Sabir a Lampedusa, Prc presente. Per ricordare le vittime del 3 ottobre: mai più morti nel Mediterraneo

Sabir a Lampedusa, Prc presente. Per ricordare le vittime del 3 ottobre: mai più morti nel Mediterraneo

di Stefano Galieni, responsabile Migranti PRC –
Verrebbe da dire, “Un anno dopo, sul luogo del delitto”. Lampedusa 3 ottobre alle ore 7 del mattino. Un barcone enorme, con a bordo oltre 530 persone è in arrivo sulle coste dell’isola, inspiegabilmente sfuggito ai controlli e alle richieste di intervento, in uno dei tratti di mare più controllato del pianeta. Chiedono aiuto gli uomini, le donne e i bambini ammassati su quella nave ormai ferma, qualcuno di loro prova a dar fuoco ad una coperta per richiamare l’attenzione. La nave si incendia, per sfuggire alle fiamme le persone si riversano su un unico lato portando al rovesciamento del natante. I pescatori di Lampedusa si rendono conto immediatamente di dover intervenire, si gettano in mare con le proprie imbarcazioni e riescono a trarre in salvo quante più persone possibili. Ma già alla sera si capisce che il numero delle persone che hanno perso la vita è impressionante, nell’isola, dove anni fa non c’era posto per i vivi, questa volta non c’è spazio sufficiente per i morti. Alla fine del macabro conto si giungerà ad aver certificato 368 vittime, molte non ancora pienamente identificate ma sarà impossibile sapere con esattezza se il mare ha trattenuto altri corpi con se. Ci fu in Italia un breve momento di dolore, interrotto soltanto dalla sguaiataggine ignorante di chi definiva i richiedenti asilo, “clandestini” anche da morti. Una sguaiataggine che non riguardò soltanto le componenti apertamente xenofobe presenti nel paese ma che si tradusse in un insulto osceno come quello di considerare i sopravvissuti “complici del reato di ingresso clandestino”. Ma in quei pochi giorni vinse il senso di colpa, reso ancora più evidente da un altro grave naufragio al largo di Malta una settimana dopo, oltre 250 le vittime. Da Bruxelles a Roma si promise un solenne basta, in pochi giorni l’Italia scoprì di essere una potenza marittima in grado, attraverso l’operazione Mare Nostrum, di salvare le persone prima che le loro imbarcazioni finissero in avaria o in assenza di carburante. Tantissime le persone salvate in un anno, oltre 3600 quelle rimaste uccise. Un numero per difetto che tra l’altro non considera neanche i tanti e le tante, periti nei deserti libici o sudanesi, negli scontri armati in paesi dilaniati dalla guerra mentre tentavano la fuga. Oggi Mare Nostrum sta per andare in soffitta sostituita, a quanto ci è dato sapere, da un maggiore impiego dell’agenzia Frontex che o rivede le proprie regole di ingaggio o non potrà certo neanche andare a soccorrere fuori dalle acque territoriali europee. Una agenzia che, è sempre giusto ricordarlo, non ha come compito il salvataggio delle persone ma il porre ostacoli agli ingressi illegali. E allora si torna a Lampedusa, dal 1 ottobre, per una 4 giorni indetta da una parte del mondo associazionistico guidata dall’Arci, per fare i punto su un anno. Un anno che è stato costellato da una miriade di piccole e grandi tragedie, un anno in cui i focolai di guerra sono diventati incendi incontrollabili tanto da aver indotto anche il Papa a parlare di “Terza Guerra Mondiale”. E ci si vedrà a Lampedusa, per un programma ricco e articolato che va sotto il nome di Sabir. Sabir era una lingua franca del Mediterraneo, parlata dai marinai e dalla gente di porto, un esempio concreto di quello che potrebbero essere le relazioni in questo mare se non prevalesse la logica del dominio e dello sfruttamento. Non si parlerà in queste giornate soltanto di immigrazione ma di quanti e quali sono i fattori che stanno mutando lo scenario mondiale, dai conflitti ai trattati commerciali, dalla crisi della democrazia ai temi del lavoro e del diritto di cittadinanza. Il programma è molto articolato http://www.festivalsabirlampedusa.it/it/il-programma e comprende anche momenti di spettacolo. Ai dibattiti tematici saranno presenti numerosi esponenti dei fori sociali nordafricani, dei movimenti antirazzisti europei, del sindacato ed una folta delegazione di europarlamentari, soprattutto del gruppo GUE-NGL. Il 3 ottobre vuole essere nelle intenzioni degli organizzatori una giornata di silenzio e memoria, c’è il rischio che i rappresentanti politici che, in prima persona sono da considerare responsabili di tante morti, provino a cercare un proprio momento di visibilità mediatica, esprimendo le inutili parole di solidarietà inattiva. La politica può infatti impedire o quantomeno limitare il massacro che si perpetua ma deve operare scelte nette. Corridoi umanitari per andare a prendere i richiedenti asilo in loco, permesso di soggiorno umanitario europeo, abrogazione del Regolamento di Dublino che di fatto impedisce a chi vuole rifarsi un futuro di scegliere la propria destinazione. Soluzioni semplici e praticabili a cui l’Europa come l’Italia non vogliono dare risposte, su cui cercano inconsistenti alibi. Ma il 3 ottobre e i giorni intorno saranno momento di mobilitazione un po’ in tutta Italia. Partendo dalla Carta di Lampedusa (www.lacartadilampedusa.org), forse la migliore analisi costruita sul tema delle frontiere e della libertà di movimento per ora prodotta in Italia e a cui il Prc ha aderito, oltre che aver concettualmente contribuito alla sua realizzazione, ci saranno iniziative di movimento in cui al ricordo si accompagnerà la denuncia, per quella orrenda giornata e per le tante orrende che l’hanno preceduta e seguita. Iniziative per dare anche a questo paese imbarbarito da una guerra fra poveri, l’idea che chi fugge da guerre non è un nemico, un concorrente, una persona da sfruttare ma il figlio, la figlia di un pianeta alla deriva in cui non solo non è giusto ma non serve neanche innalzare frontiere fisiche o legislative. Assieme a questi ci sono già stati e ci saranno numerosi appuntamenti nei territori, organizzati da quella rete pulviscolare di resistenza umana, prima ancora che politica, che ancora non si rassegna. Scampoli di quel mondo meticcio che diventa, con tutte le sue contraddizioni, la nostra società. Per le compagne e i compagni di Rifondazione questo vuole essere un invito ad attraversarli questi momenti, a contribuire a costruirli, a nutrirsi della loro potenzialità. L’Altra Europa che vogliamo o incrocia questi stimoli o, semplicemente, non è.

P.S. Da Lampedusa e non solo, faremo in modo di far circolare le sollecitazioni che tali giornate potranno portare ai nostri dibattiti.

 


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