Per l’Europa è arrivato il momento della verità

Per l’Europa è arrivato il momento della verità

di Cesare Salvi

Per l’Europa è arrivato il momento della verità. Non si tratta solo di trarre le conseguenze dell’ormai evidente fallimento delle politiche di austerità (che dove sono state imposte hanno determinato non solo aumento della disoccupazione e riduzione dei diritti sociali e del lavoro, ma anche deflazione e crescita del debito pubblico: è il caso anche dell’Italia). C’è qualcosa di più: il rischio del tracollo definitivo dell’idea della costruzione di un’Europa basata sui valori della democrazia e della solidarietà, condivisi dai popoli dell’Europa, come è scritto nei primi articoli del Trattato sull’unione europea.

Il nuovo governo greco non chiede l’impossibile: con grande ragionevolezza chiede di ridiscutere gli accordi con i precedenti governi, e in particolare il piano della Troika, che è oltretutto  un’istituzione  non prevista dalle norme europee.

Quel piano in realtà, come ha detto il membro brasiliano del direttorio del FMI, “più che un salvataggio della Grecia sembra un salvataggio delle banche straniere esposte con il paese”. Infatti, dei 240 miliardi di prestiti dati a quel paese (in cambio di misure di austerità che lo hanno ridotto allo stremo, e hanno fatto crescere il debito pubblico fino al 175% del pil) solo 20 sono finiti nell’economia reale, mentre la gran parte è andata a pagare interessi e rimborsi ai creditori.

Del resto questa è stata la linea di fondo della politica europea di questi anni. Secondo Mediobanca, l’Europa ha finora stanziato oltre 3.000 miliardi come capitale e garanzie per salvare le banche. Lo stesso tanto lodato intervento di “quantitative easing” della BCE è rivolto alle banche, nell’auspicio, ma senza nessuna garanzia, che da queste passi poi al sistema economico.

Nell’ultimo numero, la “Civiltà Cattolica” ( non qualche estremista di sinistra !) si domanda “ se non sarebbe più efficace ed etico un QE che regalasse ad ogni cittadino dell’Europa 500 euro”.

 I soldi per le banche ci sono, per i cittadini europei (non solo per i greci) ci sono invece nuovi sacrifici da fare.

Ecco il primo valore, teoricamente proclamato dai trattati, che viene meno: la solidarietà, sia tra i popoli dell’Unione, sia all’interno di ciascuno Stato che la compone.

Il secondo valore è la democrazia. Il governo tedesco e gli euro burocrati si comportano come se le elezioni siano irrilevanti. La volontà del popolo greco non conta. Che quel popolo abbia votato per Syriza e il suo programma sembra non contare: le cose devono continuare come concordato con il governo precedente, quello sconfitto dal voto popolare. Siamo in piena postdemocrazia (per usare un termine che oggi appare un eufemismo). Del resto, quando l’allora premier Papandreu propose un referendum per consentire al popolo greco di decidere il suo destino, in 24 ore fu cacciato dal governo e sostituito da un politico più condiscendente del suo stesso partito.

Lo studioso statunitense Dani Rodrik ha parlato del “trilemma” della globalizzazione”: la coesistenza tra democrazia, Stato sovrano e mercati non è possibile, uno dei tre deve essere eliminato. Ed è quello che sta accadendo, le politiche europee escludono la democrazia dal triangolo, restano gli Stati nazionali per fare quello che chiedono i mercati.

Il governo greco va sostenuto (con una vasta mobilitazione, a cominciare dalla manifestazione del 14 febbraio) anche e soprattutto per questo. Non dobbiamo dimenticare che la partecipazione italiana alla UE è giustificata sulla base dell’art.11 della Costituzione, che consente la limitazione di sovranità “in condizioni di parità con gli altri Stati” in quanto siano “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni”.

 Questi elementi stanno evaporando, e non si può assistere passivamente a questo processo. Il sostegno al governo e al popolo greco non è quindi solo solidarietà a un paese stremato e isolato, ma anche impegno per far valere per tutti i popoli europei i valori e i principi dell’eguaglianza, della giustizia sociale, della democrazia.

Spetta alla sinistra battersi per questi valori. Purtroppo, i socialisti europei stanno mancando a questo compito. In Germania sono al governo, subalterni alla Merkel. Ma purtroppo anche da Francia e Italia i segnali, se ci sono, sono troppo deboli, non all’altezza della posta in gioco. Ancora una volta, appare ineludibile la costruzione in Italia di una sinistra politica nuova, moderna, che abbia chiaro che è in gioco il destino della democrazia.


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