Dall’”agenda sociale” della CGIL alla costruzione di un’opposizione di massa.

Dall’”agenda sociale” della CGIL alla costruzione di un’opposizione di massa.

 Gianluigi Pegolo*

 

Il documento conclusivo dell’Assemblea generale della CGIL, tenutasi il 23 e il 24 luglio, ha fatto suo l’obiettivo della costruzione di un’impegnativa “agenda sociale” come strumento per affrontare il passaggio della legge di bilancio. Si tratta di una scelta non rituale per una serie di ragioni. In primo luogo, essa costituisce oggettivamente uno strumento di rilancio dell’iniziativa avviata con i quesiti referendari intorno alla questione decisiva della precarietà e delle condizioni di lavoro. In secondo luogo, la stessa non costituisce una mera iniziativa sindacale. L’intenzione di proseguire nella proposta della Via maestra e il proposito di coinvolgere nell’iniziativa organizzazioni sociali e politiche indicano la volontà di costruire intorno al sindacato un ampio raggruppamento di forze.  In terzo luogo, sul piano dei contenuti, tale agenda assume un carattere molto ampio, perché investe temi come: il welfare, i redditi, le politiche fiscali, la povertà, il mezzogiorno, le politiche dell’Unione Europea.   Senza contare che l’orizzonte dell’iniziativa sindacale si amplia a temi importanti, come il no al riarmo e il sostegno della causa palestinese.

La CGIL, quindi, dopo l’esito insoddisfacente dei referendum, anziché rinserrare le fila in un’operazione tipicamente sindacale, rilancia l’iniziativa non solo nei luoghi di lavoro ma nell’insieme del paese, mantenendo aperta l’interlocuzione con soggetti politici e sociali e lo fa su un’agenda sociale che assume molto i connotati di una piattaforma generale alternativa a quella del governo che dovrebbe approdare ad una manifestazione nazionale. Non a caso poi l’istituzione di una commissione per il programma apre la strada alla convocazione di un’assemblea programmatica nel 2026 che viene a cadere prima delle prossime elezioni politiche. Molto saggiamente la proposta si mantiene nei confini di un’iniziativa sociale. La CGIL quindi vuole conservare una sua autonomia dalle forze politiche e tuttavia è evidente che questa piattaforma in costruzione assume una valenza più generale ed è destinata a costringere le forze di opposizione a misurarsi. Da questo punto di vista non si può non cogliere la positività di questo fatto.

L’evoluzione nel dibattito delle forze di opposizione, infatti, pur rilevando alcune evoluzioni positive, per esempio sulla questione palestinese o sulla critica al riarmo e sulle recenti decisioni in termini di dazi da parte dell’Unione Europea, presenta molte ombre. In primo luogo, perché è evidente l’enorme contraddizione che permane nel PD sulla questione della guerra in Ucraina, ma vi è poi tutta la politica di austerità che connota l’impostazione dell’Unione. Inoltre molti nodi della politica economica interna non sono sciolti. Si pensi alla materia fiscale, alla questione delle privatizzazioni, cc. Si tratta non solo del portato di errori colossali compiuti in passato – come nel caso delle politiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro da parte del PD o di quelle sull’immigrazione da parte dei 5 stelle – ma anche dell’ipoteca rappresentata dallo scontro interno che si sta producendo di fronte all’esigenza di rimettere in discussione le stesse politiche. Il decorso più probabile degli avvenimenti, nel caso di una dialettica tutta confinata agli equilibri interni alle forze politiche di opposizione in vista delle politiche, è quindi quello della costruzione di una proposta politica contraddittoria e debole, inadeguata rispetto all’esigenza di offrire un’alternativa al governo delle destre.

E’ per questo che l’emergere una proposta alternativa con il supporto della CGIL rappresenta un’occasione unica. Non si può certamente delegare al solo sindacato un compito cosi importante, anche perché nello stesso sindacato è in corso un dibattito e molti condizionamenti agiscono anche nei suoi confronti. Quel che è certo, però, è che Rifondazione Comunista deve a questo punto entrare in gioco, anche se dispone di forze limitate. Tre sono i compiti che mi paiono fondamentali.  Il primo è un segnale che va dato alla CGIL non solo di apprezzamento, ma anche di disponibilità del nostro partito alla costruzione di uno schieramento ampio intorno a un’agenda sociale. Per questo credo sarebbe importante che si generalizzassero i confronti con la CGIL nelle feste o in apposite iniziative di dibattito. In secondo luogo, sarebbe necessario che si rilanciassero (insieme alla CGIL) forme di coordinamento in autunno in vista del confronto col governo, tese a raccogliere un’adesione la più ampia possibile su alcune proposte. in terzo luogo, sarebbe importante che come partito  focalizzassimo,  nel dibattito che si aprirà, alcune priorità programmatiche per interloquire in modo costruttivo con le proposte sindacali, ma anche per avviare un confronto di merito con le altre forze, sociali e politiche.

*resp Ufficio di Programma, PRC-S.E.


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