
Il percorso minato di camera e senato
Pubblicato il 2 mar 2013
di Massimo Villone -
Dal terremoto elettorale viene una situazione complessa e difficile. Ma dal punto di vista delle regole il percorso è chiaro e la tempistica definita.
Per l’Art. 61 della Costituzione la prima seduta delle camere è già convocata per il 15 marzo. Ciascuna assemblea procederà all’elezione del presidente. Alla camera al terzo scrutinio basta la metà più uno dei votanti (art. 4 del regolamento). In senato al quarto scrutinio si va al ballottaggio tra i due più votati nel terzo (art. 4 reg.).
Per l’Art. 61 della Costituzione la prima seduta delle camere è già convocata per il 15 marzo. Ciascuna assemblea procederà all’elezione del presidente. Alla camera al terzo scrutinio basta la metà più uno dei votanti (art. 4 del regolamento). In senato al quarto scrutinio si va al ballottaggio tra i due più votati nel terzo (art. 4 reg.).
Stando ai numeri, con la gruccia del premio di maggioranza alla camera il Pd potrebbe da solo decidere il presidente, qualunque cosa facciano gli altri. Diversa la situazione al senato, dove nel ballottaggio possono essere decisive le alleanze, la non partecipazione al voto, o l’astensione, che in senato vale come voto contrario. L’elezione dei presidenti di assemblea sarà un immediato test del clima politico e dei possibili scenari successivi. Questa fase si esaurirà, salvo imprevedibili incidenti di percorso, in due o tre giorni. Subito dopo – entro due giorni alla camera (art. 14 reg.) e tre al senato (art. 14 reg.) – si formeranno i gruppi parlamentari, che procederanno poi ad eleggere i rispettivi presidenti. Possiamo ipotizzare che questa fase si concluda intorno al 20 marzo. E da quel momento potranno partire le consultazioni del Presidente della Repubblica per il conferimento dell’incarico di formare il nuovo governo. Non prima, perché i capigruppo – che portano al capo dello Stato la voce delle forze parlamentari – sono interlocutori necessari nella procedura di consultazione. Una prima questione: deve il presidente Napolitano conferire l’incarico di formare il nuovo governo? Si, deve. In principio, un Presidente subito dopo il voto potrebbe riscontrare una situazione di ingovernabilità, ad esempio per equilibri politici diversi, incompatibili e incomponibili tra le due camere, e procedere a un nuovo immediato scioglimento delle stesse. Ma la via è preclusa al Presidente in carica dall’art. 88 della Costituzione, per cui il Capo dello Stato non può sciogliere anticipatamente negli ultimi sei mesi del proprio mandato, salvo che non coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Napolitano si trova negli ultimi sei mesi del mandato, ma all’inizio della legislatura. E dunque non può sciogliere. La confusione ci consiglia di tornare ai fondamentali. Il Capo dello Stato deve conferire l’incarico a chi ha le migliori probabilità di avere un voto di fiducia da parte delle camere ai sensi dell’art. 94 Cost. Le consultazioni sono finalizzate a questo, e l’incarico deve seguire le indicazioni che vengono dalle forze politiche. Non va garantita la coerenza con i numeri elettorali, ma con quelli parlamentari. Potrebbe il Capo dello Stato conferire l’incarico a un M5S, come propone Grillo? Certo, se ci fosse un’indicazione prevalente in quel senso. Questo vuol dire che il Pd, con la maggioranza alla camera data dal premio, può concedere o negare il disco verde a questa ipotesi, come a quella di un governo tecnico sorretto da qualsiasi aggregazione di forze. Qualora ciò non accadesse e la situazione rimanesse quella di oggi, potrebbe invece venire l’indicazione di Bersani, appoggiato – grazie al premio – da forze in maggioranza assoluta alla camera, e in maggioranza relativa al senato. E qui veniamo al punto. Può dall’aula, purché sia garantito il numero legale. Se così facessero in tutto o in parte i senatori M5S, Bersani potrebbe ottenere la fiducia anche con i soli voti della sua coalizione. Naturalmente, sarebbe esposto al rischio che per una convergenza Pdl-M5S venisse approvata una mozione di sfiducia o rigettata una questione di fiducia. Ma fino a quando ciò non accadesse, rimarrebbe in carica con pienezza di poteri. E se invece il voto sulla mozione di fiducia iniziale fosse negativo? Allora il governo appena formato sarebbe obbligatoriamente dimissionario, ma rimarrebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti. Spetterebbe al nuovo Capo dello Stato, per il quale il parlamento in seduta comune comincerà a votare il 15 aprile, decidere sull’eventuale nuovo scioglimento. Il quorum per l’elezione del Capo dello Stato non scende sotto la metà più uno degli aventi diritto, e potrebbero essere necessari anche numerosi scrutini. Se così non fosse, sarebbero tecnicamente possibili nuove elezioni in luglio. Queste le coordinate del problema. Quale degli scenari possibili si realizzerà resta affidato alla fantasia, al coraggio e all’intelligenza dei politici. Sempre che ne abbiano. Potrebbe non conferire alcun incarico, e lasciare il carica il governo Monti, come qualcuno suggerisce? No. Un nuovo governo dovrà comunque formarsi, perché quello in carica non ha ovviamente la fiducia delle camere nuove, e tra l’altro era dimissionario già con le precedenti. In astratto, Monti potrebbe tornare a palazzo Chigi, ma a seguito di un incarico di formare un nuovo governo, e di una nuova nomina. Un passaggio ineludibile. E dunque: incarico a chi? Qui i poteri del Presidente si intrecciano faticosamente con la legge elettorale vigente. Il “porcellum” ha inteso – tra l’altro – introdurre nel nostro sistema una forma surrettizia di elezione diretta del premier. Le liste o coalizioni indicano formalmente un “capo” al momento del deposito delle liste e del programma. L’intento è comunque di far emergere il capo del governo dal voto popolare. Ma proprio il voto del 25 e 26 febbraio dimostra che è molto meglio per un legislatore non cercare di mettere le braghe al mondo. il Capo dello Stato conferire l’incarico di formare il governo sapendo che i numeri parlamentari non garantiscono che l’esecutivo abbia il voto di fiducia in entrambe le camere secondo l’art. 94 Cost.? Come abbiamo detto, questo Capo dello Stato non può, ma deve. E se l’incaricato accetta, il Capo dello Stato nomina il presidente del consiglio e, su proposta di questi, i ministri. Con la nomina, il governo è formato ed in carica. Entro dieci giorni dalla nomina deve presentarsi alle camere per il voto di fiducia. Qui va ricordato che un governo può avere la fiducia anche con il voto favorevole di un numero di deputati o senatori inferiore alla maggioranza assoluta dei componenti, che non è richiesta. Nella nostra esperienza costituzionale, abbiamo avuto un governo della “non sfiducia” (III Andreotti: senato, 6 agosto 1976, 136 favorevoli, 17 contrari, 69 astenuti; camera, 11 agosto 1976, 303 astenuti e 258 favorevoli). In senato, dove l’astensione vale voto contrario, si può non partecipare al voto o uscire
il manifesto 2 marzo 2013
Sostieni il Partito con una
Appuntamenti