Scuola di via Paravia: un’occasione perduta

Scuola di via Paravia: un’occasione perduta

di Caterina Posterinoredazionale

In questi giorni in cui tanti sbraitano in maniera  incontrollabile contro le occupazioni abusive, in cui si formano comitati contro il degrado, giorni in cui una questione così delicata come l’emergenza abitativa, viene affrontata come una questione di ordine pubblico, c’è una scuola che, suo malgrado, si trova al centro di questo dibattito.

La scuola di via Paravia si trova al centro del quadrilatero delle case popolari di San Siro e  sta lottando per salvare un’esperienza  didattica , una scommessa contro il tentativo di molti di renderla un ghetto. Da anni al centro di numerose polemiche riguardo la provenienza dei suoi allievi, questa piccola scuola ha spesso  dovuto affrontare l’onta di una campagna mediatica non veritiera. Nel 2011, l’Ufficio Scolastico, forte di un provvedimento che stabiliva  un tetto al numero di bambini migranti nelle scuole, non ha autorizzato l’apertura della classe prima.

Si aprì una vertenza e grande fu la mobilitazione del quartiere.  La situazione della scuola di via Paravia si intrecciò con la campagna elettorale per le comunali, grandi promesse furono fatte, ma mai nessun impegno concreto fu assunto. E’ una questione scomoda, ne sono consapevoli le maestre, i genitori e gli abitanti, ma è una questione di primaria importanza in un quartiere dove forti sono i conflitti culturali e religiosi.

Il quartiere San Siro, infatti, ha affrontato un’importante immigrazione soprattutto di cittadini dell’area del Maghreb ed ha costituito una rete di associazioni che hanno cercato di mantenere unito il tessuto civico. Adesso, tutto sta cambiando. La campagna mediatica contro le occupazioni appare indiscriminata. I benpensanti dichiarano che le regole vanno rispettate e che la legge va ristabilita, ma 20 anni di cattiva gestione di aler con case lasciate vuote e con alloggi lasciati in condizioni fatiscenti, non può essere taciuta.  Chiunque giri per le vie del quartiere ha modo di verificare che gli alloggi sono in pessime condizioni, spesso vuoti e con un degrado crescente.  In questa situazione e anche in seguito ai travolgimenti avvenuti durante la Primavera araba, si è assistito ad un rinascere dell’integralismo che prima era sconosciuto nel piccolo scorcio di mondo che è San Siro.  Non possiamo negare che, la scelta infausta della giunta precedente di affidare un’ala dell’edificio di via Paravia ad una scuola egiziana è stata pesante e non adeguatamente valutata.

La scuola di via Paravia, negli anni è stata al centro di grandi cambiamenti e li ha spesso subiti. Una scuola difficile, in cui vi è una forte presenza di un’immigrazione continua e non stabile, ma anche di bambini di seconda generazione, in cui vi è un’importante percentuale di neo-arrivati che non conoscono la lingua e le cui famiglie non conoscono il funzionamento della scuola italiana. Una scuola che da sola, ha cercato di offrire risposte,  gli insegnanti si sono formati per rispondere all’emergenza educativa che stavano affrontando con progettualità di alto livello che hanno affrontato il problema linguistico con serietà e determinazione. Sono stati elaborati progetti per  la prima e la seconda alfabetizzazione, è stato allestito un laboratorio linguistico ed una biblioteca multilingue, ma evidentemente questo non è bastato perché la scuola si è svuotata.

Per chi scrive, che ha conosciuto la scuola quando era piena di bambini, è triste vedere che intere parti sono adesso vuote , senza bambini. Un edificio vuoto è sempre desolante, una scuola vuota è il fallimento di una politica dell’istruzione che ha abolito i bacini d’utenza , creando le basi della situazione attuale. Sono rimaste 5 classi , 115 bambini ed una decina di maestre che lottano per ristabilire il principio dell’esigibilità di un diritto come quello all’istruzione che oggi non è pienamente garantito.

Non è garantito da un mega accorpamento , deciso per risparmiare e che ha messo insieme 5 scuole complesse, non è garantito perché queste scuole non hanno un dirigente, ma un reggente a tempo parziale, non è garantito perché i fondi per la progettualità sono esigui e non bastano neanche a coprire l’emergenza, non è garantito perché la metà delle maestre non è di ruolo e le insegnanti arrivate non hanno alcuna esperienza e vivono una situazione difficilissima in classe.

Noi abbiamo il dovere di rivendicare un cambiamento di rotta, è un dovere morale perché la scuola della costituzione deve garantire a tutti il“pieno sviluppo della persona umana” e pertanto bisogna investire risorse, costruire un cantiere scuola che supporti il lavoro delle insegnanti.

Immaginare un futuro diverso, perché questa scuola  è la rappresentanza laica dello stato in un quartiere difficile e va tutelata investendo risorse e personale. Una delle maestre dice sempre che basterebbero 3 piccole cose per migliorare le condizioni della scuola: personale qualificato, un mediatore arabo a tempo pieno e dei progetti di musica e motoria , perché non dimentichiamo che il disagio economico delle famiglie del quartiere è talmente alto che le uniche esperienze degli alunni, sono quelle fatte a scuola.

Bisogna tornare ad essere rivendicativi, non possiamo arrenderci ad una campagna mediatica che non tiene conto della realtà dei quartieri popolari, bisogna impedire che l’estrema destra strumentalizzi la questione abitativa e la convivenza tra culture diverse. La sinistra ha bisogno di ripartire da qui, di costruire un percorso, di rilanciare un ‘iniziativa politica e di offrire un proprio modello di integrazione  e  una politica abitativa diversa.

Non bisogna salire sul carro di chi risponde ad un’emergenza sociale con l’ordine pubblico. La società italiana è in profonda sofferenza e non bastano pi le risposte estemporanee, bisogna immaginare un’Altra Italia ed iniziare a costruirla.

CATERINA POSTERINO

redazionale

 


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