Stop ai megastipendi. La Svizzera impone l’austerity anche ai manager

Stop ai megastipendi. La Svizzera impone l’austerity anche ai manager

di Michele Trotta -
La notizia del giorno arriva dalla Svizzera, dove con un referendum gli elvetici hanno imposto un tetto agli stipendi e ai bonus milionari di manager di banche e aziende.
“Così gli svizzeri impongono l’austerity anche ai banchieri”. I titoli dei giornali di tutto il mondo sono tutti concentrati su quella che potrebbe essere una novità assoluta a livello globale. A partecipare alla consultazione elettorale 8 milioni di cittadini di quello che è il paese dei referendum per antonomasia. E il risultato è stato clamoroso: uno storico 67,9% ha approvato l’iniziativa popolare introducendo un freno alle «retribuzioni abusive» e vietando liquidazioni e paracaduti dorati per i vertici delle aziende quotate in borsa.

“Sono orgoglioso del popolo elvetico. È stata una bella dimostrazione di democrazia. Una vittoria contro avversari potenti che hanno paventato terribili conseguenze economiche e occupazionali con campagne di stampa aggressive e tendenziose”. A parlare, all’indomani dell’inatteso risultato, il “padre” dell’iniziativa popolare, il 52enne Thomas Minder, piccolo imprenditore a capo di un’impresa familiare e parlamentare conservatore indipendente. Nelle sue dichiarazioni tutta la soddisfazione per quella che è una vittoria del popolo svizzero ma anche un esempio per tutti i cittadini di altre nazioni piegate dagli scandali finanziari e dalla crisi economica, i quali da anni stanno vivendo con indignazione l’opulenza di manager e banchieri contrapposta alle ristrettezze economiche patite dai più.

Dunque stipendi dei vertici aziendali stabiliti dalle assemblee generali degli azionisti e remunerazioni aggiuntive, come bonus o “paracaduti d’oro”, vietate; pena per l’eventuale infrazione: dalle multe salatissime sino alla reclusione per i casi più gravi. La nuova legge sarà limitata alle “società anonime svizzere quotate in borsa”, ma già sta mettendo paura a molti stipendiati d’oro che hanno condotto una campagna anti-referendaria senza quartiere. Il riferimento di Thomas Minder sulle “campagne tendenziose” è tutto rivolto ai partiti di centrodestra e alla potente “Federazione svizzera delle imprese” che nei giorni precedenti alla consultazione elettorale avevano paventato il rischio di licenziamenti di massa e di morte del modello svizzero causata da “una legge che doterebbe la Svizzera del diritto degli azionisti più restrittivo al mondo”.

Anatemi che però non sono bastati per distogliere il popolo elvetico dagli scandali dei mesi scorsi che hanno fatto crescere l’indignazione per le enormi disuguaglianze dettate dalla crisi economica e dal contraddittorio aumento di stipendi milionari dei manager aziendali. Così, caso più unico che raro nella storia della confederazione elvetica, sono stati tutti i cantoni che all’unanimità hanno scelto la via del “tetto per i manager”. “Il popolo svizzero crede nell’economia di mercato. È liberale, mentre questo tipo di liquidazioni milionarie non sono conformi al mercato, sono anomale. Alcuni manager hanno usato le aziende come un bancomat”, ha affermato l’avvocato Paolo Bernasconi, ex procuratore ticinese, all’indomani del voto. Il riferimento è a quello che è stato presentato dai giornali come uno scandalo emerso il mese scorso causato da un’indennità di partenza promessa all’ex presidente del Cda della Novartis, Daniel Vasella: una somma pari a 60 milioni di euro, ai quali è stato poi costretto a rinunciare.

Saranno liberali, ma sicuramente tutt’altro che stupidi. Dal canto nostro, guardando all’esempio di civilità dettato dalla “rivoluzione elevetica” non viene che da immaginare ai possibili esiti di un fantomatico referendum sul tetto-stipendi per i manager in Italia. Consci che la prospettiva resta e resterà di pura illusione, piace pensare che anche l’indignazione degli italiani produrrebbe un salary-cap anche per i nostri dirigenti aziendali. (Ne siamo certi…?)

da Oltremedianews.com


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