi.

Al ter­mine della riu­nione Varou­fa­kis, citando indi­ret­ta­mente la cele­bre frase di Dra­ghi, afferma che Atene farà “tutto il neces­sa­rio” (“wha­te­ver it takes”) per rag­giun­gere un accordo euro­peo entro le “pros­sime 48 ore”: “Non ho dubbi: alla fine rag­giun­ge­remo un’intesa che sarà molto ‘tera­peu­tica’ per la Gre­cia”. Secondo alcune fonti, Syriza potrebbe accet­tare un pro­lun­ga­mento di 4 mesi con alcune “con­di­zioni” nuove sta­bi­lite in modo pre­ciso.  “Il nostro governo — ha con­cluso — è stato eletto per ripen­sare il pro­gramma e non per pro­lun­garlo, visto che ha fal­lito nello sta­bi­liz­zare e rifor­mare la Gre­cia. Il pro­gramma attuale non può essere com­ple­tato con suc­cesso, biso­gna anche rispet­tare la democrazia»

 


Sostieni il Partito con una



 
Appuntamenti

PRIVACY






IT25W0538703202000035040300 presso BPER Banca o IT16C0760103200000039326004 presso PosteItaliane S.p.A.