Si chiude la storia Fiat: è nata la Fca

Si chiude la storia Fiat: è nata la Fca

di Antonio Sciotto – il manifesto

Addio al Lingotto, si «emigra» in Olanda, Gran Bretagna e Usa. Fiom e Cgil preoccupate: «Ora investire in Italia». Marchionne realizza il sogno di essere tra i big globali: con Chysler il gruppo è settimo nel mondo

Ieri è stato un giorno sto­rico: non solo dal punto di vista indu­striale – con la nascita di un nuovo colosso glo­bale dell’auto – ma soprat­tutto per l’Italia, e per Torino. Dopo 115 anni di pre­senza nel nostro Paese, la Fiat ci lascia: si scio­glie nella nuova Fca (Fiat Chry­sler Auto­mo­bi­les, nome fre­sco di zecca, come il logo in azzurro), la sede fiscale emi­gra in Gran Bre­ta­gna, quella legale ad Amster­dam, e la piazza prin­ci­pale per il titolo diven­terà Wall Street, con Milano solo secondaria.

Le deci­sioni – di cui si par­lava da giorni, se non da mesi – sono state prese dal cda che si è tenuto ieri a Torino, l’ultimo della vec­chia Fiat. Ser­gio Mar­chionne ha poi annun­ciato il «verbo»: il mana­ger «dei due mondi» ha com­piuto la prima parte del suo per­corso, e ora si pre­para all’avventura di Fca, pre­fi­gu­rando una suc­ces­sione, quando avrà por­tato a com­pi­mento il piano che pre­sen­terà a mag­gio. Intanto gli ultimi utili hanno deluso, tanto che ieri il titolo ha avuto una gior­nata dif­fi­cile in Borsa.

«Oggi è una delle gior­nate più impor­tanti della mia car­riera in Fiat e Chry­sler – ha detto Mar­chionne – Pos­siamo dire di essere riu­sciti a creare basi solide per un costrut­tore di auto glo­bale con un baga­glio di espe­rienze e di com­pe­tenze allo stesso livello della migliore con­cor­renza». In effetti, già dal 2010, dai tempi del famoso piano Fab­brica Ita­lia (di fatto mai rea­liz­zato, in parte anche a causa della crisi: i 20 miliardi di euro annun­ciati non sono mai stati inve­stiti), l’ad di Fiat aveva detto che l’azienda tori­nese avrebbe potuto soprav­vi­vere solo se fosse diven­tata una dei pochi gruppi glo­bali («che si con­te­ranno sulle dita di una mano») con risorse tali da reg­gere la com­pe­ti­zione. E così è stato.

Tutte le atti­vità che con­flui­ranno in Fca «pro­se­gui­ranno la pro­pria mis­sione, com­presi natu­ral­mente gli impianti pro­dut­tivi in Ita­lia e nel resto del mondo, e non ci sarà nes­sun impatto sui livelli occu­pa­zio­nali», ha poi assi­cu­rato Mar­chionne, sapendo che gli ope­rai e i sin­da­cati al con­tra­rio temono che que­sto sia solo il primo passo di un disin­ve­sti­mento della Fiat (o meglio, del nuovo gruppo) dal nostro Paese.

Il timore per il futuro è espresso da Fiom e Cgil: i metal­mec­ca­nici gui­dati da Mau­ri­zio Lan­dini non sono stati invi­tati all’incontro di ieri, suc­ces­sivo al cda. C’erano solo i sin­da­cati fir­ma­tari del con­tratto: Lan­dini, signi­fi­ca­ti­va­mente, sarà oggi a Ter­mini Ime­rese, dove i lavo­ra­tori della ex Fiat chie­dono di poter tor­nare a spe­rare. A due anni dall’abbandono del Lin­gotto, infatti, il sito sici­liano è tut­tora con gli ope­rai in cassa e con la pro­spet­tiva della disoccupazione.

Sia la Cgil, con Susanna Camusso, che la Fiom, fanno notare che adesso Fiat pagherà le tasse all’estero, e che per l’Italia si tratta di un nuovo impo­ve­ri­mento. Adesso, è la richie­sta, il governo fac­cia di tutto per otte­nere impe­gni chiari dall’azienda, nel piano indu­striale che verrà pre­sen­tato (come ha annun­ciato ieri lo stesso Mar­chionne) i primi di maggio.

Quindi via dal biglietto da visita quel «Via Nizza 250» – l’indirizzo del Lin­gotto – che carat­te­riz­zava la Fiat. Fca avrà sede in una via olan­dese. Il fisco inglese è stato scelto invece per­ché è molto favo­re­vole rispetto ai divi­dendi (cioè li tassa meno dell’Italia). La sto­ria ini­ziata l’11 luglio 1899, quando Gio­vanni Agnelli siglò l’atto di nascita insieme a un gruppo di nobili e bor­ghesi tori­nesi, nel palazzo dei Bri­che­ra­sio, si è con­clusa. Allora modello incon­tra­stato erano la Ford e le sue linee di mon­tag­gio, oggi si guarda ine­vi­ta­bil­mente ai gruppi che stanno davanti, aggres­sivi, come Volk­swa­gen e Toyota.

Fca è set­tima tra i costrut­tori d’auto mon­diali: 4,4 milioni le vet­ture ven­dute. Il giro d’affari 2012 è stato di 84 miliardi di euro; l’utile 3,8 miliardi; 3,3 miliardi inve­stiti in ricerca e svi­luppo; 6,6 miliardi l’indebitamento a fine 2013. Rea­lizza il 54% dei ricavi nell’area Nafta (Usa, Canada e Mes­sico), il 14% in Ame­rica Latina, il 9% in Ita­lia, il 15% in Europa esclusa Ita­lia, e l’8% nel resto del mondo.

Il gruppo, che opera anche nel set­tore dei com­po­nenti con Magneti Marelli e Tek­sid e nel com­parto dei sistemi di pro­du­zione con Comau, conta 158 sta­bi­li­menti: 48 nel Nord Ame­rica, Canada e Mes­sico, 19 in Ame­rica Latina, 44 in Ita­lia, 33 in Europa (esclusa Ita­lia) e 14 nel resto del mondo. I dipen­denti sono 215 mila, il 34% nell’area Nafta, il 29% in Ita­lia, il 22% in Ame­rica Latina. il 12% in Europa, il 3% nel resto del mondo. Sono 77 i cen­tri di ricerca, la mag­gior parte (37) in Ita­lia), seguita da Nafta (16), Europa (15), Ame­rica Latina (5) e resto del mondo (4).

I brand del gruppo sono 16: Fiat, Alfa Romeo, Lan­cia, Abarth e Fiat Pro­fes­sio­nal; Fer­rari e Mase­rati; Chry­sler, Jeep, Dodge, Ram, Street and Racing Tech­no­logy, Mopar; Magneti Marelli, Tek­sid e Comau. Il gruppo ha accordi com­mer­ciali con 140 Paesi, dalla Tur­chia alla Ser­bia all’Ungheria, dalla Cina all’India. Tra i part­ner ci sono la Tata in India, la Gac in Cina, la Mazda in Giap­pone, la Psa per i vei­coli commerciali.


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