Il trattato intrattabile

Il trattato intrattabile

di Anna Maria Merlo – il manifesto

Dopo lunghe trattative svolte nella massima segretezza, l’accordo transatlantico tra Usa e Ue è in dirittura d’arrivo. È stato chiamato la «Nato del commercio», spalanca le porte agli investimenti e impedisce alla politica di limitare lo strapotere delle multinazionali, anche quando ci sono rischi per l’ambiente e la salute. Si cercano movimenti in grado di fermarlo

Per pru­denza, di fronte alle cre­scenti inquie­tu­dini, la Com­mis­sione euro­pea ha riman­dato da marzo a giu­gno, cioè a dopo le ele­zioni euro­pee di mag­gio, dove c’è il rischio di un’impennata dei par­titi euro-scettici, il quarto round del mega-negoziato Usa-Ue, che entro il 2015 dovrebbe por­tare a con­clu­dere il Ttip (Tran­sa­tlan­tic Trade and Invest­ment Part­ner­ship), bat­tez­zato la Nato del com­mer­cio dai suoi nume­rosi detrat­tori. Il com­mis­sa­rio Karel De Gucht ha pro­messo delle vaghe «con­sul­ta­zioni» pub­bli­che di qui a giu­gno nei 28 paesi sul con­tro­verso capi­tolo del ricorso all’arbitrato inter­na­zio­nale, nell’eventualità di con­flitto tra un’impresa e uno stato. Que­ste con­sul­ta­zioni non cam­biano però il fatto che un accordo che avrà influenza sugli scambi tra le due prin­ci­pali potenze com­mer­ciali pla­ne­ta­rie, che assieme con­trol­lano circa la metà del com­mer­cio mon­diale, venga con­dotto nella più com­pleta segre­tezza, senza che i cit­ta­dini (e nep­pure gli euro­par­la­men­tari) siano infor­mati delle deci­sioni che ven­gono prese.

A dicem­bre, c’è stato il terzo round, a Washing­ton. Dal tavolo del nego­ziato, su pres­sione della Fran­cia, è stato tolto il set­tore cul­tu­rale, anche se De Gucht ha ven­ti­lato un pos­si­bile rein­se­ri­mento del set­tore dell’audiovisivo nel corso delle discus­sioni. Inol­tre, dopo le pole­mi­che sul data­gate e lo spio­nag­gio degli euro­pei da parte della Nsa, che nel giu­gno scorso hanno minac­ciato di ritar­dare l’avvio della trat­ta­tiva sul Ttip, è stato sospeso il capi­tolo sulla pro­te­zione dei dati pri­vati su Inter­net, come chie­deva la Ue. A dicem­bre, 180 orga­niz­za­zioni di cit­ta­dini e sin­da­cali hanno scritto una let­tera pre­oc­cu­pata a De Gucht e al rap­pre­sen­tante Usa per le que­stioni com­mer­ciali, Michael Fro­man. In que­sta let­tera, fir­mata dalla Ces (Con­fe­de­ra­zione euro­pea dei sin­da­cati) e dall’americana Afl-Cio, ven­gono espresse «gravi inquie­tu­dini» per i sistemi nazio­nali di sanità. «E’ impe­ra­tivo che que­sti accordi di com­mer­cio e di inve­sti­mento sfo­cino su eco­no­mie sup­ple­men­tari per i pazienti e i bud­get nazio­nali, invece di arric­chire ancora di più alcune imprese far­ma­ceu­ti­che e medi­ci­nali. La sanità pub­blica, come l’accesso a medi­cine e a cure abbor­da­bili, sono diritti umani che devono essere raf­for­zati dagli accordi com­mer­ciali», scri­vono i sin­da­cati, che temono che nel Ttip ven­gano ripro­dotti i ter­mini dell’intesa Usa-Corea (Korus), che per­mette ai pro­dut­tori di con­te­stare le deci­sioni delle auto­rità sani­ta­rie nazio­nali sui valori dei pro­dotti far­ma­ceu­tici e di esi­gere mon­tanti di risar­ci­mento più impor­tanti, nel caso si sen­tano lese da prese di posi­zione poli­ti­che degli diversi stati. Al cen­tro delle pre­oc­cu­pa­zioni c’è appunto la clau­sola di pro­te­zione degli inve­sti­menti (Investor-State Dispute Set­tle­ment), che per­met­te­rebbe alle imprese che si sen­tono lese da un cam­bia­mento di legi­sla­zione di uno stato di rivol­gersi a un tri­bu­nale arbi­trale – cioè a una giu­sti­zia «pri­vata», pro­ba­bil­mente presso la Banca mon­diale – per chie­dere ripa­ra­zioni. Ci sono esempi, che potreb­bero venire ripro­dotti nelle rela­zioni Usa-Ue: la Phi­lip Mor­ris ha denun­ciato l’Uruguay, accu­sato di aver aumen­tato la dimen­sione degli avver­ti­menti sani­tari sui pac­chetti di siga­rette. C’è poi il famoso caso della Lone Pine Resour­ces, che ha attac­cato il Canada, per­ché lo stato del Que­bec ha isti­tuito una mora­to­ria sullo shale gas, pri­vando così l’azienda Usa dei pre­vi­sti gua­da­gni. Per Dan Mul­la­ney, nego­zia­tore Usa, il Ttip ricerca «il più alto livello di pro­te­zione» per gli inve­sti­menti, eli­mi­nando le «diver­genze inu­tili e costose» che per­man­gono tra Stati uniti e Ue.

Il nego­zia­tore Ue, Igna­cio Gar­cia Ber­cero, vuole ras­si­cu­rare: «la dere­gu­la­tion non è e non sarà l’obiettivo del Ttip», che «non limi­terà il campo d’azione dei governi», per­ché «que­sti nego­ziati non con­si­ste­ranno nell’abbassare o rin­ne­gare le norme più ele­vate di pro­te­zione dei con­su­ma­tori, dell’ambiente, della vita pri­vata, della salute e del diritto del lavoro». Ma la ong Usa Public Citi­zen lan­cia l’allerta e avverte che la trat­ta­tiva è alla ricerca «del più pic­colo deno­mi­na­tore», per spia­nare la strada a uno spa­zio di libero com­mer­cio, che lascerà le mani libere alle mul­ti­na­zio­nali. In un con­te­sto in cui gli stati stanno per­dendo ter­reno, il Ttip mira a limi­tare il più pos­si­bile le bar­riere non tarif­fa­rie, favo­rendo di fatto le grandi imprese, in un com­mer­cio mon­diale carat­te­riz­zato da una grande con­cen­tra­zione (i primi 10 ope­ra­tori Usa con­trol­lano il 96% dell’export del paese, nella Ue le prime 10 società espor­ta­trici ne con­trol­lano l’85%).


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