Alitalia, tutti contro tutti

Alitalia, tutti contro tutti

di Riccardo Chiari – il manifesto -
Scimitarra araba. I soci di Cai ai ferri corti per la copertura dei debiti, con Poste che investe solo nella nuova compagnia. Sindacati più che mai divisi: doppio referendum e accuse reciproche.

Con i soci di Alitalia-Cai ai ferri corti e i sin­da­cati di piloti, assi­stenti di volo e lavo­ra­tori di terra più che mai divisi, arriva la vigi­lia dell’assemblea degli azio­ni­sti che in teo­ria dovrebbe chiu­dere il capi­tolo Cai, e dare il via libera finale al matri­mo­nio fra l’ex com­pa­gnia di ban­diera e gli arabi di Eti­had. Tutti i desi­de­rata dell’ad Gabriele Del Tor­chio e del governo, rap­pre­sen­tato nell’occasione dal mini­stro dei tra­sporti Mau­ri­zio Lupi e da quello del lavoro Giu­liano Poletti, sono ancora lon­tani dall’essersi rea­liz­zati. Di giorno in giorno, per giunta, si mol­ti­pli­cano le occa­sioni di nuove diver­genze. L’ultimo scon­tro riguarda il refe­ren­dum fra i lavo­ra­tori sull’integrativo azien­dale e il con­tratto nazio­nale di lavoro per il tra­sporto aereo. Una con­sul­ta­zione indetta in fretta e furia dai sin­da­cati fir­ma­tari Filt Cgil, Fit Cisl e Ugl, con le urne aperte già ieri e pronte a chiu­dersi domani alle 8, subito prima dell’assemblea degli azio­ni­sti. Ma con la Uilt e i sin­da­cati auto­nomi di piloti, hostess e steward Anpac, Avia e Anpav che par­lano di “farsa”, e orga­niz­zano un’altra con­sul­ta­zione da lunedì 28 a venerdì primo agosto.

Le fri­zioni tra i soci di Alitalia-Cai, sul tema cal­dis­simo della coper­tura degli ingenti debiti della com­pa­gnia nella fal­li­men­tare avven­tura dei cosid­detti “patrioti”, riguar­dano in par­ti­co­lare i rap­porti fra le ban­che azio­ni­ste Intesa San Paolo (22%) e Uni­cre­dit (13%), e gli ultimi arri­vati di Poste Ita­liane. Chia­mate l’anno scorso a un inve­sti­mento a fondo per­duto di 75 milioni per evi­tare il fal­li­mento della com­pa­gnia, e per niente inten­zio­nate a un ulte­riore esborso di 40 milioni per coprire la quota parte di per­dite del 2013, più even­tuali con­ten­ziosi. Una delle tante richie­ste cape­stro fatte da Eti­had per entrare con il 49% nella nuova società. Il cda di Poste ha dato il via libera all’investimento di 40 milioni, ma solo per entrare fra gli azio­ni­sti della nuova com­pa­gnia. Con l’esplicita pun­tua­liz­za­zione che il nuovo finan­zia­mento deve essere impron­tato a una logica indu­striale e di mer­cato. “Non siamo spe­ciali rispetto agli altri soci Ali­ta­lia — ha spie­gato ieri l’ad Fran­ce­sco Caio — ma diversi sì: siamo un’azienda pub­blica, e il fatto di essere al 100% di pro­prietà dello Stato ci porta ad essere sotto la lente dell’Europa, per­ché il nostro con­tri­buto non si con­fi­guri come un aiuto di Stato”.

Se la posi­zione di Poste può essere apprez­zata dai con­tri­buenti ita­liani, va da sé che non riscuota le sim­pa­tie delle ban­che azio­ni­ste. “Per Ali­ta­lia è asso­lu­ta­mente escluso un ulte­riore impe­gno — avverte Gian Maria Gros-Pietro di Intesa San Paolo — la nostra parte l’abbiamo fatta, ora è impor­tante che gli altri fac­ciano quella che spetta a loro fare”. Insomma siamo vicini alle minacce. Per somma gioia di Luf­thansa e Bri­tish Air­ways, già da tempo al lavoro presso la com­mis­sione Ue di Bru­xel­les per met­tere bastoni fra le ruote all’alleanza italo-araba. Che por­te­rebbe un nuovo, grande e peri­co­loso con­cor­rente nel set­tore del tra­sporto aereo.

Quanto ai refe­ren­dum, e più in gene­rale alle ormai con­cla­mate geo­me­trie varia­bili fra sigle sin­da­cali a seconda dei temi in discus­sione (dai quasi 1700 licen­zia­menti ai con­tratti di primo e secondo livello), a que­sto punto lo scon­tro aperto è una cer­tezza: “E’ indi­spen­sa­bile fare chia­rezza – sosten­gono Filt Cgil, Fit Cisl e Ugl — e l’unico modo per farlo, prima dell’assemblea dei soci del 25 luglio, è fare espri­mere attra­verso un refe­ren­dum tutti i lavo­ra­tori del gruppo Ali­ta­lia”. A stretto giro di posta la rispo­sta di Uilt, Anpac, Avia e Anpav: “Ali­ta­lia ha impo­sto uni­la­te­ral­mente i tempi della con­sul­ta­zione, pre­ve­dendo tempi limi­ta­tis­simi che pre­clu­dono alla gran parte dei lavo­ra­tori tur­ni­sti e fuori sede la pos­si­bi­lità di par­te­ci­pare, e senza con­sen­tire l’informazione neces­sa­ria per tutti i lavo­ra­tori. Per come il refe­ren­dum è stato costruito, la larga parte nei navi­ganti non ha pos­si­bi­lità di votare e le garan­zie di segre­tezza e cer­ti­fi­ca­zione del voto non ci sono. Dul­cis in fundo non è da esclu­dersi il trap­po­lone: chi vota si esprime e gli applico le trattenute”.


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