Bersani: Monti doveva muoversi prima. Ingroia: pavido, un ragionier Fantozzi

Bersani: Monti doveva muoversi prima. Ingroia: pavido, un ragionier Fantozzi

di Daniela Preziosi -
Un cadeau avvelenato al premier che verrà: il caso Finmeccanica è uno di quelli che al Nazareno rubricano, in via riservata, alla voce «polvere sotto il tappeto». Alla notizia dell’arresto dell’ad di Finmeccanica Orsi, Mario Monti, in diretta tv, ammette che «c’è un problema di governance che affronteremo», e «importante è rafforzare la disciplina sulla corruzione».
Ma stavolta il prof non può far finta di essere un passante. Il Pd tira fuori dai cassetti, dov’erano in realtà riposte con cura, le interrogazioni vecchie di mesi sulla dirigenza Finmeccanica terremotata dagli scandali. Bersani, che pure non può essere sospettato di ostilità verso l’azienda e verso Agusta-Westland, in passato fra gli inserzionisti delle feste del suo partito, attacca: l’arresto dell’ad è «un fatto serio. Forse il governo doveva fare qualche mossa prima». E indica la strada per una momentanea toppa. Parola d’ordine «continuità gestionale», tradotto tecnicamente da Stefano Fassina, «subito soluzioni di transizione a cui trasferire le deleghe di Orsi e Spagnolini in attesa di arrivare a una ridefinizione dei vertici delle aziende in coerenza con i piani industriali da rilanciare». Dopo il voto, si intende. In serata il Tesoro, azionista di riferimento della holding, annuncia che lo farà: già domani, in una riunione straordinaria del cda, indicherà come vicepresidente il consigliere anziano Guido Venturoni; Alessandro Pansa, direttore generale, assicurerà l’operatività dell’azienda. Una soluzione-ponte, «di buon senso», per Fassina. La patata bollente passerà al prossimo governo che dovrà prendere decisioni strategiche, a partire dalla contestate dismissioni degli asset civili, in particolare di Ansaldo Energia. Partite delicatissime per la politica industriale e per l’occupazione. Perché se anche la magistratura accerterà le accuse, «se vogliamo essere seri dobbiamo tenere conto che non si tratta di un settore come gli altri», ragiona Fassina, «e un’azienda non può essere mandata sul mercato a combattere a mani nude contro i colossi di tutto il mondo: deve essere accompagnata da una politica estera industriale del governo. Che fin qui era debole se non assente». Per Bersani «non possiamo azzoppare le nostre imprese che lavorano all’estero. Bisogna responsabilizzare le dirigenze con regole preventive sul tema della corruzione internazionale». Ma per il favorito a Palazzo Chigi è un altro guaio che il corteggiatissimo alleato lascia in dote. Le tentazioni ultraliberiste sono dietro l’angolo. Le esprime il radicale Mario Staderini: «Occorre rompere questo sistema criminogeno, cedere tutte le partecipazioni industriali dello Stato».
Intanto Monti ne esce male. E il Tesoro, in un comunicato, tenta una difesa impossibile: nel 2012, quando hanno cominciato a circolare le notizie sulle indagini su Orsi, ha «acquisito elementi informativi»: ma «non erano emerse irregolarità». Quindi «non sussistevano i presupposti concreti» per la revoca dell’ad «anche al fine di evitare il rischio di insorgere di danni al patrimonio della società ovvero all’erario derivanti da infondatezza dell’azione eventualmente promossa». Orsi si dichiarava innocente, è ovvio, rimuoverlo esponeva lo stato a una causa milionaria.
Ma non convince nessuno: «L’inchiesta su Orsi dura da tempo. La sua nomina fu un’imprudenza del centrodestra, dettata anche dall’anomala influenza della Lega nel consiglio di Finmeccanica», spiega Massimo Mucchetti, ex vicedirettore del Corriere e candidato Pd. «La sua conferma è stata un’ulteriore imprudenza da parte del premier Monti e del ministro Grilli. Dalle colonne del Corriere avevo chiesto il cambio della guardia a tutela dei superiori interessi dell’azienda e del paese. Ma il governo non ha esercitato le sue responsabilità di azionista».
Per la stessa ragione Di Pietro – l’Idv detiene il guinnes delle interrogazioni parlamentari sul tema, «almeno 40» – annuncia un esposto contro Monti per «omissione d’atti d’ufficio». «Il ragionier Monti pensava di essere in un film di Fantozzi. Invece di intervenire per stroncare l’illecito diffuso, è rimasto imbelle di fronte alla filosofia aziendale delle mazzette rilevata dai pm», ironizza Antonio Ingroia. Carica anche Grillo: «Rigor Montis dice che c’è ‘un problema di governance che affronteremo’. In un anno di governo non ha trovato il tempo per farlo. Si tolga dai piedi, ha già fatto abbastanza danni». Monti è responsabile anche per Vendola: doveva «prendere le distanze per tempo».
Monti replica con durezza: «Se Di Pietro vuol fare denunce lo aspetto con soddisfazione. Trovo risibile ciò che è stato detto dall’onorevole Di Pietro, dal presidente Vendola e dal signor Grillo».

Il Manifesto – 13.02.13


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