
Camusso: ecco i nostri primi cento giorni
Pubblicato il 23 feb 2013
di Antonio Sciotto -
Cosa farebbe la Cgil, se toccasse a lei scrivere il programma del prossimo governo? La segretaria generale Susanna Camusso non ha dubbi, e ha una sua personalissima ricetta non solo per tutti i 5 anni della legislatura, ma addirittura per i primi 100 giorni. Che poi, «personale» si fa per dire: perché la condivide con (almeno) 5.712.642 persone, cioè gli iscritti al suo sindacato (dati freschi freschi, diffusi ieri). Senza contare, ovviamente, i simpatizzanti. «Il primo atto in assoluto, da approvare al primo consiglio dei ministri, dovrebbe essere il finanziamento degli ammortizzatori sociali – spiega – E subito dopo un piano per l’occupazione, per creare sviluppo e lavoro: sarebbe utile che il nuovo esecutivo aprisse un tavolo con le parti sociali. Ancora, tra i provvedimenti dei primi cento giorni, metterei l’abrogazione dell’articolo 8, quello che permette agli accordi aziendali di derogare alle leggi e ai contratti nazionali. Un’azione semplice e veloce, che non costa niente. Come non costerebbe nulla un’altra legge, che sarebbe veramente un bel segnale: istituire nuove norme sulla rappresentanza sindacale, tema su cui stiamo già lavorando con Cisl, Uil e Confindustria per arrivare a un’intesa, sulla falsariga dell’accordo del 28 giugno».
Ecco il quadro delle richieste Cgil, piuttosto chiaro. Perché al contrario, quello politico, come è ovvio, non si potrà definire prima del 26 febbraio. E forse, anzi, necessiterà di ancor più tempo per dirci chi andrà al governo. Questo Susanna Camusso lo sa, e se si dice «disponibile a sedersi a qualunque tavolo la Cgil sarà invitata», cosa ben diversa è stabilire già ora se firmerà accordi o no: «Quello lo dice sempre il merito. Per un Patto come quello del 1993 ci vogliono le condizioni, e poi già la parola “Patto” oggi appare inquinata, come “Riforme”. Diciamo che noi siamo già seduti, ma per il resto non si firma nulla che non ci piaccia, non siamo per i patti a prescindere».
Alla conferenza stampa di ieri, convocata per presentare i nuovi dati del tesseramento Cgil, il manifesto ha posto domande precise a Susanna Camusso, che riportiamo in formato di intervista per vivacizzare la lettura.
La Cgil di recente ha presentato il «Piano per il lavoro». Se non dovesse formarsi una maggioranza stabile Bersani-Vendola, che immagino sia quella che voi vi auguriate per tradurre in realtà il Piano, a chi dovrebbero guardare il Pd e Sel per un’alleanza? A Monti, che voi avete contrastato, o magari ai grillini, tra cui è probabile ci siano parecchi vostri iscritti?
Innanzitutto chiederei cautela nell’assegnare questo o quell’iscritto della Cgil a uno schieramento politico o all’altro: se ad esempio andassimo a guardare nel Nord Italia, troveremmo parecchie sorprese sul rapporto tra le posizioni sindacali, diciamo così, e il collocamento politico. Detto questo, non sta al sindacato dare indicazioni alle forze politiche sulle loro possibili alleanze. Dico solo che noi abbiamo il nostro Piano, e che lo porteremo all’attenzione di qualsiasi governo, qualunque sia il suo colore. E se non avremo risposte che ci soddisfano, ci mobiliteremo, come sempre abbiamo fatto.
Cosa pensate di fare rispetto all’articolo 8, la legge voluta da Sacconi per accontentare Marchionne e la Fiat?
Abbiamo una risposta molto semplice: l’articolo 8 deve essere abrogato, già nei primi 100 giorni del governo. C’era anzi già una legge pronta alla Camera.
E sull’articolo 18, vostro classico cavallo di battaglia? Il «compromesso Fornero», che tiene conto anche delle posizioni del Pdl, al Pd va bene. Voi pensate che si debba reintervenire?
L’articolo 18 per noi non è l’emergenza, visto che a licenziare più che la discriminazione, in questo momento, è tragicamente la crisi. Le priorità sono il lavoro e l’occupazione. Da un lato, con l’attuale formulazione si è certamente respinta quella peggiore che veniva proposta, ma è anche vero che non era questa l’ipotesi portata avanti dal sindacato. Diciamo che se dovesse aprirsi un nuovo cantiere sul lavoro e la precarietà, come noi ci auguriamo, noi torneremo a dare il nostro contributo su questo tema.
Sul salario minimo stabilito per legge la Cgil è sempre contraria? Eppure lo hanno quasi ovunque in Europa.
È vero che c’è quasi ovunque, ma c’è però una cosa che non si dice mai: che in Italia abbiamo un avanzato sistema di contrattazione, con primo e secondo livello, e che il salario minimo, così come è pensato e sollecitato dalla Ue, depotenzierebbe la contrattazione. D’altronde la Ue sul tema è piuttosto pesante: da un lato spinge per il salario minimo, dall’altro dice che c’è troppa contrattazione e chiede più «aziendalizzazione». Non siamo ideologicamente contrari al salario minimo, diciamo solo che oggi – stando così le cose – troviamo più responsabile includere i precari nei contratti, piuttosto che deresponsabilizzarci e lasciare tutto alla legge e ai suoi automatismi.
E cosa pensate del reddito di cittadinanza? Assicurare a tutti, anche se non lavorano, una somma base per vivere. Proposta che nelle piazze ha successo, ad esempio con Grillo.
La Cgil è stata e resta un’organizzazione lavorista, che crede nella dignità del lavoro e punta alla piena occupazione. Così come è proposto non ci convince, ma non siamo contrari – e anzi le abbiamo appoggiate – a ipotesi come quelle sperimentate in Campania o nel Lazio, anche se poi si sono concluse o non sono mai state avviate per mancanza di finanziamenti: un reddito per uscire dalla trappola della disoccupazione, che affligge soprattutto donne sole e giovani, ma finalizzato a un inserimento lavorativo. E poi, chiave di tutto, l’istruzione: assicurarla realmente a tutti aiuterebbe molto.
il manifesto 23 febbraio 2013
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