
Sciopero generale generalizzato per fermare il genocidio
Pubblicato il 8 set 2025
Ci sono momenti della storia in cui non è possibile stare alla finestra. Non si può di fronte al dispiegarsi. senza alcun limite, della hibrys sterminatrice della destra israeliana e del suo governo. Ciò che accade sotto gli occhi di tutti noi, in diretta televisiva in tutto il mondo, è il tentativo di distruggere un popolo. Come si può chiamare altrimenti la furia omicida di chi uccide scientemente i bambini che cercano un tozzo di pane, una minestra, un po’ di acqua. C’è qualche differenza tra le SS che sparavano ridendo ai fanciulli ebrei nei ghetti con i cecchini di tsahal che armano i loro fucili per colpire scientemente quelli di Gaza?
Forse abbiamo dimenticato la storia, forse non la conosciamo, forse è più facile riempire il vuoto delle coscienze con parole prive di conseguenze. La complicità del governo degli Stati Uniti è perfino scontata. A Washington e Tel Aviv perseguono lo stesso progetto di distruzione, di annichilimento di un popolo che rappresenta un ingombro al progetto sionista del Grande Israele, cominciato con le stragi nei villaggi palestinesi 80 anni fa, che e’ un ingombro ai disegni di ” pacificazione” degli Usa di una area strategica del mondo:
L’incrocio tra Mediterraneo e indopacifico, tra Asia Europa ed Africa. Sbagliato pensare che la faccenda riguardi solo quelli che vivono a Gaza e in Cisgiordania. In ballo c’è il nostro futuro. Lo hanno capito benissimo i milioni di manifestanti che con le bandiere palestinesi hanno attraversato le strade di tutto il mondo. A Parigi una folla immensa ha gridato noi siamo tutti figli di Gaza. Sbagliato pensare che sia solo uno slogan. È la comprensione profonda che la sconfitta del Popolo palestinese sarà, almeno in Occidente, anche la nostra sconfitta. Non la sconfitta di tutto l’occidente ma, la sconfitta della nuova composizione di classe, del proletariato libertario e moltitudinario delle metropoli, naturaliter internazionalista e intersezionalista, non soltanto, che ha riempito le piazze del nostro continente così come quelle degli Stati uniti dell’Australia e del Canada. Una forza che dispone di un’ arma potente: la sua internita’ alle infrastrutture decisive del processo produttivo, della circolazione delle merci. La possibilità di colpire nel cuore dell’accumulazione capitalista bloccando le arterie che gli permettono di pompare.
È il tempo di passare dalle manifestazioni, dalle prime iniziative che già mirano in questa direzione indicando possibili obiettivi come porti, linee ferroviarie, grandi vie di comunicazione, dalla piccola flotta, benedetta, delle barche per Gaza , passiamo alla pirateria urbana. È una guerra che non vogliamo combattete con le armi, che certamente non abbiamo dichiarato noi ma, che va combattuta seriamente. Come ha detto Chris Smalls, colleghiamo i puntini tra Amazon e il genocidio.
Paolo Benvegnù, responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista
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