
Cinque anni senza Virginio Bettini, il pioniere dell’ecologia italiana che non smise mai di lottare
Pubblicato il 22 set 2025
di Laura Tussi -
Il 21 settembre 2020 ci lasciava Virginio Bettini, nato a Nova Milanese nel 1942, uno dei padri dell’ecologia italiana, intellettuale marxista e antinucleare, uomo di studio e di battaglia, che ha intrecciato la sua vita con quella dei grandi protagonisti del pensiero ecologista internazionale. La sua morte, avvenuta nella sua casa di Nova, ha lasciato un vuoto immenso in chi lo ha conosciuto, stimato e amato, e in tutto il movimento ambientalista e pacifista.
Virginio fu compagno di viaggio di Barry Commoner, di cui tradusse in italiano il libro fondamentale Il cerchio da chiudere. Con lui pubblicò nel 1976 Ecologia e lotte sociali, un testo che ha segnato la nascita dell’ambientalismo critico in Italia. Insieme andarono persino in Vietnam per denunciare i disastri provocati dalla diossina lanciata dagli Stati Uniti durante la guerra chimica. «Mi sono sempre definito commoneriano» ripeteva con orgoglio, rivendicando quella matrice eco-socialista che legava strettamente la difesa dell’ambiente alla giustizia sociale.
La sua è stata una vita interamente dedicata allo studio e all’impegno civile. Dal 1971 al 2012 ha insegnato ecologia, analisi e valutazione ambientale ed ecologia del paesaggio allo IUAV di Venezia, trasmettendo a generazioni di studenti non solo conoscenze scientifiche, ma anche un’etica della responsabilità. È stato autore di saggi e ricerche che hanno contribuito a formare una coscienza ecologica in Italia, mettendo sempre il sapere al servizio dei movimenti, dalle lotte dopo la catastrofe di Seveso, alla mobilitazione antinucleare, fino alla battaglia No Tav.
Nel 1989 fu eletto al Parlamento europeo come esponente dei Verdi, portando le istanze dell’ecologia politica nelle istituzioni. Negli anni successivi si avvicinò a Rifondazione Comunista, di cui fu candidato nel 2001, contribuendo a delineare quell’approccio rosso-verde e anticapitalista che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento.
La sua amicizia con Giorgio Nebbia, da lui definito «il vero unico compagno di viaggio», fu un altro tassello fondamentale della sua vita. L’ultimo suo progetto, *Ecologia del paesaggio*, dedicato proprio a Nebbia, lo vedeva al lavoro con noi, con Fabrizio Cracolici e con la rete di Peacelink. Ci eravamo impegnati a curarne la pubblicazione: un impegno che resta oggi come promessa da mantenere.
Virginio si è dichiarato marxista fino alla fine, come Rossana Rossanda, con cui condivideva un rigore intellettuale senza compromessi. Il suo ultimo intervento pubblico fu il 19 settembre 2020, pochi giorni prima di morire, in un incontro dei comitati a Milano contro le atomiche di Ghedi e la corsa al riarmo. Parlò con passione e lucidità, mettendo in guardia dal pericolo dell’invadenza tecnoscientifica e richiamando la necessità di dare profondità scientifica alla lotta ecopacifista.
I ricordi che lo accompagnano sono tantissimi. Maurizio Acerbo lo ha salutato come «pioniere dell’ecologia italiana», Ermete Ferraro ha parlato di «un grave lutto per il mondo ambientalista», Giovanna Baracchi lo ha ricordato «battagliero e sorridente». Fabrizio Cracolici ed io abbiamo voluto dirgli addio con le parole che gli erano care: «Vir, come volevi che ti chiamassimo, se oggi siamo persone migliori lo dobbiamo a te, che ci hai insegnato a non arrenderci e a non chinare mai la testa».
La sua eredità non si è spenta. Le nuove generazioni che oggi si mobilitano con Fridays for Future e con i movimenti ecopacifisti hanno il dovere e la possibilità di riscoprire figure come Virginio Bettini, che hanno scritto con la loro vita e il loro pensiero le prime pagine dell’ambientalismo critico in Italia.
Il suo insegnamento resta: non arrendersi mai, non chinare la testa, e trasformare ogni sconfitta in una conquista per l’umanità.
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