Scene di lotta di classe dall’alto, un residente su 10 è povero

Scene di lotta di classe dall’alto, un residente su 10 è povero

di Roberto Ciccarelli – il manifesto – Istat. Tra il 2012 e il 2013, quando al governo c’erano Monti e Letta, gli indigenti sono aumentati di un milione 206 mila. Oggi in totale sono sei. I poveri relativi sono più di 10 milioni. Dall’inizio della crisi la povertà è aumentata del 150%, in particolare a Sud. Tra i minori l’emergenza è drammatica: 1 milione 434 mila persone

uno stil­li­ci­dio. Ieri il rap­porto dell’Istat sulla «povertà in ita­lia nel 2013» ha redatto un nuovo bol­let­tino dal fronte della lotta di classe dall’alto. L’espressione è stata coniata ori­gi­na­ria­mente dal socio­logo Luciano Gal­lino per descri­vere come il capi­ta­li­smo finan­zia­rio e le poli­ti­che di auste­rità abbiano spo­stato immense ric­chezze in dire­zione del ver­tice della pira­mide sociale, sot­traen­dole al lavoro e alle fami­glie nelle zone medio-basse.

Oggi è utile per dare una forma ad uno dei loro prin­ci­pali effetti: dal 2012 al 2013, l’anno di pas­sag­gio dal governo Monti a quello Letta, l’esplosione della povertà asso­luta è aumen­tata col­pendo 1 milione e 206 mila per­sone in più. In Ita­lia ci sono 6 milioni e 20 mila di indi­genti, il 9,9% della popo­la­zione, un resi­dente su 10. È un record mai visto dal 2005, da quando esi­ste la rile­va­zione di que­sta stima. Nel 2012 i poveri asso­luti erano 4,8 milioni (l’8% della popo­la­zione), rad­dop­piati dall’inizio della crisi nel 2008. Tutto que­sto è avve­nuto men­tre i governi hanno tagliato la spesa sociale da 2,5 miliardi a 964 milioni di euro.

Nel det­ta­glio, la povertà asso­luta è aumen­tata tra le fami­glie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quat­tro (dall’8,3 all’11,8%) e cin­que o più com­po­nenti (dal 17,2 al 22,1%). In attesa dei dati sul 2014, sap­piamo che ha peg­gio­rato la con­di­zione delle cop­pie con figli (dal 5,9 al 7,5%) se hanno un figlio unico. Se invece sono due, le dif­fi­coltà aumen­tano dal 16,2 al 21,3%. È notte fonda quando i figli sono tre o più, soprat­tutto se non hanno rag­giunto la mag­giore età.

La povertà si acca­ni­sce su quelle fami­glie in cui la per­sona di rife­ri­mento ha un titolo di stu­dio medio-basso, ad esem­pio la licenza media infe­riore (dal 9,3 all’11,1%). Ancora peg­gio se il capo­fa­mi­glia ha solo la licenza ele­men­tare dal 10 al 12,1% in un anno. In que­sta cor­nice viene col­pito dura­mente il ceto medio povero: gli ope­rai, ad esem­pio (dal 9,4 all’11,8%), senza par­lare di chi è disoc­cu­pato e in cerca di occu­pa­zione (dal 23,6 al 28%). E poi c’è la guerra silen­ziosa che vede tra le prin­ci­pali vit­time gli anziani: dal 4 al 6,1% se sono in cop­pia. E poi ci sono le fami­glie con almeno due anziani, col­pite dal 5,1 al 7,4%. Tra gli ultra­ses­san­ta­cin­quenni i poveri asso­luti nel 2013 erano 888 mila, 728 mila nel 2012.

Il Sud è la parte del paese più col­pita. Ci sono 725 mila poveri in più, com­ples­si­va­mente 3 milioni 72 mila per­sone in stato di grave biso­gno. A dif­fe­renza dell’andamento nazio­nale, dove la povertà rela­tiva pari a 972,52 euro per una fami­glia di due com­po­nenti, è rima­sta nel frat­tempo sta­bile (dal 12,7 al 12,6%, con una per­dita «solo» di 18 euro), nel Mez­zo­giorno è aumen­tata ancora dal 21,4 al 23,5%. In Ita­lia ci sono 10 milioni e 48 mila per­sone che si tro­vano in que­sta con­di­zione, pari al 16,6% della popo­la­zione. Il dato più duro, e che non può essere taciuto, riguarda la povertà asso­luta dei minori. Gli under 18 pove­ris­simi sono aumen­tati nell’anno peg­giore della crisi: nel 2012 erano 1 milione 58 mila (10,3% del totale). Nel 2013 erano 1 milione 434 mila per­sone (il 13,8%). Per Col­di­retti, nel 2013 428.587 bam­bini come meno di cin­que anni hanno avuto biso­gno di aiuto per bere latte o man­giare. A Sud sono 149 mila, il 35% del totale, a Nord 129.420, il 30%. Il 40% di que­sti bam­bini vivono in Cam­pa­nia e Sicilia.

Lo sce­na­rio è quello di una «cata­strofe sociale e poli­tica». Lo sostiene Libera che con il gruppo Abele hanno pro­mosso la cam­pa­gna nazio­nale «Mise­ria ladra». La povertà ha cor­rotto le isti­tu­zioni fon­da­men­tali della demo­cra­zia, sostiene la cam­pa­gna pro­mossa da Don Ciotti, la poli­tica dovrebbe abban­do­nare i «tat­ti­ci­smi» ed agire. Le solu­zioni per garan­tire «una vita libera e digni­tosa» sono radi­cali: sospen­dere gli sfratti ese­cu­tivi; desti­nare il patri­mo­nio immo­bi­liare sfitto e quello requi­sito alla cri­mi­na­lità per usi sociali e abi­ta­tivi; creare il «red­dito minimo di cit­ta­di­nanza» nell’unico paese euro­peo, insieme alla Gre­cia, sprov­vi­sto di que­sto stru­mento di tutela della per­sona; rine­go­ziare il debito e ripub­bli­ciz­zare i ser­vizi basici essenziali.

Un piano nazio­nale con­tro la povertà viene invo­cato da Vera Lamo­nica, segre­ta­ria con­fe­de­rale Cgil che chiede di tra­sfor­mare la spe­ri­men­ta­zione del Soste­gno all’inclusione attiva (Sia) in una misura strut­tu­rale. Venerdì scorso, inter­ve­nendo alla pre­sen­ta­zione di un rap­porto Cari­tas sulla povertà, il mini­stro del lavoro Poletti aveva escluso un inter­vento imme­diato sul red­dito d’inclusione sociale (Ris) pro­po­sto dalla Cari­tas. I poveri in Ita­lia restano in attesa della costru­zione di un’«anagrafe» capace di censirli.


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