Poste, il governo privatizza la prima azienda italiana

Poste, il governo privatizza la prima azienda italiana

di Luca Fazio – il manifesto

Economia. Oggi al consiglio dei ministri il via al decreto per la privatizzazione di Poste Italiane. Saccomanni: “Cominciamo con una quota del 40% poi vedremo”. Il governo prevede di incassare 4 miliardi di euro

Saldi di fine sta­gione. Tanto per comin­ciare, il governo ita­liano pri­va­tizza le poste. “Poi si vedrà”, ha aggiunto il mini­stro dell’Economia Fabri­zio Sac­co­mani. Si vedrà se sarà mag­giore la quota da ven­dere ai pri­vati (oggi è fis­sata 40%), e si vedrà quali altre pri­va­tiz­za­zioni sono in pro­gramma per fare cassa.

Per­ché la ven­dita di quote di altri “gio­ielli di fami­glia”, una ope­ra­zione che gio­co­forza inve­stirà anche il futuro di cen­ti­naia di migliaia di lavo­ra­tori — era già stata annun­ciata tre mesi fa dal pre­si­dente del Con­si­glio Enrico Letta: Sace e Grandi Sta­zioni, Enav, Stm, Fin­can­tieri, Cdp Reti, il gasdotto Tag e un 3% di Eni. E, chissà, magari anche la fon­tana di Trevi, iro­nizza chi si oppone alle (s)vendite miliardarie.

Il decreto pri­va­tiz­za­zioni verrà varato oggi durante il con­si­glio dei mini­stri e secondo il numero uno di via XX Set­tem­bre dovrebbe frut­tare com­ples­si­va­mente almeno 12 miliardi di euro. E solo il piatto forte, Poste Ita­liane, secondo le pre­vi­sioni dovrebbe garan­tire allo Stato un incasso di almeno 4 miliardi. L’operazione si annun­cia com­plessa e non senza punti inter­ro­ga­tivi con­si­de­rando che si tratta di un’azienda enorme (e sana) che nel 2012 ha otte­nuto ricavi per 24 miliardi di euro, con un utile che ha supe­rato il miliardo; un’azienda che dà lavoro a 145 mila per­sone, con 13 mila uffici postali, 2.500 uffici di reca­pito, 19 cen­tri di mec­ca­niz­za­zione postale, 110 mila posta­zioni di lavoro. E ancora: un canale web con 8 milioni di visi­ta­tori unici e 26.400 por­ta­let­tere dotati di ter­mi­nale per distri­buire la posta sul territorio.

Secondo le inten­zioni del governo, la mag­gio­ranza del capi­tale di Poste Ita­liane rimarrà “sal­da­mente” nelle mani dello stato, rical­cando il modello di altre pri­va­tiz­za­zioni dei ser­vizi postali già avve­nute in Europa (la recente pri­va­tiz­za­zione della Royal Mail bri­tan­nica ha frut­tato 3 miliardi di ster­line con la ces­sione di una quota al 33%). L’operazione dovrebbe strut­tu­rarsi come una Offerta pub­blica di ven­dita rivolta per il 50–60% a inve­sti­tori isti­tu­zio­nali, una parte fino al 5% riser­vata ai dipen­denti e la restante al pub­blico. La ces­sione dovrebbe avve­nire entro l’estate.

La deci­sione è già presa e non man­cano le prime (timide) cri­ti­che. Il più pre­oc­cu­pato di tutti sem­bra essere Mas­simo Cestaro, segre­ta­rio gene­rale della Slc Cgil: “Siamo fran­ca­mente molto imba­raz­zati e molto stu­piti”, ha com­men­tato ai micro­foni di RadioArticolo1. “Non si capi­sce se si comin­cia col 40% per arri­vare a per­cen­tuali più alte, per­ché la cosa sarebbe par­ti­co­lar­mente pre­oc­cu­pante. Ma la cosa più grave è che que­sta ini­zia­tiva del mini­stro parte senza una con­sul­ta­zione con i sin­da­cati di cate­go­ria. Que­sto credo sia un com­por­ta­mento con­dan­na­bile, anche per­ché stiamo par­lando della più grande azienda italiana”.

Per Mario Petitto, segre­ta­rio gene­rale della Slp Cisl — da sem­pre sin­da­cato di mag­gio­ranza — “l’azienda vive se rimane indi­visa”. Quanto al tema dell’azionariato ai dipen­denti, “non vogliamo riven­di­care per­cen­tuali altis­sime tali da squi­li­brare il governo dell’azienda ma rite­niamo che una quota del 5% sia con­sona ai lavo­ra­tori, una quota che deve essere gra­tuita”. Ma in buona sostanza la Cisl ha ben poco da obiet­tare sull’apertura del capi­tale ai pri­vati: “Si tratta di una buona operazione”.


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